La Pasqua, una delle feste più autentiche ed emotive della Sicilia. In questo periodo dell’anno l’isola diventa ovunque teatro di fervore e devozione religiosa, momenti in cui il dolore e il raccoglimento in memoria della morte di Cristo si accompagnano con la musica, l’arte, il colore e la magia di processioni solenni e dal sapore antico.
Non c’è luogo in Sicilia piccolo o grande che sia dove la Settimana Santa non venga espressa con grande partecipazione popolare. A Trapani si svolge una delle celebrazioni più suggestive è la processione dei misteri che per oltre 24 ore anima le vie della città, si tratta della più lunga manifestazione religiosa italiana.
I Misteri, 18 raffigurazioni artistiche della Passione e Morte di Cristo, più i due simulacri di Gesù Morto e di Maria Addolorata furono realizzati da artigiani trapanesi del XVII e XVIII secolo .
L’origine della processione evoca chiaramente i suoi legami con la dominazione spagnola in Sicilia . anche la settimana santa di Caltanissetta, una delle più famose, affonda le sue radici nell’antichità.
Tradizione secolare della città è il corteo della Real Maestranza del mercoledì santo, unico nel suo genere, che riporta al passato, alla memoria e alla storia di quando la difesa della città era affidata alle milizie formate dalle corporazioni locali di arti e mestieri.
Il giovedì santo è il giorno atteso da tutti i nisseni è il giorno della vare i sedici gruppi statuari che vengono portati per le vie della città tra due ali di folla. La processione spettacolare, sia per la bellezza delle “vare” sia per l’atmosfera che essa riesce a creare, si protrae fino a tarda notte quando l’aria quasi di “ festa” lascia il posto alla mestizia del Venerdì Santo e alla struggente processione del “Cristo Nero” .
Nell’aria densa del profumo di incenso, una folta fila di fedeli a piedi nudi accompagna il simulacro portato a spalla dai discendenti dei fogliamari i raccoglitori di verdure selvatiche che secondo la leggenda trovarono il Crocifisso all’interno di una grotta, essi procedono intonando le “lamintanze” gli antichi canti in dialetto arcaico che raccontano il dolore di Maria per la morte del Figlio.
Il Venerdì santo è giorno di preghiera, riflessione, tristezza, e le strade dei paesi siciliani diventano lo scenario di questa commovente partecipazione religiosa. A pietraperzia si svolge una delle processioni più spettacolari, una tradizione risalente al XIII secolo, nata per volere della confraternita di Santa Maria Santissima del Soccorso. E la processione del signore delle fasce, un simulacro formato da una trave di legno di cipresso alta più di otto metri sulla quale è fissato il Crocifisso e da cui dipartono centinaia di fasce bianche ognuna tenuta da un fedele. La processione procede lentamente nel buio della notte tra le stradine del paese mentre nell’aria regna il silenzio assoluto interrotto solo dalla ladate dei confratelli.
Anche a Enna la processione è nel segno del silenzio e della riflessione, mentre la nebbia avvolge magicamente gli oltre duemila confrati che sfilano incappucciati in rigoroso ordine rivivendo una tradizione che affonda le sue origini nel Medioevo.
Poco distante da qui ad Assoro, la processione si dipana per le vie del paese dalle prime luci della sera fino all’alba. Il Cristo è portato a spalla dalla Congregazione dei Nudi che procedono a piedi scalzi seguiti dalla congregazione di Maria Santissima Addolorata portata a spalla anch’essa. A Erice, splendido borgo medievale, il venerdì santo è dedicato alla processione dei misteri: sei gruppi statuari portati a spalla in un percorso affascinante qual è l’antico abitato ericino.
La mattina di Pasqua, le atmosfere di raccoglimento e tristezza si dissolvono. E’ la domenica di resurrezione. La festa della vita che trionfa sulla morte. E’ la gioia che esplode nelle piazze colorate durante l’incontro tra Maria e Gesù Risorto come a Barrafranca durante la festa detta della gioia o come a San Cataldo nel corso della sfilata dei Sampaoloni, giganti di cartapesta raffiguranti undici apostoli che, portati a spalla dai devoti, accompagnano Maria all’incontro con il Figlio risorto.
E poi c’è la tradizione del rito bizantino che rivive la mattina di Pasqua, a Piana degli albanesi dove la solennità delle celebrazioni pasquali si tramanda da secoli, mantenendo inalterato il forte legame con l’antica appartenenza all’etnia e alla cultura albanese.
Ma la Pasqua siciliana in alcuni paesi è rappresentata in una particolare forma di commistione tra sacro e profano.
A S. Fratello, sui Nebrodi messinesi, questa unione è rappresentata nel corteo dei giudei, uomini del paese travestiti con giubbe rosse e gialle e con la testa ricoperta da un cappuccio che si aggirano per le vie del paese al suono di squilli di tromba e campanacci, cercando di distogliere l’attenzione dal clima di mestizia e riflessione della Settimana Santa. E’ la manifestazione dell’eterna lotta tra bene e male che rivive anche a Prizzi, nel palermitano, durante il ballo dei diavoli, rappresentazione di fede e folclore inscenata da alcuni abitanti del luogo che indossano un abito rosso e una grande maschera, con loro danza la morte vestita giallo.
Al di là del significato religioso la Pasqua richiama simbolicamente la rinascita della natura, come in un legame tra materia e spirito che rivive in modo suggestivo negli Archi di Pasqua di San Biagio Platani dove si propone ormai da 3 secoli la grande sfida degli archi di pane spettacolari geometrie create utilizzando materiali più vari come canne di bambù o rami di salice, poi decorati con frutta, legumi, cereali, pasta e pane.
Nell’ambito della pasqua siciliana si inserisce anche la festa di San Paolino celebrata a Sutera il giorno dopo il lunedì dell’Angelo e per questo chiamata il Pasquone. La festa fu istituita per celebrare la traslazione delle reliquie dei santi Paolino e Onofrio, compatroni del paese. Le due preziosissime urne che qui chiamano “Li Santi Casci” vengono portate a spalla dai confrati in una spettacolare processione che si svolge costeggiando un enorme sperone di pietra sulla cui cima si erge il santuario di San Paolino, risalente al 1366. Dalla sommità di questa rocca lo sguardo si perde in un panorama incantevole che abbraccia l’isola, dall’Etna al mare di Agrigento. Ed è qui che idealmente si conclude la Pasqua siciliana, una festa in cui rivivono la tradizione, la partecipazione popolare nella condivisione di una religiosità semplice e commossa che mostra l’aspetto più profondo e umano di una terra incantata e appassionata che riesce a non farsi dimenticare mai.
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