Aspettando la riapertura dei confini internazionali, prepariamoci a viaggiare in maniera sostenibile: supportando le imprese locali, rispettando l’ambiente e la cultura del posto, scegliendo percorsi meno battuti.
Viaggiare responsabilmente è facile. Roma – Il Giappone, spesso associato a modernizzazione e a progresso tecnologico, è anche tra i leader mondiali in pratiche ambientali, quali la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti. Il paese è anche sorprendentemente rurale, una volta usciti da grandi città come Tokyo e Osaka: ambienti naturali e biodiversità vari valgono la pena di allontanarsi dai sentieri più conosciuti, alla ricerca di un contatto più verace con le comunità rurali e di tradizioni e culture locali. È già nel 1998 che in Giappone viene fondata la Japan Ecotourism Society, che ha stretti legami con The International Ecotourism Society (TIES), la più grande e antica associazione mondiale di ecoturismo: qui in Giappone, come in altri paesi, secondo le ultime tendenze, il concetto di ecoturismo non abbraccia solo proposte immersive nella natura ma include anche tour incentrati sull’esperienza degli stili di vita locali, sull’apprendimento della cultura e della storia di un luogo, di una comunità e supportando le industrie/risorse del posto.
Il turismo in Giappone ha vissuto uno sviluppo esponenziale negli anni pre-pandemia, tanto da spingere alcune località afflitte da overtourism a prendere provvedimenti: a Kyoto, ad esempio, un manifesto invita i turisti ad evitare alcuni atteggiamenti considerati poco decorosi dall’etichetta giapponese, mentre un’app segnala live le ore di punta nei siti più visitati, aiutando il turista a scegliere orari meno affollati.Le crisi, come quella che stiamo vivendo, accelerano e amplificano i trend: in questo caso, emerge la tendenza del turismo sostenibile – dagli spostamenti interni fatti di preferenza con gli efficienti treni nipponici al consumo di pietanze locali e stagionali, passando dall’acquisto di prodotti artigianali, fino ai soggiorni gratuiti in cambio di ‘manodopera’, sia essa nelle fattorie organiche o nel sostegno più vario a comunità rurali (https://wwoofinternational.org/).
Nella lingua giapponese esiste una parola che, in maniera semplicistica, potremmo tradurre con l’espressione ‘ma che spreco!’: mottainai nel suo utilizzo quotidiano è legato all’avversione del buddhismo nei confronti dello sperpero e dello spreco di oggetti materiali o altre risorse. Concentrandosi sull’essenza degli oggetti, incoraggia le persone a guardare oltre la nostra cultura dello scarto e a valorizzare ogni oggetto in modo indipendente, aggiungendo la quarta “R” di “rispetto” al ben noto mantra “ridurre, riutilizzare, riciclare”. Mentre molti sforzi green e sostenibili si concentrano sul futuro del pianeta come motivatore, mottainai parte dal presupposto che se, in primis, si apprezza un oggetto non c’è alcuna ragione di sprecarlo. Per un’ispirazione in linea con il concetto di mottainai e alla vita sostenibile, visitiamo Kamikatsu nella prefettura di Tokushima (www.japan.travel/en/blog/sustainable-travel-in-japan/).
Questa graziosa cittadina, circondata da montagne e risaie, si è guadagnata la notorietà votandosi all’economia circolare zero waste. 34 le categorie riconosciute in rifiuti recuperabili. Inoltre, la comunità ha lanciato un servizio di kurukuru, ovvero di scambio di oggetti, abbigliamento, utensili che non servono più a qualcuno e vengono regalati ad altre persone.
La comunità di Kamikatsu si è anche resa nota grazie alla sua attitudine tourism-friendly: i tassisti della zona, si offrono come volontari per accompagnare visite guidate e l’inglese, qui, non è una lingua così sconosciuta! L’esperienza a Kamikatsu deve includere una sosta per una birra al birrificio Rise & Win (che ricicla la buccia degli yuzu per aromatizzare la birra, tra le altre cose, www.spoon-tamago.com/2015/07/09/rise-win-brewing-a-environmentally-conscious-new-microbrewery-in-tokushima/), un soggiorno presso l’Hotel Why (www.spoon-tamago.com/2020/06/03/zero-waste-hotel-why-kamikatsu/) e una sosta al Polestar Cafè, tutti, manco a dirlo, zero waste. Per trasformare un’idea in un ecosistema e destinazione turistica sostenibile ci vuole davvero un notevole sforzo a livello comunitario, oltre che una mente imprenditoriale alle spalle e ovviamente, il sostegno finanziario pubblico/privato ed è quello che è successo a poca distanza dalla città di Sendai, in Tohoku.
La cantina Akiu (https://visitmiyagi.com/feature/akiu-winery/) è un esempio di questo genere. Il fondatore di Akiu, Chikafusa Mori, di 52 anni, era un architetto con poca conoscenza della vinificazione all’inizio. Eppure, ha avviato la cantina determinato a contribuire alla resurrezione della regione di Tohoku, dove viveva, dopo la devastazione dello tsunami nel 2011. Dopo sei anni di produzione, la cantina Akiu funge ora da centro del turismo gastronomico a Tohoku, soprannominata Valle di Akiu, avvalendosi della collaborazione di pescatori e agricoltori locali. Mori si aspetta che i turisti trascorrano giorni nella Valle di Akiu facendo escursioni, mangiando e bevendo nella sua cantina e nel birrificio di prossima apertura. Questa idea imprenditoriale dimostra che si può realizzare un prodotto turistico di successo anche partendo da semplici risorse locali esistenti – agricoltura e pesca nel caso di Akiu – puntando su una narrativa accattivante. La mission di Ecotourism Japan (www.ecotourism-center.jp/staticpages/index.php/ecocen01_en) è proprio quello di rivitalizzare le comunità locali attraverso l’ecoturismo, incentivando la creazione di reti nazionali di professionisti e imprenditori del mondo del turismo. Uno sguardo alle numerose e sconosciute proposte di turismo sostenibile in Giappone, darà un tocco originale al nostro prossimo viaggio, oltre al fondamentale supporto alle tante comunità locali.
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