21 Novembre 2024

Zarabazà

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“In balia di un attimo” alla Sala Futura del Teatro Stabile di Catania

Scritto da Federico Fiorenza, è sua la regia insieme a Sandro Rossino.

Con Micaela De Grandi, Valentina Ferrante e Federico Fiorenza

Videomaker Giuseppe Guagliardo; aiuto regia Angelo Leonardi; light designer Marco Tumminelli;

compagnia Banned Theatre.

Viene rappresentato dopo “Decadenze” di Giovanni Arezzo nella stessa sala Futura che da quest’anno ospita la Stagione 0 dedicata ai lavori firmati dai giovani al concorso “Catania premia Catania“.

<<“In balia di un attimo” – spiega l’autore, regista, attore Federico Fiorenza – è l’elaborazione di voci narranti e situazioni proprie di uomini che hanno subito un infortunio sul lavoro, una realtà che tocca da vicino non solo il soggetto che subisce, ma l’intero nucleo familiare. Ciò che dovrebbe “nobilitare l’uomo” diventa improvvisamente una mannaia che taglia l’individuo fuori dalla sua stessa esistenza, rendendolo spettatore passivo.
Viene restituito al pubblico, anche se infinitamente piccolo, l’eroe della vita.
Un eroe normale, con poche pretese, ma pur sempre un eroe di umana natura che con la propria capacità emozionale e la ricchezza della sua diversità, riacquista la propria individualità.
>>

Micaela Degrandi appare sulla scena, vestita di nero, rotea su se stessa come in preda ad una taranta e sbiascica una lamentela simile ad un affanno di morte: giunge come un sinistro presagio, una Cassandra inascoltata. Di spalle v’è un uomo (Federico Fiorenza) sopra il ponte di un cantiere: è bianco come la calce, pallido come uno spettro, ma la sua bocca sembra masticare sangue. Ed assale verbalmente una creatura (Valentina Ferrante), anch’essa bianca, ma più somigliante ad una colomba, un manto della carità che accudisce con amore e perseveranza burattini a cui manca una parte: ella teme quell’uomo e al tempo stesso spera di convincerlo che quelli non sono pezzi da buttar via. Ma non c’è tempo: bisogna andare in scena, montare il bel teatrino in cui gli spettatori vedranno solo ordine e perfezione e nel quale non ci sarà posto per le marionette invalide. E’ un mondo infarcito di rabbia e prepotenza, tenuto saldo dalla paura; e si muove su fragili basi perché infine rivela che il buio nel cuore dell’uomo che grida è stato generato da un dolore mostruoso ed ingiusto. E l’uomo che grida, quel dolore dovrà guardarlo in faccia, ci si dovrà confrontare altrimenti tutte le voci che sente nella testa lo porteranno alla follia. E le voci si rivelano essere quelle di tutti coloro che in un attimo hanno visto la propria vita cambiare, di quelli che si sono trovati nella necessità di reinventare la scena ricomponendo i pezzi come a quei pupi prima.

“In balia di un attimo” racconta in modo fantastico gli incidenti sul lavoro, parla di uomini e donne rotti dal lavoro, buttati via e nascosti perché invalidi ed impresentabili; di persone coraggiose che nel dolore e nel nuovo aspetto hanno scoperto un altro modo di vivere, forse “non a metà”.

Micaela Degrandi e Valentina Ferrante, l’una con movenze da inquieta danzatrice, l’altra con l’intonazione da soprano evocano il rammarico e la pietà. Si fanno ascoltare ed osservare con attenzione, ma sembrano interpretazioni avulse dalla storia che a mio parere risente dei numerosi cambiamenti di registro, contaminazioni di stile narrativo a discapito non solo di un legante, ma anche di una messa a fuoco sul problema nobilmente affrontato. E perciò è una disdetta che la questione sembri rimanere irrisolta, sospesa, i personaggi appena tratteggiati e forse quello del puparo/datore di lavoro troppo rimarcato, corpo avanzato rispetto all’ intera struttura. La fantasia adoperata come meccanismo per consegnare allo spettatore un modo di leggere l’intenzione dell’autore genera a mio parere qualche momento di confusione che a malapena verrà chiarito dal montaggio finale di storie di vite vere che sembra essere ancora una volta un pezzo a parte. Magnifico il modo di adoperare la voce da parte dei tre attori, ciascuno con le proprie caratteristiche convincente come interprete. Molto ben realizzato l’uso delle proporzioni (come nella foto sopra si può constatare) per significare la prepotenza, la paura, la sudditanza.