Di Gino Morabito
Non è una provocazione estetica, ma un manifesto di libertà. Annalisa Scarrone si osserva allo specchio e si disvela “nuda”. Nuda, senza filtri né sovrastrutture.
Canta di una passione ardente per la musica, di un innamoramento iniziato con la chitarra classica e divenuto mestiere. Annalisa canta d’amore. Di quell’amore sovrano che è come esercito schierato in battaglia. Perché volersi bene non è facile: è un percorso misterioso e imperscrutabile, che può durare mesi, anni, o forse la vita intera.
Tra passi falsi e conquiste, è riuscita a guadagnarsi una solida reputazione. Con l’indiscussa capacità di emergere fra tanti.
«Ho sempre pensato che quello che premia nella vita sia l’impegno. La forza di volontà, la capacità di andare a fondo nelle cose, cercando di farlo con onestà; portare avanti quei progetti che ti rappresentano e che, in qualche modo, ti fanno stare bene. Spero che questo mio modo di vivere la vita e anche la musica, con tale intensità e passione, sia il motivo per cui oggi sono qui.»
Una svolta sexy, un look più audace, vanno di pari passo con la maggiore consapevolezza della propria femminilità.
«Cerco di presentarmi per come mi sento veramente, nella mia semplicità. Se sono in vena di osare un po’ di più, ci provo; se invece ho voglia di sentirmi comoda, mi ci vesto. L’essenziale è che il modo in cui ti presenti non rubi la scena a quello che stai dicendo sul palco.»
Bella, brava, con una spiccata presenza scenica e una laurea in Fisica.
«Ho una testa che macina in continuazione, non si ferma mai. Scoprire che ho fatto Fisica desta ancora stupore, sorpresa, quando in realtà vedo dei punti di contatto nelle due forme di creatività, quella scientifica e quella artistica. In entrambe si cerca di raccontare qualcosa che non c’è: con la scienza il tentativo è quello di interpretare la realtà, con le canzoni invece si prova a raccontare un’emozione.»
Una personalità dolcemente complicata, quella di Annalisa Scarrone, che si risolve attraverso le proprie canzoni.
«La musica è il mio modo di risolvermi; di provare a semplificare quello che vivo, i miei pensieri. Verificare che questo tentativo di comunicare me stessa arrivi alle persone, mi rende felice.»
La possibilità di esprimersi con un linguaggio che diventa un marchio artistico, la cifra stilistica di chi vive in simbiosi con la musica.
«Non è più soltanto un mestiere, ma vera e propria vita! La musica è per me totalizzante, qualcosa di cui non riesco a fare a meno, in nessun aspetto. Ed è un po’ quello che racconto con “Dieci”.»
La canzone racconta di un amore che non vuole finire e si aggrappa alle ultime volte.
«Mi fa pensare al momento che stiamo vivendo, alla consapevolezza e alla grinta di chi non si arrende. È anche e soprattutto la mia dichiarazione d’amore alla musica, che condivido con il pubblico, in una storia iniziata molto tempo fa.»
Partita da quella scintilla che arriva dall’innamoramento, Dieci è la giusta commistione di diversi elementi.
«Ci sono dentro l’emozione, il coinvolgimento emotivo, il canto che amo. C’è il mio modo di raccontare, a volte molto dritto, metrico, ma fa parte di me anche quello. La canzone è un po’ il riassunto di questi dieci anni, e sono felicissima che i risultati si vedano.»
Sicuri di non essere osservati, solo noi sappiamo chi siamo veramente.
«Per quanto sia difficile, sto provando a mostrare anche quella parte di me più intima, nascosta. Ne sento forte il bisogno, anche in relazione a questo eccesso di social, di tecnologia che mostra quasi esclusivamente l’apparenza.»
Ha fatto pace con lo specchio, imparando a volersi bene. Una donna in cammino lungo un percorso di crescita umana e professionale.
«Sono in divenire, alla continua ricerca della versione migliore di me stessa e della mia musica. Guardo al futuro con la speranza di raggiungere degli obiettivi che, al momento, non riesco neanche ad immaginare.»
La copertina del disco disvela una Annalisa “nuda”.
«Bisogna prendere atto dei nostri punti di forza e delle debolezze, ed essere in grado di mostrare le proprie fragilità, quello che siamo veramente. Il processo di liberazione dalle sovrastrutture, dagli automatismi nel modo di relazionarci con gli altri, ci permette di osare. E, quando osi, quando fai un passo in più e provi a buttarti, può succedere che riesci a volare.»
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