Sulla Spigolatrice di Sapri
Nell’iconografia antica, la donna era simbolo di fertilità e il fisico femminile era sempre rappresentato in maniera che i tratti della sua sessualità fossero bene in evidenza, proprio a sottolineare quel nesso profondo.
Con i Greci, la Bellezza diventa ideale e si mettono a punto dei veri e propri canoni estetici di grazia, misura e proporzione. Molte statue femminili e di divinità vengono realizzate completamente nude.
Nell’arte romana, le donne avevano seni piccoli e fianchi larghi; nel Medioevo la donna si raffigura come una Santa perché è alla Vergine Maria che si guarda e alla Sua importanza non soltanto teologica, ma anche storica.
Nel Rinascimento, artisti come Botticelli rappresentano la bellezza della donna sia nella sua fisicità, l’amore fisico e la sensualità; e sia come intelletto, interiorità. Quindi la donna diventa sintesi di tutto ciò che nella Natura umana sia bello, di valore; specchio della magnificenza del Creato.
Nell’arte contemporanea, si ha una concezione più empatica della rappresentazione in generale: creare un contatto che permetta la comunicazione, il dialogo tra opera e fruitore.
Il corpo è stato sempre e comunque un soggetto centrale, imprescindibile dal concetto. Oggi ci si indigna per la statua di un bel corpo femminile e allora anche di tutta l’arte fin qui prodotta. Non soltanto si cerca di intervenire sull’estro dell’artista, sulla sua libertà d’azione, ma si vuole anche censurare la bellezza.
Fermo restando che si può predicare il bello quanto il brutto, però se la Spigolatrice di Sapri fosse stata rappresentata senza forma, assolutamente non attraente, priva della sua femminilità, nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare.
Invece è una bella donna, sensuale e fiera.
Beh?!
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