Venezia – Il 1° Maggio si celebra la Festa del Lavoro. Nei suoi 1600 anni di storia Venezia e il suo territorio sono state centro nevralgico di attività lavorative, produzione, scoperte, investimenti, centro economico e finanziario per attività di commercio e impresa e soprattutto luogo di nascita e crescita di aziende che hanno innovato, dato lavoro a centinaia di famiglie.
Abbiamo scelto di raccontare una storia a cui è legato il nome di Venezia e del territorio metropolitano: quella della famiglia Stucky e del Molino della Giudecca.
L’affascinante storia del Molino Stucky e di una famiglia di origine svizzera che a Venezia costruì il più grande centro di produzione e commercio di cereali mondiale
Il nome Stucky è legato a tre generazioni di mugnai di origine svizzera e alle loro vicende a Venezia. Il primo arrivato Hans, si trovò coinvolto nella Rivoluzione del 1848-49 e diede il via all’industria mugnaia a Venezia ricavando un mulino da un campanile del sestiere di Cannaregio. Il secondo, il figlio Giovanni, costruì il Molino della Giudecca divenendo a fine Ottocento l’uomo più ricco della città dando lavoro a più di 1500 persone: fu assassinato nel maggio del 1910 da un pazzo alla stazione ferroviaria. Suo figlio Giancarlo finì rovinato in seguito alla crisi economica finanziaria degli anni 1930.
La storia della famiglia Stucky e della fabbrica Molino Stucky di Venezia inizia nel 1829 con Hans Stucky, un giovane che partito a piedi da Münsingen, cittadina della Svizzera, che si trasferì in Italia e trovò lavoro in uno dei tanti molini del trevigiano.
Fu così che nacque la “vocazione” di fare il mugnaio. A Venezia arrivò nel 1841 e trovò casa di fronte a San Girolamo nel sestiere di Cannaregio: la chiesa fu trasformata in molino, con il campanile che venne usato come ciminiera. Qui, Hans, conobbe una giovane veneziana, Domenica Forti e se ne innamorò: dopo due anni ebbero il primo figlio, Giovanni nato nel 1843.
Borghese, abile oratore e uomo di istruzione, frequenta i migliori salotti d’Europa perfezionando così le sue competenze dapprima in Italia e quindi in Svizzera, Francia, Germania e in Ungheria. Esperienze diverse che lo portano a sviluppare nuove tecniche di lavorazione del grano per sfruttare l’enorme potenziale dato all’epoca dal trasporto via mare. È, dunque, a Venezia che il giovane Stucky decide di trasferirsi dopo il matrimonio con Antonia Alverà per ritirare un mulino e avviare un commercio internazionale di cereali.
Dalla loro unione nascono tre figlie femmine e dopo quattordici anni di matrimonio il figlio maschio, Giancarlo, il futuro erede Stucky.
Nel 1880, quando il padre Hans è ormai morto, Giovanni acquista un vasto complesso sull’isola della Giudecca portando avanti la tradizione di mugnai della sua famiglia. L’inaugurazione del molino risale al 14 luglio del 1884.
Negli anni seguenti il molino, mosso a vapore e non idraulico, si trasforma, fino a diventare un vero e proprio simbolo di una città in piena espansione industriale.
Ogni giorno circa 1500 gli operai si recavano sull’isola a lavorare gli oltre 2500 quintali di farina prodotti.
Il molino era costruito da un grosso fabbricato a sei piani, funzionale a forma di dado. La produzione, con molini a cilindri e macchine a vapore, era all’ordine di 500 quintali al giorno; due anni dopo lo stabilimento produceva tre volte tanto, e per questo l’edificio venne ampliato con un pastificio e un nuovo grande silos da ottanta mila quintali di grano
Il macchinario molitorio fu accuratamente scelto tra i più moderni ed efficienti ed il personale ebbe a disposizione spogliatoi, docce, una sala ristoro, comodità inusuali per l’epoca. Una macchina che non si fermava nemmeno di notte, grazie anche a quell’energia elettrica che proprio in questo edificio fu utilizzata per la prima volta a scopo privato.
La potenza degli Stucky non era però soltanto economica ma anche culturale e politica, al punto che Giovanni fu proprio uno dei promotori della Biennale dell’arte e un punto di riferimento per l’alta società. Malgrado lo stretto legame con Venezia, il piccolo villaggio di Münsingen e tutto ciò che la Svizzera rappresentava, erano più che mai presenti nei loro ricordi. Per questo nel corso degli anni e delle generazioni hanno voluto conservare la loro cittadinanza svizzera, la religione protestante e la lingua tedesca, coltivata grazie ai periodici ritorni in patria.
Il privato e il lavoro traeva sempre spunto dalle loro origini. Senza contare l’ampliamento, nel 1895, del mulino da parte dell’architetto tedesco Ernst Wullekopf a cui si deve la caratteristica facciata neogotica, con impresso il nome del proprietario, sormontato da un enorme orologio, e la torre a punta.
Come dimora veneziana Giovanni per la sua famiglia prese domicilio a Palazzo Grassi: Stucky era diventato l’uomo più ricco in città, quello che movimentava il porto e quello che pagava più tasse. Era definito il “principe dei mugnai”.
Poco dopo i festeggiamenti per il 25esimo anniversario di attività, il gesto di un folle interrompe bruscamente la sua ascesa. Nel 1910 Giovanni Stucky viene, infatti, assassinato alla stazione ferroviaria di Santa Lucia da un ex operaio con problemi mentali, con grande sconcerto della popolazione locale che lo considerava un autentico benefattore.
È l’inizio, purtroppo, della fine. L’eredità viene raccolta dal figlio Giancarlo che, costretto a far fronte alla concorrenza spietata dei nuovi trasporti su rotaia, non riesce a fermare il lento ma inesorabile declino del mulino. Le attività del mulino cessarono definitivamente nel 1954, nonostante una lunga occupazione dello stabilimento da parte degli operai che cercavano a tutti i costi di salvare il futuro della fabbrica e con esso anche il loro lavoro.
Il testamento di Giancarlo iniziava così. “Sono l’ultimo degli Stucky nati a Venezia, e desidero che questo nome onorato non figuri – dopo la Mia morte – che a San Michele in Isola, dove riposano i miei cari ai quali ho dedicato sempre tutto il mio affetto. Prego pertanto congiunti e amici di accogliere questo mio intendimento. Seguendo l’esempio paterno ho sempre trasformato il denaro in opere. Il mio patrimonio è sfumato senza mia colpa e senza mio rimpianto. Mi è rincresciuto soltanto di non poter più largamente creare e donare.”
Ci sono voluti cinquant’anni per riaprire le porte del Molino Stucky che dopo una sapiente ristrutturazione nel 2007 ha dato vita ad un resort e dà nuovamente lavoro a tante persone dell’indotto turistico della città.
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