Il couturier di Harlem Dapper Dan si è fatto un nome tra la fine degli anni ’80 e ’90, creando look inconfondibili per “imbroglioni” di strada, atleti e rapper. Con clienti del calibro di LL Cool J e Mike Tyson, le sue creazioni con stampe allover di marchi come Gucci, Fendi e Louis Vuitton lo hanno reso una celebrità e un’icona culturale. Le sue creazioni ricercate e su misura erano sulla bocca di tutti a New York e poi nel mondo.
Dopo una controversia legale con le case di moda per violazione dei diritti di marchio e un successivo raid in boutique ordinato da Fendi, la Dapper Dan boutique ha chiuso i battenti. Fino a quando nel 2018, Gucci ha avviato una collaborazione con Dan per una capsule collection ispirata al suo archivio, e lo ha reso protagonista della campagna #GucciTailoring. Gucci ha lavorato con Dan anche all’apertura di uno studio atelier esclusivamente su invito, fornendogli i tessuti per nuove creazioni.
Abbiamo parlato con Dap della sua prima boutique, di ciò che ama del suo quartiere, Harlem, e dei suoi piani per il futuro
Cosa ami della tua città? La diversità
In quale quartiere passi più tempo e perché?Harlem, perché è la Mecca della moda e della musica nera.
Come descriveresti lo stile della gente?Vistoso e con uno spirito libero.
Ristorante preferito e perché?Sylvia’s, perché è il ristorante di Soul Food più famoso al mondo e perché sono cresciuto con il figlio di Sylvia, Van.
Dove vai per trovare ispirazione?Quando ho bisogno di sentirmi ispirato, mi piace camminare per Harlem. Mi piace passeggiare per la Harlem spagnola, la Harlem dominicana, la Harlem africana e la Harlem messicana.
Com’è la tua giornata tipo, in questo momento?Trascorro gran parte delle giornate alla ricerca di notizie sulla moda e sui progressi tecnologici nel settore della moda.
Ci sono artisti (fotografi, pittori, scultori, ecc.) che dovremmo conoscere? Un artista che ha suscitato il mio interesse negli ultimi tempi, in base a quello su cui sto lavorando al momento, è il fotografo James Van Der Zee. È noto per i suoi ritratti dei newyorkesi neri all’epoca dell’Harlem Renaissance. Oggi mi interessa capire e trasmettere la storia di Harlem.
Qual è il tuo musicista preferito e cosa ti piace del suo stile personale?John Coltrane è il mio artista preferito. La mia passione per l’estetica è legata alle esperienze che diventano vere e proprie piattaforme spirituali, ed è quello che mi succede con lui.
Come descriveresti la comunità creativa?
In tre parole.
Residua. C’è tanta creatività residua tra i giovani. Vengono sempre da me con le loro idee che mettono a punto completamente nella loro mente.
Marea. Come la marea che va e viene nell’oceano. La creatività simile alla marea è per le persone che creano e trovano ispirazione e idee al di fuori di sé stessi, che sono alla ricerca di idee all’esterno e allo stesso tempo modo riescono a trovarle dentro sé stessi, sviluppando idee proprie ma incorporando anche idee esterne.
Collaborativa. La collaborazione è ciò che mi ha premiato negli ultimi 30 o 40 anni. Con ogni persona che ho vestito, ho sempre collaborato. E’ una continua scoperta: come vedono sé stessi? Cosa ne pensano della cultura in questo momento? Come vogliono apparire? E questa è la mia ispirazione e il mio approccio alla moda e alla creatività.
In che modo la pandemia ha avuto un impatto sul tuo processo creativo?
Ha limitato il contatto umano e la mia capacità di interagire con le persone, e questo mi rallenta sempre, in termini di creatività.
Con chi ti piacerebbe collaborare e perché?Virgil Abloh. Perché penso che la comunità di colore abbia bisogno di eroi. Io e lui, collaborando insieme, potremmo fornire una piattaforma collettiva di eroi a cui aspirare.
Cosa ti entusiasma al momento?Curare mostre d’arte.
A cosa stai lavorando?Alla seconda parte del mio libro autobiografico.
Pre-pandemia, qual era la differenza tra la New York degli anni ’80 con la New York della fine degli anni 2000?Gli anni ’80 sono stati un momento genuino, gli anni 2000 sono stati un periodo di idee prese in prestito.
Cosa ti manca della tua originale boutique degli anni ’80?L’attaccamento spontaneo a tante nuove idee.
Puoi descrivere l’energia in quel periodo?In una parola: rivoluzionaria. Nella musica, così come nella moda.
Qual è stata la cosa più incredibile/interessante che tu abbia mai visto?Mike Tyson in rissa con Mitch Green nella mia boutique nel 1988.
Il tuo negozio era aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, cosa alimentava la tua fame di creatività all’epoca?L’originalità delle idee.
Quali sono le tue sfide creative adesso, rispetto a quando avevi la tua boutique?Quando avevo la mia boutique, traducevo la cultura afroamericana e la interpretavo attraverso tutti i marchi di lusso. Oggi interpreto solo un marchio, Gucci.
Qual è il tuo prossimo passo? L’indipendenza.
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