di Salvatore Scalisi
La Sicilia è caratterizzata da una pagina poco conosciuta e che invece andrebbe riportata all’attenzione delle nuove generazioni. Dopo l’Unità d’Italia e lo smantellamento delle industrie del Regno delle Due Sicilie, e la riduzione dell’attività agricola, le popolazioni siciliane, come quelle delle altre regioni del Mezzogiorno, si sono dovute confrontare con una carenza di lavoro e l’impossibilità di mantenere le proprie famiglie.
Inizia quindi un periodo di grande emigrazione… un’emozionante migrazione che spesso ci viene raccontata attraverso foto di piroscafi in viaggio verso gli Stati Uniti o tramite anziani che ci raccontano di un parente partito per… Ma nessuno ci racconterà che per pagare quel viaggio molti hanno dovuto vendere le proprie proprietà ai “cappeddi,” precursori dei trafficanti di uomini di cui parliamo oggi.
Chissà quanta gente è partita, una storia tramandata verbalmente: “Il cugino… è partito per… Chissà quanti sono morti durante la traversata, nelle stive dei piroscafi, e quando i nostri emigrati arrivavano negli Stati Uniti, venivano accolti con una bella doccia fredda.
Tutta questa storia segna una ricchezza della nostra terra perché, in quanto isola e in quanto isolani, siamo rimasti sempre attaccati a questo lembo di mare nel Mediterraneo, a questa terra piena di storia come ci raccontano altri e come noi stessi possiamo constatare attraversando le sue contrade, le sue città e i suoi paesi.
Siamo alla terza e in qualche caso alla quarta generazione, e dai nostri emigrati, adesso i nipoti e pronipoti, hanno scalato la società nella quale si sono inseriti o sono stati inseriti. Il turismo delle radici deve restituire dignità e ruolo alle radici siciliane e italiane che, tramite i loro discendenti, si sono sapute imporre culturalmente nei territori dove si sono insediate. Una storia di cui sono testimone, accaduta nei primi anni ’80.
Ospitavamo a Palermo una delegazione dell’Italian Labour Council e un giorno uno dei componenti della delegazione mi chiese la cortesia di portarlo al paese da cui era partito suo nonno. Lui aveva già 75 anni… Approfittando di un’escursione turistica, abbandonammo il gruppo e lo accompagnai…
Arrivati là, cominciammo a chiedere chi si ricordava di… dove abitassero i suoi discendenti, ecc. Dopo circa un’ora di domande e di fermare le persone, un anziano ci indicò una casa diruta e abbandonata… da lì erano partiti… tutti… nessun discendente era in paese.
Frank, il mio amico, si sedette sul gradino di quella che era la casa di suo nonno e della sua famiglia di origine e si mise a piangere come un bambino. Vedere un gigante di 75 anni piangere come un bambino è un ricordo che non si toglierà mai dai miei occhi. Mi sedetti accanto a lui. Un silenzio profondo calò tra di noi.
Il nuovo turismo delle radici deve superare ostacoli e difficoltà, ma soprattutto deve restituire dignità e prospettive di futuro a chi è rimasto e a chi è partito.
Altri articoli
Peppe Barra: incontro con ritratto di Augusto De Luca
Everhome Suites continua a dimostrare una forte crescita con nuove importanti aperture in North Carolina e Wyoming e un’inaugurazione in Tennessee
Cinquanta sfumature di rosso: Il corso di Burlesque per un Capodanno da Regina