Manuela Ventura, è in un percorso in continua evoluzione: dal teatro, alla televisione ad uno straordinario ritorno al cinema con “Primadonna” per la regia di Marta Savina. Un’attrice dalle mille sfaccettature, di rara sensibilità e talento, che regala, al pubblico che la segue, emozioni intense e personaggi originali.
Manuela Ventura è reduce dalla bellissima prova d’attrice nel “Colapesce, omaggio a Buttitta” per la regia di Filippo Luna, l’uscita quest’estate del film “Una boccata d’aria” con Aldo Baglio, regia di Alessio Lauria e dal successivo televisivo di “Lea, un nuovo giorno”, dove interpreta, con cinismo ed ironia, l’infermiera Favilla Mancuso, affiancando l’amica e collega Anna Valle. Le due attrici avevano già lavorato insieme nella fiction, “Questo nostro amore” in cui Manuela aveva vestito i panni di Teresa Strano.
Dall’8 marzo, ritroviamo finalmente Manuela al cinema nel nuovo film: “Primadonna”, opera prima di Marta Savina, con un cast stellare: Claudia Gusmano, Fabrizio Ferracane, Francesco Colella, Dario Aita e con la partecipazione di Thony, Gaetano Aronica, Maziar Firouzi, Francesco Giulio Cerilli e con Paolo Pierobon. Il film è una co-produzione Italia-Francia CapriEntertainment e Medset Film, in associazione con Tenderstories, in collaborazione con Rai Cinema, Vision Distribution, Sky, Eurovision.
Manuela Ventura è Sara Crimi: Sara è la madre di Lia, la giovane protagonista di questa storia, interpretata da Claudia Gusmano. Il primo approccio al personaggio e alla storia comincia proprio dai provini.
“Il ricordo di quei momenti iniziali – svela Manuela – è stato molto intenso. Innanzitutto, è stato un incontro tra donne che si sono trovate ad affrontare e a dare vita ed emozioni ad una tema così pregnante, quello dell’autodeterminazione femminile e, insieme ad affrontare la dinamica tra genitori e figli, fra individui e società”
Il ruolo delle famiglie e, nella fattispecie, di quella di cui si raccontano le vicissitudini, è determinante. Auspicare che all’interno di un nucleo familiare vi sia la capacità di comprendere e di accogliere. Ancora: che ci sia la capacità di dare ascolto e sostegno nel favorire le scelte: l’autodeterminazione, la realizzazione delle aspirazioni e della crescita delle proprie figlie e dei propri figli.
Alcune riflessioni, temi ed emozioni che hanno contributo alla creazione del personaggio della madre, Sara Crimi.
Quanto sacrificio c’è dietro alcune scelte, quanto amore e quante paure e resistenze? Quanto siamo capaci di sentire i bisogni dell’altro e cambiare? Si diventa famiglia anche attraverso le scelte che si fanno insieme. Il rapporto tra madre e figlia è nato man mano, proprio perché non era lineare ma fatto di conflittualità, respingimenti, durezza e dolcezza, disperazione e conforto.
La madre entra in conflitto con la pertinacia della figlia: vive, ad esempio, con preoccupazione la scelta di Lia di andare a lavorare la terra con il padre, considerando anche che, all’epoca, era considerato sconveniente per una ragazza. Sara Crimi è una donna che accudisce la famiglia, la casa, ha, nel suo piccolo mondo, abitudini, cura, pensieri, affetti.
Insieme al marito, Sara ha fatto una scelta, per quei tempi, originale, ovvero condurre una vita riservata, fuori dal paese. E soprattutto ha costruito, insieme a Pietro, una famiglia in cui il rispetto reciproco è alla base. Non esiste una prevaricazione di ruoli, questo è un seme che germoglierà nella figlia e nelle scelte future.
Una vita vissuta con dignità, fatta di cose semplici, portando a tavola ciò che dà la terra, crescendo i figli col meglio di ciò che sa e che sente. Questo assetto familiare viene stravolto dal tremendo accadimento che colpisce Lia e, di conseguenza, tutta la famiglia. Le certezze di Sara, in quanto madre, in quanto donna, vengono messe in crisi, lasciandola in un primo momento, disarmata: incapace di trovare una relazione con la figlia, con cui si crea una distanza, un silenzio.
Ma questa famiglia ha in sé un nucleo capace di generare un mutamento. Sara, Pietro, Lia e il piccolo Mario “sanno ascoltarsi”, guardarsi veramente negli occhi, accettarsi. Il “no” di Lia, la sua ribellione allo status quo, diventa il no di tutta la famiglia.
La madre si mette intimamente in discussione, manifesta dunque, con delicatezza e sofferenza, la sua capacità di cambiamento. Sara compie un percorso di allontanamento dal pregiudizio sociale, impara lei, madre, dalla propria figlia, anche lei fa la sua scelta: comprende il dolore di Lia, perché è per ella stessa dolore, la tiene stretta in un forte abbraccio per sostenerla e per far proprie quelle verità e quel bisogno profondo di giustizia, di felicità e di libertà.
Due donne, che sono madre e figlia, riescono così a rafforzare il proprio legame, a rinnovarlo, in un percorso di verità e di riconoscimento, l’una nell’altra.
Trama del “Primadonna”
Sicilia, anni Sessanta. Lia ha 21 anni, va a lavorare la terra con il padre, anche se lei è “femmina “e dovrebbe stare a casa a prendersi cura delle faccende domestiche con la madre. Lia è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando lo respinge, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio riparatore e trascina il colpevole e i suoi testimoni, in tribunale.
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