21 Novembre 2024

Zarabazà

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Paolo Conticini, un performer nato

Quando disse a suo padre che non avrebbe più sostenuto il concorso per vigili del fuoco, lo fissò per un’ora in un occhio. Poi non si salutarono per cinque mesi. Ma ardeva il sacro fuoco dell’arte e ad attenderlo una riuscita prova d’attore in Uomini uomini uomini.

Salito su quel treno, Paolo Conticini c’è rimasto. Felice come un bimbo. Un adulto-bambino di cinquantatré anni che della vita “ha amato tutto”. Con l’entusiasmo di un performer che si diverte a giocare portando in scena sé stesso

Paolo Conticini, ospite del parterre di artisti dell’XI edizione di Marefestival Salina, da giovedì 23 a sabato 25 giugno, per ricevere il premio in ricordo di Massimo Troisi.

«Reputo Massimo Troisi uno degli attori più grandi che l’Italia abbia avuto e tuttora continua a vivere grazie ai suoi film. Ancora oggi non posso fare a meno di rivedere “Non ci resta che piangere”, un’interpretazione meravigliosa. Ma Troisi era bravissimo anche a teatro, memorabile in alcune apparizioni televisive. Il mio grande rammarico è di non averlo mai incontrato.»

Ricomincio da tre, sul palco come nella vita.

«Ritengo di aver fatto più di tre cose buone nella vita, così come tanti sbagli. Sbagli che però fanno parte del percorso di ognuno e diventano paradossalmente giusti lungo quel cammino personale. Credo di essere stato sempre coerente con me stesso. Ho sempre fatto quello che sentivo nel cuore e, quando ho sbagliato, l’ho fatto in buona fede.»

Quando Massimo è venuto a mancare era il 1994, un periodo nel quale un giovane pisano di venticinque anni cercava ancora la propria strada.

«Era un periodo incerto e sofferente, da un lato; bellissimo dall’altro. Provavo la sofferenza di non riuscire a trovare la mia strada e, per contro, la libertà di poter andare in tutte le direzioni. Ho dei ricordi dolcemente malinconici di quell’età, ma decisamente splendidi.»

In occasione dell’evento considerato ormai uno degli appuntamenti più attesi del calendario dell’arcipelago eoliano, l’attore e conduttore televisivo presenta il libro Ho amato tutto (Pacini editore, Elledibook edizioni).

«Ho sempre vissuto d’amore, di sentimenti, di emozioni. Si può provare amore per un amico, per la propria compagna, per i genitori, per i figli. L’amore è un sentimento universale e totalizzante, il motore del mondo. È l’aspetto magico della vita. Con l’amore puoi affrontare qualunque difficoltà ti riservi il destino.»

“Questo mestiere ti illude, specie quando sei giovanissimo e tenti di muovere i primi passi. Ti fa sperare continuamente in nuove possibilità, in nuove chance e tu ci credi, vai avanti, aspetti l’occasione della tua vita per sbarcare il lunario e intanto gli anni passano, il tempo è sempre meno e il rischio di fallire è enorme”.

«Ti senti come un bambino che aspetta una caramella, ma non gliela danno. Allora ne aspetta un’altra e un’altra ancora. Il più delle volte, però, quella caramella non arriva mai.»

Per certi aspetti, è tutta questione di fortuna.

«Credo di essere stato fortunato, ma anche bravo nel riuscire a sfruttare tutto quello che la vita mi ha dato.»

Esordisce con Uomini uomini uomini per la regia di Christian De Sica, ma rimane legato al ruolo di un commissario.

«Il personaggio a cui il pubblico si è maggiormente affezionato, conferendomi grande popolarità, è sicuramente il commissario di polizia Gaetano Berardi, in Provaci ancora prof! In ogni ruolo che interpreto metto sempre un po’ di me stesso e, fino a questo momento, sembra aver funzionato.»

Il successo è una conquista quotidiana.

«Il vero successo è quando le persone più anziane mi incontrano per strada e mi fanno un complimento sincero. Ricevere un complimento da una ragazzina potrebbe essere scontato, ma, quando a fartelo è una signora più in là con gli anni, te lo rivolge in maniera disinteressata. Una bella soddisfazione è anche quando leggi dei commenti sui social o in qualche lettera ricevuta in camerino, dove ti dicono che, grazie a te, a quel ruolo interpretato, hanno trascorso dei bei momenti.»

Il mestiere dell’attore fa invecchiare poco, è un lavoro-gioco nel quale non ti accorgi del tempo che passa.

«Quella dello spettacolo è una famiglia di bambini che giocano a far divertire gli altri, a intrattenerli. Quando improvvisamente ti fermi e ti guardi indietro, ti accorgi tutto a un tratto che sono passati cinquantatré anni. Allora ti guardi allo specchio e scorgi qualche ruga che prima non c’era, magari il fisico non più tonico come quello dei vent’anni. Guardando con più attenzione, però, ci vedo riflesso un uomo felice e grato di essere giunto a quest’età con un’estetica ancora gradevole e una maggiore consapevolezza della vita.»

Il segreto è serbare intatto l’entusiasmo

«Senza entusiasmi questo mestiere non lo puoi più fare. Quello dell’attore è un lavoro fatto di sacrificio, di rinunce. È un gioco meraviglioso, che richiede tempo, passione, competenza. Dal canto mio, voglio giocare finché posso. Poi, quando sarà il momento, cederò il passo agli altri. Ma intanto lasciatemi divertire!»