Si è conclusa la 7ª edizione del Festival Cinema d’iDEA – International Women’s Film Festival, la manifestazione dedicata al cinema delle donne diretta da Patrizia Fregonese de Filippo che quest’anno si è tenuta in tre diverse location (Scena; Il Cantiere; Zalib).
Di seguito tutti i premiati dalla giuria composta da: la Presidente delle Women in Film Tv & Media Italia Domizia De Rosa, l’esperta di cinema e mediatrice interculturale Setareh Ali Doost Dafsari, il produttore italiano Lampo Calenda, la docente della Wellesley University di Boston Flavia Laviosa, l’attrice Liliana Mele e l’autore Italo Moscati.
MIGLIOR FILM: Once Upon A Time di Serpil Altin
Motivazione: “La Turchia è un paese con una cultura profondamente patriarcale e conservatrice. Solo nel 2022 ci sono stato 334 femminicidi accertati e altri 245 sospetti.
Nel 2021 la Turchia è uscita dalla convenzione di Istanbul perché incoraggia il divorzio, ‘distrugge’ la famiglia e protegge dalle discriminazioni di genere. Le donne turche hanno reagito manifestando per giorni. Le loro proteste sono state silenziate con la violenza dalla polizia, ma sono tornate a manifestare durante le ricorrenze del 25 novembre, l’8 marzo e per i Pride (e non solo). In questo contesto è più che mai importante ascoltare le loro voci e dare visibilità ai loro punti di vista, indagando il non detto e il simbolico.
Quest’anno a Cinema d’iDEA abbiamo ricevuto tanti film interessanti di registe turche che, ciascuno a modo suo, leggono e interpretano il contesto oppressivo nel quale operano.
C’era una volta sceglie la fantascienza distopica per parlarci del presente, e non a caso sono le donne che decidono di rovesciare un sistema falsamente benevolo. Dalla protagonista alla nonna, fino alla ragazzina, sono loro quelle che agiscono, reagiscono e decidono se omologarsi o ribellarsi, pronte a divenire creatrici e distruttrici di mondi asfittici. La maternità programmata o inaspettata si disvela come la scintilla che accende il desiderio e la necessità di libertà. In questo film distopico ma molto realistico, che affronta temi importanti ed attuali come quello dell’inquinamento, della scarsità di acqua e cibo e della scarsa attenzione, per non dire indifferenza e crudeltà con cui spesso vengono trattati gli anziani, vediamo un possibile terribile futuro di orwelliana memoria. La regia, la messa in scena e gli attori, il cui sorriso non tarda a rivelarsi come maschera tragica, ci trascinano nel loro mondo claustrofobico che con pochi studiati ‘orpelli’ disegnano con esattezza una possibile realtà.
Once Upon A Time è un monito per tutte e tutti a mantenere intatta la nostra umanità, a rispettare la natura, non cedere alla paura e rimanere sempre all’erta, pronte a combattere per il diritto di decidere del proprio destino”.
MIGLIOR DOCUMENTARIO: Noi donne iraniane di Anna Migotto e Sabina Fedeli
Motivazione: “Noi donne iraniane arriva impavido dritto al cuore, mostrandoci uno spaccato di realtà a noi inaccessibile. Ed è evidente il grande lavoro di ricerca e la difficoltà per ottenere le immagini che permettono di raffigurare un quadro completo e preciso dell’Iran contemporaneo.
Il montaggio incalzante tra fatti di cronaca e testimonianze di chi è riuscito a fuggire e di chi, invece, è ancora costretto a nascondere il proprio volto, ci fa immedesimare nell’impotenza che il popolo iraniano è costretto a vivere, ci commuove e ci fa capire che il pericolo, sempre presente è anche quello di non sapere, di non comprendere, di rimanere indifferenti.
La forza irruenta dei giovani iraniani raggiunge lo spettatore attraversando lo schermo. Una forza che getta il cuore oltre l’ostacolo di qualsiasi conseguenza possibile. Anche quella della morte. È l’energia spinta da un diritto negato che per molti è la normalità di tutti i giorni: la libertà”.
PREMIO AL CORAGGIO: This Is Not Me di Jeyan Kader Gulsen e Zekye Kacak
Motivazione: “Ambientato in una Turchia che ha subito negli ultimi vent’anni una svolta sociale conservatrice, imponendo radicali cambiamenti nei costumi e nelle fondamentali libertà individuali di uomini e donne, This Is Not Me è un feroce ritratto di uomini costretti a reprimere la propria omosessualità e a sposarsi con delle donne.
Ad oggi, infatti, la Turchia è al 130° posto su 153 paesi per il divario di genere, dove più di 3 milioni di donne non hanno lavoro e in alcune aree la gente disapprova quelle che lavorano. Ed è proprio per questo che un film così delicato e poetico come This Is Not Me acquista una duplice valenza artistica e socio-politica per aver affrontato un argomento tabù come l’omosessualità nelle società islamiche.
La giuria ha deciso di premiare il coraggio della regista e dei protagonisti che si sono messi a nudo nel raccontare il loro mondo e le loro vite, incastonate in una città splendida come Istanbul ed il meraviglioso Bosforo che divide, non solo geograficamente, l’Asia dall’Europa”.
MIGLIOR ATTRICE: Selen Öztürk per il film Once Upon A Time di Serpil Altin
Motivazione: “Nella claustrofobica distopia di Once Upon A Time, Selen Öztürk interpreta il personaggio chiave nel quartetto dei protagonisti costretti alla convivenza dalle regole costruite a tavolino dalla società post-rivoluzionaria e post-cataclismica, che gestisce ogni loro bisogno, dal cibo all’abitazione, dal lavoro alle cure. Öztürk dà corpo ai paradossi della matrigna che deve diventare madre, della figlia che deve diventare orfana, della sposa che deve diventare vedova, nonché della lavoratrice che deve restare senza lavoro. Una rotellina nell’ingranaggio dallo sguardo apparentemente vuoto e i movimenti meccanici, un numero tra i numeri, una prigioniera tra prigionieri. Ma pian piano il dubbio si insinua e la marionetta prende vita, iniziando a prendere decisioni estreme. Lavorando prima di sottrazione e poi di subitaneo accumulo, Öztürk ci porta dentro le prigioni multiple del suo personaggio, ci obbliga a cercare sul suo volto tracce della sua vita interiore per poi frastornarci con esplosioni che ci fanno percepire le profondità di una rabbia furiosa. E così la distopia ci ricorda delle mille condizioni femminili oppresse da sistemi e regolamenti. Tuttavia, la scoperta del piacere sensuale del mordere una mela, ci fa illudere che la prigioniera possa scatenare la sua furia e stravolgere il sistema”.
MIGLIOR FOTOGRAFIA: 5 Nanomoli di Elisa Mereghetti e Marco Mensa
Motivazione: “La fotografia di 5 Nanomoli offre allo spettatore due immaginari diversi, due punti di vista diversi, quello dei registi e quello della protagonista.
Da un lato presenta uno sguardo naturale, impersonale, pulito, quasi da reportage; dall’altro permette allo spettatore, attraverso l’uso sapiente della luce, di immergersi profondamente nel mondo di Valentina, simulando e riproducendo attraverso le tecniche di ripresa la visione particolare e offuscata dovuta alla sua disabilità, perché ipovedente. Il pubblico, così, entra e si immedesima in lei, percependo ciò che accade nell’intimo del suo mondo interiore”.
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO: The Dream Of A Horse di Maryan Khosravi
Motivazione: “Le immagini di questo breve docufilm colpiscono lo spettatore per la semplicità e la bellezza del contesto in cui vive una famiglia nomade di dieci persone. Un posto che sembrerebbe fuori dal mondo e che l’essere umano ha ormai dimenticato da tempo. Vivere immersi nella natura, tra vallate verdi, montagne rocciose, capre e cavalli, il tutto allo stato brado, senza corrente elettrica e tutte le comodità a cui siamo ormai abituati da più di un secolo. Fra gli otto bambini che compongono la famiglia c’è lei, Shahnaz, la più grande, che racconta delle storie ai cavalli del padre. Ed è proprio da lei che emerge la forza, la determinazione e il desiderio di studiare, nonostante la strada per arrivare alla scuola sia lunghissima e impervia, nonostante lavori quasi tutto il giorno, con pochi spazi per il riposo, mentre i maschi giocano. Shahnaz, invece, deve fare tanti lavori manuali e faticosi, i cosiddetti lavori “da donne”. Ma questa bambina non solo vuole studiare, emanciparsi e ribellarsi al potere patriarcale che la vuole per forza sposa a soli 15 anni. Shahnaz ha anche un grande dono, è una creativa e scrive racconti e poesie sostenuta dal suo insegnante.
Un docu-corto che insegna a vivere e che rappresenta un modello di empowerment femminile per tante bambine e ragazze anche più fortunate di Shahnaz”.
MENZIONE SPECIALE: Il canto delle cicale di Marcella Piccinini
Motivazione: “Il canto delle cicale è una poesia visiva. Un epitaffio. Un’esperienza collettiva di arte-terapia per guarire dai sensi di colpa, dall’incertezza, dalle frustrazioni e dall’impotenza che proviamo di fronte all’immenso dolore del lutto e della perdita. Questo tentativo di guarigione dell’anima offertoci dalla regista/figlia, accompagnandoci nei labirinti del suo personale vissuto con delle emozionanti e meravigliose immagini, ci ricorda perché la vita e l’amore meritano di essere vissuti fino in fondo e a pieno, malgrado siano destinati a finire e a lasciarci segni profondi. Ma ci ricorda anche come la natura sia capace, da sola, di mitigare il dolore e lo straniamento della perdita”.
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