16 Novembre 2024

Zarabazà

Solo buone notizie

A tu per tu con STEFANO CINTI

Quando hai iniziato a fare musica?

Ho iniziato a suonare la chitarra a undici anni cercando di riprodurre su una corda le melodie di Santo and Johnni.  Poi  ho scoperto anche le altre cinque corde e sono passato a Lucio Battisti e ai cantautori italiani ‘storici’. Ho iniziato così, pensando che la chitarra fosse uno strumento per fare nuove amicizie. Era vero! La musica mi ha fatto conoscere mia moglie Janet.

Come descriveresti “Io non sono razzista, ma…” in 3 parole?

Ironico, provocatorio, ottimista.

Come hai vissuto la musica nel periodo della pandemia?

Nonostante le difficoltà che abbiamo vissuto, credo che questo periodo abbia rappresentato per molte persone anche un’opportunità di riflessione e di creatività. Dal mio confinamento  è nato  il brano “La fine del mondo”, che vuole essere un contributo al cambiamento dei nostri rapporti con gli altri esseri umani e con il mondo che ci circonda, animali e le piante.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali?

Mi piace pensare di avere i piedi di Lucio Battisti, le ginocchia degli Yes e della PFM,  le gambe di Cat Stevens, le anche di Tom Ze,  il busto di Pino Daniele, le braccia dei Weather Report,  la testa di David Sylvian e le orecchie di Louis Armstrong, il naso di Goran Bregovic, i capelli di Caparezza, gli occhi di Peter Gabriel, la voce di Bobby McFerrin e le mani di Nile Rodges. Bello eh…!