Ciao Fuori dai denti, che significato ha questo tuo nome d’arte?
Salve, sono sempre stato affascinato dai denti, sarà forse perché mia madre era un’ assistente dentistica, quindi da bambino ho passato parecchio tempo tra modelli e varie strumentazioni. Nel tempo questo fascino non è svanito, l’ho portato avanti. Ogni volta quest’espressione mi colpiva “fuori dai denti” come a dire schietto, a cuore aperto, anche con una certa prorompenza. Quando poi ho dovuto scegliere il nome per il progetto non ci sono stati dubbi: collimava perfettamente con l’intento.
Parlaci del tuo percorso musicale fino ad oggi, quando hai iniziato con il tuo progetto solista?
Ho suonato in molte band e progetti prima di Fuori dai Denti, di solito sempre al basso. Mi è sempre piaciuto il ruolo sonoro che il basso spesso ha in relazione al gruppo, come se fosse un collante. Nel 2019 durante l’ultimo anno di università, spesso ero da solo nella mia piccolissima stanza e li ho deciso che si sarebbero svolte le prime prove. Ho cominciato a dare vita a quei testi scartati e ritenuti inadatti, (perché più che altro risultavano troppo personali e a volte sconnessi) allo stesso tempo mi ero posto l’obiettivo di utilizzare il basso come strumento principale e proprio in quel momento è nata la ricerca del suono. Ricerca che prosegue ancora oggi.
Il tuo singolo Il mio piede destro ha dei chiari riferimenti musicali alla scena italiana anni 90, quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Sicuramente i White Stripes, i Black Keys, i Cramps e il Pan del Diavolo.
Se dovessi cancellare un disco dalla storia, quale sarebbe per te? E perchè?
Non ci avevo mai pensato, è una splendida domanda. La cosa buffa è che la risposta mi è piovuta in testa subito: The Mess We Made di Matt Elliott. È un album spettacolare, come tutto il suo lavoro, questo in particolare però si è innestato in un momento particolare e fa vibrare delle corde specifiche, smuove la nebbia da ricordi molto bui. Istintivamente lo cancellerei, per me e per tutti. Magari lasciando solo una copia in un posto blindato, ma so che prima o poi mi verrà la voglia malsana di riascoltarlo.
I tuoi top 5 artisti italiani?
Come ho detto Il Pan del Diavolo, di cui ho consumato i dischi, non lo dico per dire Sono all’Osso non parte più e se parte salta. Johnny DalBasso, anche lui con il suo approccio e la sua “non allergia alle fragole” mi ha smosso parecchio e menomale. Profonda stima per Adriano Viterbini in tutte le sue forme, ma Goldfoil rimane uno dei miei ascolti preferiti. Il Teatro Degli Orrori e non aggiungo altro.I The Jackson Pollock, duo esplosivo, ogni concerto è un’esperienza quasi mistica.
I tuoi top 5 artisti stranieri?
Jack White con tutto il suo lavoro, la sua attitudine e il suo approccio alla creatività.
I Black Keys per la loro straordinaria capacità di provocare una sensazione di estremo godimento e ispirazione istantanea durante l’ascolto.
I Cramps per la loro caparbietà e tenacia, ma soprattutto perché hanno creato con la loro musica un approdo sicuro per tutte quelle mentalità assurdamente creative che prima di loro facevano fatica ad esprimersi.
Gli Oh Sees, scoperti relativamente tardi, ma con un impatto enorme, creatività incendiaria.
E di sicuro i Flat Duo Jets per qualsiasi minimo dettaglio.
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