Ripresa non sarà uniforme, servono adeguate misure di politica attiva del lavoro
Roma – “Il Rapporto Istat fotografa un Paese dalle pile scariche, dove il coronavirus ha accentuato ancora di più le disuguaglianze colpendo in modo particolare, come abbiamo evidenziato più volte nei nostri report sia le donne che i lavoratori più giovani con i contratti a termine”. È quanto ha dichiarato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – Istituto Nazionale Analisi Politiche Pubbliche, commentando il Rapporto annuale dell’Istat. “La flessione della componente femminile dell’occupazione è stata nei due mesi di lockdown, quasi doppia rispetto a quella maschile (-1,5% contro -0,8%, rispettivamente nel periodo marzo-aprile 2020 rispetto al mese di febbraio). Va sottolineato che si registra un fenomeno opposto a quanto osservato nel corso delle due fasi recessiva del 2009-2013. In quell’occasione la componente maschile subì una diminuzione pari al 6,5%, a fronte di una sostanziale stabilità delle donne occupate (+0,15%)”.
“L’occupazione a termine, che già dal mese di marzo ha fatto registrare una flessione preoccupante – ha spiegato Fadda – conferma nel mese di aprile una diminuzione marcata, con ulteriore perdita di 130 mila occupati; il calo complessivo nel bimestre marzo-aprile ha raggiunto le 270 mila unità, vale a dire poco meno del 70% dell’intero calo occupazionale. I lavoratori temporanei, sia con contratti di lavoro subordinato a termine che con altre forme di lavoro non-standard sono generalmente più esposti a crisi di natura esogena e congiunturale”.
“Nel caso dell’emergenza sanitaria la perdita del lavoro di occupati temporanei rafforza la necessità di tutela del reddito di una quota importante della popolazione, sostenuta in misura minore rispetto agli occupati dipendenti a tempo indeterminato dai provvedimenti di sostegno varati nel corso delle diverse fasi del lockdown. I contratti a termine si sono interrotti per naturale scadenza dei termini e non usufruiscono delle misure per i rapporti di lavoro rimasti attivi, così come non sono sottoposti, per lo stesso motivo, al divieto di licenziamento”. “Il riassorbimento di tali lavoratori – osserva il presidente dell’Inapp – più che dalle misure di natura giuridica relative alla ‘causalità’ o altro, dipenderà dalle prospettive di solidità della ripresa alimentate da positivi sbocchi di mercato. Ma non illudiamoci: questa ripresa non sarà uniforme o equiproporzionale in tutti i settori. Ci sarà un cambiamento strutturale, e questo richiede adeguate misure di politica attiva del lavoro per sostenere la transizione dei lavoratori da un settore all’altro anche attraverso efficaci interventi di formazione di nuove competenze e nuove abilità professionali”.
Secondo il presidente dell’Inapp, “la grande sfida sarà quella di rendere, con politiche industriali adeguate, il sistema così flessibile da sfruttare al massimo e con prontezza le potenzialità di sviluppo che si aprono per alcuni settori in cui dovranno concentrarsi i maggiori investimenti sia pubblici che privati, come per esempio, il settore della sanità, il settore delle nuove fonti di energia, il settore della infrastrutturazione informatica, il settore della manutenzione del territorio e del risanamento urbano, il settore della logistica, il settore della ricerca in genere, e così via; ma anche l’area delle piccole imprese capaci di inserirsi nelle catene di valore di dimensione più ampia e internazionale, oppure capaci di riorganizzarsi e operare nelle numerose nicchie di qualità che si possono manifestare con la crescita della domanda”.
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