Quattro registi da Firenze, Siena e Lucca partecipano con storie di vita nel cuore della montagna, protagonisti anche i paesaggi toscani
Alla rassegna cinematografica partecipano in concorso Tommaso Landucci con “Caveman – Il gigante nascosto”, vicenda delle Alpi Apuane, e Bartolomeo Pampaloni con “Lassù”; nella sezione Terre Alte ci sono Alessio Salvini con “La lunga strada” ed Emilio Pallavicino con “La signora di Zeri”, ambientato in Lunigiana.
Ci sarà anche il contributo della Toscana tra i film selezionati per il 70. Trento Film Festival, il più longevo festival internazionale di cinema e culture di montagna, che si svolgerà dal 29 aprile al’8 maggio nel capoluogo trentino. Quattro i registi toscani protagonisti con i rispettivi lavori: “Caveman – Il gigante nascosto” di Tommaso Landucci, “Lassù” di Bartolomeo Pampaloni, “La lunga strada” di Alessio Salvini e “La signora di Zeri” di Emilio Pallavicino, che portano sul grande schermo dalla storia del gigante scolpito nel cuore delle Alpi Apuane a quella di Cinzia, unica rimasta sulle montagne lunigiane a prendersi cura delle pecore di razza Zerasca.
Nelle proposte in concorso al festival trentino figurano “Caveman – Il gigante nascosto” (Italia, Svizzera, 2021) e “Lassù” (Italia, Francia, 2022).
Il primo è il documentario di Tommaso Landucci, che porta lo spettatore in una grotta delle Alpi Apuane, a 650 metri sottoterra, dove si trova l’opera d’arte più profonda al mondo: è un colosso di marmo, un gigante nudo addormentato al quale lo scultore Filippo Dobrilla ha continuato a lavorare per più di 30 anni in assoluta solitudine nell’oscurità della caverna. Le immagini cercano di indagare, fra le passioni giovanili di Filippo, il suo desiderio di isolamento e la sua idea di un’arte pura senza compromessi, cosa spinge un artista a tanto impegno, quale idea di libertà sottintende la sua opera e la sua vita. Landucci è nato a Lucca nel 1989), diplomato in regia al CSC di Roma, ha iniziato a lavorare come assistente alla regia nel 2012, con registi come Claudio Giovannesi e Luca Guadagnino.
“Lassù” invece è il lavoro del fiorentino Bartolomeo Pampaloni, a Trento in anteprima assoluta: è il ritratto di Nino, che faceva il muratore e viveva nella periferia di Palermo con la sua famiglia, che ora vive da solo in cima ad una montagna e fa il profeta. Si fa chiamare Isravele (e il nome va letto al contrario per capirne il senso), su di una montagna brulla ai margini della città, c’è la sua dimora: un vecchio osservatorio abbandonato che in vent’anni di lavoro solitario ha trasformato in portentoso tempio naif, considerato uno dei più impressionanti esempi di outsider art in Europa. Pampaloni, nato a Firenze nel 1982, si è formato come regista a Parigi, ha frequentato il corso di regia al CSC di Roma. Il suo primo documentario di lungometraggio, “Roma Termini” che ha vinto la menzione speciale della critica alla Festa del Cinema di Roma 2014.
Nella sezione Terre Alte le proiezioni di “La signora di Zeri” (Italia, Regno Unito, 2021) e “La lunga strada” (Italia, 2022), in due anteprime mondiali, di due giovani cineasti.
In un piccolo paese sulle montagne toscane vive un’antica razza di pecore che prende il nome dal paese di Zeri, la Zerasca. Qui è ambientato il lavoro del fiorentino Emilio Pallavicini: protagonista è Cinzia Angiolini, una delle pochissime pastore della zona, il suo modo di allevare non è produttivo: lei con loro ci parla, le cura, le cerca, le porta a casa ogni sera. “La signora di Zeri” è uno spaccato di uno stile di vita fatto di fatica e sacrificio, dove il legame profondo con gli animali e la natura restituisce un potente significato alla vita. Pallavicini è un giovane documentarista fiorentino, ha lavorato come direttore della fotografia e operatore di macchina su cortometraggi e progetti documentaristici. Laureato all’Università delle Arti di Londra in studi cinematografici, questo lavoro, che ha diretto, prodotto e girato, è il suo primo cortometraggio.
“La lunga strada” invece porta dalle montagne al mare, dove l’acqua compie un lungo viaggio. Sciogliendosi dai ghiacciai si trasforma in torrente per poi scendere impetuosa tra le gole e riscoprirsi acrobata tra i risalti di roccia che attraversano le valli. Man mano verso la città, passando sotto ai ponti, si fa più quieta fino ad arrivare a riposarsi nel mare, bagnando dolcemente le rive e accompagnando i naviganti nelle loro rotte. Il regista del corto è Alessio Salvini, nato a Siena nel 1992, filmmaker e fotografo. Studia fotografia alla L.A.B.A. (Libera Accademia di Belle Arti) di Firenze, e si sta diplomando nel Corso di Reportage della sede Abruzzo del Centro Sperimentale di Cinematografia con un nuovo film dedicato alla montagna.
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