15 Novembre 2024

Zarabazà

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Barbe à Papà Compagnia, “Il Coro di Babele”: la vita, gli studi, i viaggi dei giovani di oggi

“Il CORO DI BABELE”  – Con Chiara Buzzone, Federica D’Amore, Totò Galati, Roberta Giordano, Claudio Zappalà Testo e regia: Claudio Zappalà;  Produzione: Barbe à Papa Teatro (Palermo).

Musiche non originali di Solveig, Moderat, Valli, The Beatles, The Glitch Mob, Lennon; costumi a cura di Barbe à Papa Teatro; Produzione, Barbe à Papa Teatro.

Foto di Dino Stornello.

E’ lo spettacolo selezionato al Milano Off Fringe Festival 2019, andato in scena da Zō Centro Culture Contemporanee per la rassegna “Battiti” di Palco Off, aderente alla Rete Latitudini, con la direzione artistica di Francesca Vitale e la direzione organizzativa di Renato Lombardo.

“ll Coro di Babele” attraverso la recitazione e la scrittura espressiva del corpo racconta in modo fantastico e concreto dei viaggi per studio, lavoro e per bisogno di milioni di giovani che se rimanessero nella loro terra di origine ne cambierebbero le sorti migliorandone il destino. L’azzeramento delle opportunità, il malessere e l’invivibilità di alcuni luoghi, una classe dirigente anziana con le terga troppo affezionate alle poltrone del potere sono i principali responsabili di una nutrita migrazione. E i giovani, animati da talenti diversi, vanno in giro per il mondo, parlando più lingue, abitando luoghi immensi, impadronendosi di infinite cognizioni. A scriverle queste parole già pesano di efficacia: certo, perché un giovane che per ragioni diverse vive bene o male l’opportunità di poter agire altrove maturando una esperienza in età tanto “presto”, infilandosi nelle strade di tutte le grandi “Babele” più ricche di casa propria, diventa cittadino del mondo, pedina preziosa per ogni struttura che lo terrà sotto osservazione per collocarlo laddove farà brillare di rinnovata energia ogni cosa gli sarà permesso toccare. Ogni città diventa dunque una Babele da conoscere e frequentare, tessendo nuove conoscenze, rapporti importanti, amicizie zingare; e quando partiranno da uno per andare a conquistare un altro luogo che verrà impreziosito dal loro apporto sempre più qualificato, porteranno con sé lo stesso corredo: scarpe comode per percorrere le distanze fra una navetta, un autobus, un treno ed un aereo, un bagaglio a mano con quello che riesce ad entrarvi ed il cuore diviso fra il desiderio di spingersi ancora oltre ed il rammarico per ciò che si lascia. E poi, un nuovo indirizzo, da far conoscere ai genitori affinché essi spediscano ancora una volta scatoloni con corredi da aggiornare.

“Dalla fondazione Migrantes su “Italiani nel mondo”, è emerso che, nell’ultimo anno, 10.400 siciliani hanno lasciato la regione. La Sicilia è la regione con il più alto numero di residenti all’estero: oltre 798mila partenze e negli ultimi 10 anni sono circa 220mila i siciliani che si sono trasferiti all’estero cambiando residenza e molti con titoli di studio uguale o superiore alla laurea. E’ anche emerso che Il numero degli italiani residenti oltre confine è aumentato dell’82% negli ultimi sedici anni e ad oggi sono più di 5 milioni e mezzo” (Gabriella Foti)

Giovani che affollano università, aziende, locali, metropolitane, stazione dei pullman e sale d’aspetto degli aereoporti; collegati ai provider per acquistare anzitempo il biglietto che costa meno e che li riporterà a casa per le feste o quando si può. Si sono spostati per imparare, per insegnare, per fare in ogni modo tesoro di ciascuna esperienza che certamente vivranno. Oggi, la Scuola, l’Università, le Accademie, gli Istituti di eccellenza con le loro diverse offerte formative attuano l’efficacia del nuovo insegnamento indirizzando altrove i giovani studenti. E questo è bello. Non è bello che così preparati ed esperti non possano rientrare alle proprie città e pretendere il riconoscimento di tanta esperienza. E così restano a vivere a “Babele”….

La storia legata a questo monumento, all’esperienza umana che ne ragionò l’edificazione, deriva principalmente dal libro della Genesi: tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole e l’uomo la costruiva a piani perché voleva arrivare al cielo, ma Dio forse mise alla prova gli uomini e li disperse per tutta la Terra; dunque essi costruirono nazioni diverse e parlarono linguaggi differenti. Durante la Pentecoste, gli uomini attraversati dallo Spirito Santo, recuperano il tentativo sperimentato a Babele di parlare una sola lingua per comprendersi l’un l’altro. L’edificio denominato Torre di Babele, costruita, smontata, rimontata sembra essere davvero esistita, monumento alla concentrazione religiosa di forma quadrata, di novantuno metri per lato ed altrettanti in altezza.

Quando, nel 1976, uscì in Italia il 33 giri di Edoardo Bennato intitolato “La Torre di Babele”, tutti i giovani della compagnia del “Coro di Babele” ed i loro coetanei erano lontanissimi anche dalle nostre cognizioni: allora, l’immagine venne adoperata per significare il malessere di un Europa ancora non unita dal punto di vista politico, appesantendo il divario fra i popoli, l’egocentrismo dei governanti della Terra.

Claudio Zappalà, trentatré anni, originario di Catania, durante i sempre interessantissimi dibattiti di Palco-Off che seguono la rappresentazione, ha raccontato di aver scritto il “Coro di Babele” per narrare della propria esperienza e di quella di tanti suoi coetanei, conosciuti a Londra, la sua “Babele”, per l’appunto. Dopo essere rientrato in Italia, si è stabilito a Palermo, iscrivendosi alla Scuola di recitazione del Teatro Biondo e cominciando a studiare e lavorare con Emma Dante. Vincitore della prima edizione del premio “Cendic- Segesta 2015” con lo spettacolo “Aspettando Antigone”, – reinterpretazione in chiave moderna dell’Antigone di Sofocle -, ha scelto di incanalare tutta la sua energia con la Compagnia Barbe à Papà. Indipendente, nata nel 2018, realizza le proprie produzioni principalmente a Palermo e si pone l’obiettivo di lavorare esclusivamente su drammaturgie originali che nascono dal proprio lavoro ed è composta inoltre da: Chiara Buzzone, Federica D’Amore, Totò Galati, Roberta Giordano.

Sono stati già realizzati due spettacoli: Il coro di Babele (2019) e Mi ricordo (2020) e si apprestano a concludere questa prima trilogia con L’arte della resistenza, che debutterà a Maggio 2022.

I cinque attori presenti sulla scena sono stati bravissimi, qualificati e professionali; severi e disciplinati durante la formazione, hanno dimostrato di essere performer in grado di tenere alta l’attenzione del pubblico, sul quale immediatamente hanno suscitato emozioni generazionali e genitoriali, trasformando il teatro in una sorta di luogo di terapia dove da una parte i genitori (pubblico) e dall’altra i figli (attori) è stato fatto outing, una sorta di “io ci sono”: gli attori narrando con magnifiche voci curate ed impostate le loro istruttive peregrinazioni, mimando compleanni lontani dalla famiglia, esperienze conviviali al bar a base di “shortini” e aperitivi vari, viaggi sui mezzi di trasporto, esperienze disagianti; il palcoscenico misurato su tre dimensioni diverse attraversate dai loro virtuali spostamenti da una Babele ad un’altra. I genitori in silenzio ripetendo nelle proprie menti: “casavuotadafaretrovarepulitaquandoiragazzitornanoperlefeste“; video-chiamate”, storie su Instagram per seguirli nei loro impegni e fare finta di esserci, “scatoloni da spedire e da ricevere”, giri di chiavi per aprire una porta su luogo che, se si ha la fortuna di avere animali, sarà meno silenzioso. Ma sempre troppo silenzioso comunque.

Lavoro fresco, brillante ed intuitivo che coinvolge senza salti di generazione; attori bravissimi che sul rossore della fatica aggiungono quello per gli applausi ricevuti da un pubblico che se ne innamora dalle prime battute. Claudio Zappalà scrivendo “Il Coro di Babele” credo proprio di poter affermare abbia riempito un vuoto importante nella drammaturgia originale giovanile. Lo fa onestamente senza rete o chiedendo in prestito stampelle ad autori defunti da tempo, lanciandosi con vigore verso l’obiettivo, cercando aiuto e solidarietà artistica soltanto ai membri della compagnia, altri giovani dalla parlantina audace, espressioni corrette di pensieri maturi e dotti; che guardano dritto negli occhi raccontando di se e dei propri obiettivi. Con l’augurio di prospettive a lunghissimo termine e la speranza che bravi come sono possano cambiare QUESTO mondo dello spettacolo riscrivendone le regole.