Roma- All’Istituto nazionale di ottica del Cnr è stato ideato un metodo innovativo per “legare” attraverso l’entanglement oggetti macroscopici distinti, facendo loro condividere un singolo fotone. I risultati dell’esperimento, descritto su Physical Review Letters, permetteranno di indagare il confine tra fisica classica e quantistica e aprono la strada a nuove tecnologie sempre più sicure, precise ed efficienti
In un articolo apparso sulla rivista Physical Review Letters, ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino) di Sesto Fiorentino, guidati da Marco Bellini e Alessandro Zavatta, hanno dimostrato un metodo generale per produrre entanglement, la particolare forma di correlazione prevista dalla meccanica quantistica per cui due oggetti distinti possono rimanere indissolubilmente “legati” anche se allontanati a distanze astronomiche. Nonostante la sua natura apparentemente paradossale, a cui anche Einstein si rifiutava di credere, l’entanglement è già stato osservato sperimentalmente tra vari tipi di particelle microscopiche ed è alla base delle nuove possibili applicazioni delle cosiddette tecnologie quantistiche, che spaziano dalle comunicazioni sicure, ai computer ultrapotenti, fino alla possibilità di effettuare misure e rivelare sostanze con sensibilità e precisioni adesso inimmaginabili.
“Sebbene le peculiarità dell’entanglement siano già state ampiamente dimostrate a livello microscopico, rimane però ancora da chiarire se e come oggetti macroscopici, composti cioè da un elevato numero di particelle, possano anch’essi manifestare un tale comportamento”, afferma Alessandro Zavatta, del Cnr-Ino. Le strane correlazioni previste dall’entanglement smettono infatti di funzionare non appena gli oggetti da legare crescono di dimensioni. In questo caso, la magia quantistica svanisce e gli oggetti tornano rapidamente a comportarsi come ci si aspetta che facciano nella vita di tutti i giorni, perdendo così tutti i vantaggi del mondo dei quanti.
“Nel nostro esperimento, un singolo fotone, la particella elementare della luce, viene aggiunto contemporaneamente a due diversi fasci laser. A differenza degli oggetti comuni e grazie alle proprietà della meccanica quantistica, particelle indivisibili come i fotoni possono infatti delocalizzarsi, trovarsi cioè allo stesso tempo in due posizioni distinte”, dice Nicola Biagi, assegnista Cnr-Ino e primo autore della ricerca. È stato quindi un solo fotone che, delocalizzato con le sofisticate tecniche messe a punto dai ricercatori Cnr, ha costituito il collante per tenere “legati” attraverso l’entanglement due diversi impulsi di luce (si veda figura allegata), ognuno a sua volta formato da molte decine di fotoni, e fino a quel momento completamente indipendenti.
Anche se i due impulsi laser utilizzati in questo primo esperimento sono ancora debolissimi, in principio la tecnica non pone limitazioni sulle dimensioni e sul numero degli oggetti da collegare quantisticamente e potrebbe quindi essere estesa a sistemi sempre più grandi.
“La creazione di correlazioni quantistiche tra oggetti macroscopici è un obiettivo affascinante”, conclude Marco Bellini del Cnr-Ino “che, oltre a rispondere a domande di tipo fondamentale su come la meccanica quantistica possa fondersi con la fisica classica, ci fornirà nuovi strumenti per lo scambio di comunicazioni inviolabili e per la realizzazione di misure sempre più sensibili e precise”.
Immagine allegata: La condivisione di un singolo fotone costituisce una “colla quantistica” per legare attraverso l’entanglement due distinti impulsi di luce laser.
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