Tre minuti di Bianca Stigter, Et j’aime à la fureur di André Bonzel e Incident di Bill Morrison si sono aggiudicati i premi principali.
Menzione speciale a Gli ultimi giorni dell’umanità
di enrico ghezzi e alessandro gagliardo.
L’AAMOD mette a disposizione gratuitamente tre minuti delle sue immagini a tutti gli autori dei film in concorso.
Grandi numeri in sala e intensa partecipazione alla prima edizione di UnArchive Found Footage Fest, il festival internazionale dedicato al riuso creativo delle immagini, che si è svolto a Roma – tra Cinema Intrastevere, Accademia di Spagna, e Alcazar – dal 3 all’8 maggio.
Con circa 400 accreditati, oltre 3000 ingressi in sala, 2400 visitatori alle installazioni nello spazio del Tempietto del Bramante, 300 presenze ai panel tematici, il sold out nell’Aula Magna del CSC per la Masterclass di Radu Jude e la grande affluenza alle live performance dell’Alcazar, l’iniziativa ideata e prodotta dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico in collaborazione con Archivio Luce e con il sostegno del MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e di altre istituzioni pubbliche e private, si conclude con un bilancio estremamente positivo.
I direttori artistici Alina Marazzi e Marco Bertozzi hanno sottolineato come la comunità di autori, cinetecari, ricercatori, studenti, cinefili che ha accompagnato le sei giornate di UnArchive si sia incontrata con un più ampio pubblico di spettatori, spesso sorpresi dalla vastità di un orizzonte cinematografico normalmente sommerso.
La giuria internazionale, composta da Laurence McFalls, Ilaria Fraioli, Rä di Martino, ha assegnato il Premio UnArchive a Tre minuti di Bianca Stigter “per avere aperto un nuovo orizzonte metodologico nel riutilizzo delle immagini d’archivio. L’autrice espande un breve film fino in fondo alla sua potenzialità espressiva e di svelamento e grazie a questo metodo d’indagine riesce a rompere il confine tra microstoria e macrostoria, facendole camminare insieme”.
Ad aggiudicarsi il Premio per il miglior lungometraggio è stato Et j’aime à la fureur di André Bonzel, un film che “trasmette come i film di famiglia – i suoi, quelli di varie generazioni della sua famiglia e quelli di origine ignota – riescano a raccontare una storia personale intima, a catturare il sentire di una generazione e a farci riflettere sulla storia del cinema dai fratelli Lumière a oggi”.
Il Premio per il miglior cortometraggio è andato a Bill Morrison per Incident: “il suo film è allo stesso tempo una dichiarazione artistica e politica. Più che una denuncia delle violenze della polizia, il film di Morrison invita a riflettere sugli effetti perversi dati dalla diffusa presenza di telecamere di sorveglianza ed esplora le possibilità di riuso dell’emergente, onnipresente e onniveggente archivio video digitale”.
La giuria ha assegnato inoltre una menzione speciale a Gli ultimi giorni dell’umanità di enrico ghezzi e alessandro gagliardo, “un film passionale e intelligente che si muove in modo fluido tra l’immaginario collettivo e personale. La lunga esperienza nella risemantizzazione delle immagini dà al film una densa stratificazione espressiva che ne fa un’opera unica e libera”.
La seconda giuria, guidata da Daniele Vicari e composta da studenti provenienti da vari atenei e istituti specializzati, ha decretato come miglior corto Irani Bag, di Maryam Tafakory così descritto: “Come ci tocchiamo quando non possiamo toccarci? La regista di Irani Bag, ci porta dentro alla questione attraverso un quadro dei rapporti interpersonali in Iran. Tra l’uomo e la donna c’è una borsa, estensione del corpo femminile, arma e scudo nei momenti di conflitto, connessione sentimentale nei momenti d’intimità che l’occhio esterno non può e non deve assaporare. In Iran le borse sono raramente innocenti. Un tema così specifico assume un significato universale attraverso la forma del videosaggio, indagando sulla natura stessa del cinema e sulle sue potenzialità”.
Miglior lungometraggio per la Giuria Studenti è stato Radiograph of a Family di Firouzeh Khosrovani, “per la capacità di ricomporre l’album della sua famiglia realizzando un’architettura in cui il privato dell’autrice e la storia dell’Iran si specchiano. Lo sguardo della regista, attraverso il riuso poetico di materiali fotografici e audiovisivi pubblici e privati, supera le dicotomie e offre una soglia d’accesso empatica allo spettatore”.
Infine il Premio UnArchive secondo gli studenti è stato assegnato a 1970 di Tomasz Wolski “per la migliore rielaborazione del materiale d’archivio, attraverso l’uso originale e creativo del suono, per la capacità di far dialogare animazione e repertorio aumentando reciprocamente la potenza di ciascun elemento, per essere riuscito a dare un volto e una voce a persone e fatti che sarebbero rimasti celati. Le numerose fonti audiovisive mescolate variamente non risultano mai forzate, costruendo un universo verosimile e capace di dialogare con il nostro periodo storico”.
A conclusione del festival, l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ha voluto offrire gratuitamente a tutti gli autori del concorso tre minuti del proprio materiale d’archivio. L’auspicio è che i partecipanti ad UnArchive possano produrre presto nuove opere consolidando il felice rapporto avviato con l’AAMOD.
Tra gli apprezzamenti al festival ricordiamo le dichiarazioni dei vincitori del concorso internazionale.
Non posso credere che questo sia solo il primo anno di UnArchive: un festival coraggioso, maturo e ben pensato, che ha permesso di collezionare e riunire tutti questi ospiti insieme a giornalisti e componenti dell’industry (Bill Morrison)
È stata per me una fonte di ispirazione vedere tutti questi film e soprattutto capire, attraverso di essi, quanto ci mostrino una parte di noi stessi (André Bonzel)
Un premio speciale in un festival speciale e unico in una città davvero speciale e piena di storia. Ricevo questo premio anche a nome di tutto lo staff che ha contribuito a produrre questo film (Bianca Stigter)
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