di Placido Salamone
Nell’ immaginario comune, Palermo appare una città brulicante di chiese, monumenti e opere d’arte dal valore inestimabile, animata da rumorosi quartieri popolari attigui a sontuosi edifici nobiliari. I suoi colori vivaci e folkloristici esaltati da un clima indulgente in tutte le stagioni, un mare di una bellezza struggente e una tradizione culinaria irresistibile fanno da cartolina ad un città dal grande fascino, Una città aperta, che ti accoglie e ti riscalda.
Del resto il suo destino è nell’etimologia del suo nome “Pan” e “Hòrmos”, tutto porto: Palermo non ha mai rinnegato l’identità multiculturale contenuta nel suo nome. Porto accogliente, approdo naturale, la sua storia è un crocevia senza pari di civiltà. Palermo è multietnica, accogliente, in lei si fondono culture, filosofie e religioni diverse.
La sua immagine è singolare, la sua apertura all’immigrazione si presenta coraggiosa, spesso controcorrente.
La ragione sta anche sui suoi numeri, dove il 3,9% della popolazione è formato da circa 26.000 stranieri (senza doppia cittadinanza) e circa 4.000 (con doppia cittadinanza) per un totale di circa 30.000 stranieri appartenenti a 130 nazionalità diverse.
Negli ultimi anni la città ha lavorato molto sull’integrazione straniera, proponendosi come esempio per l’Italia e l’Europa grazie anche e soprattutto al ruolo svolto dalla Consulta delle Culture, un organo consultivo istituito nel 2013 in seno al consiglio comunale di Palermo, formato dai rappresentanti delle comunità straniere presenti in città. Un organo che si impegna nel garantire integrazione nel reciproco scambio tra cittadini di nazionalità diverse
La Consulta delle Culture è un organismo che lavora costantemente e concretamente, è fatta di sostanza, di politica della differenza tra cittadine/i della comunità e non.
Grazie alla Consulta delle Culture, Palermo negli ultimi anni ha dato la cittadinanza a circa 3000 stranieri, circa la metà sono di origine asiatica; le etnie si mescolano, si concentrano per quartieri, alcune comunità sono più precarie, altre più inserite, gli uomini sono più delle donne. Sono invece moltissime le bambine e i bambini stranieri nati a Palermo, radicati come seconda generazione nella vita scolastica e professionale della città, esempi concreti di percorsi di integrazione e identità portati a compimento.
Ogni progetto sostenuto e portato avanti è il risultato dell’impegno e della determinazione di uomini e donne eccezionali, angeli votati al bene che spendono risorse ed energie per il comune interesse e per donare a nuove generazioni d’ italiani un’esistenza più dignitosa.
Tra questi angeli troviamo Dasililla Oliveira Pecorella, brasiliana. La prima donna eletta con il 100% dei voti nelle elezioni elettive del Comune e con la maggioranza dei voti di 16/20 per occupare un ruolo nell’ufficio di presidenza.
Dasililla è una donna eclettica, straordinariamente colta e sensibile a cogliere le divere sfumature che il suo incessante ruolo di dialogo gli impongono. Impegnata nel sociale e soprattutto, dopo la storia personale che l’ha vista vittima di violenza per due anni consecutivi è divenuta negli anni un simbolo di lotta contro ogni abuso, al centro di appuntamenti, incontri e si-tin per sottolineare che la violenza sulle donne non è solo fisica, sessuale, ma anche psicologica ed economica. La violenza sulle donne nella fattispecie della multiculturalità trova spazio e alienazione nella paura di non essere credute, nella solitudine per la mancanza dei propri familiari, nella differenza della lingua rispetto al territorio di appartenenza, nel disagio economico in cui spesso le donne si ritrovano nel territorio in cui vanno a vivere e nello sfruttamento economico a cui sono sottoposte.
Il punto di partenza quindi rimane la denuncia di ogni abuso e la necessità di un’emancipazione culturale ed economica. Del resto Dasililla coordinatrice contro la Tratta di essere umani e la Violenza sulle donne della Consulta delle Culture, lavora da diversi anni con gli istituti scolastici palermitani per un corretto messaggio educatore alle nuove generazioni.
Dopo la parola educazione, la parola dialogo è il secondo imperativo della giovane signora. Dialogo culturale ma anche inter-religioso di cui Dasililla comprende benissimo le problematiche convivendo con culture religiose differenti anche nel suo ambito familiare avendo una nonna ebrea, un nonno cattolico ed una madre protestante e comprendendo le barriere che esse rappresentano. Soltanto la conoscenza, il rispetto delle diversità, degli usi e tradizioni e la capacità di dialogare e trovare un punto d’incontro, rendono eccezionale nel suo ruolo questa donna dalle maniere garbate a cui gravano responsabilità ed impegni notevoli e rendono unica e geniale la sua figura.
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