Alla domanda di apertura di Fabio Fazio, “Come sta?”:
Mi viene da dirti, ancora vivo!
Sull’ipotesi di dimissioni:
Non è né un pensiero, né una preoccupazione e neppure un desiderio, è una possibilità, aperta a tutti i Papi. Ma per il momento non è al centro dei miei pensieri, delle mie inquietudini, dei miei sentimenti. Per il tempo in cui mi sento di avere ancora la capacità di servire, vado avanti. Quando non ce la farò più sarà il momento di pensarci.
Sulle guerre, dall’Ucraina a Israele e Gaza fino allo Yemen e tutte le guerre dimenticate:
C’è un’apparente autodistruzione, è difficile fare la pace, non so perché. Quando nel 2014 sono andato a Redipuglia ho visto il risultato di quella strage e ho pianto. Ogni primo novembre vado in un cimitero a celebrare; quando sono andato ad Anzio c’erano ragazzi giovani, tutti morti. L’ultima volta sono andato al Cimitero Inglese, guardavo le età e pensavo alle mamme che ricevono quella lettera: ‘Signora ho l’onore di dirle che suo figlio è un eroe…’. ‘No, io voglio il figlio, non l’eroe’. E pensiamo a cosa significa una guerra, pensiamo allo Sbarco in Normandia di cui è stato celebrato tempo fa l’anniversario ma sulla spiaggia della Normandia sono rimasti 20.000 ragazzi… questa è la guerra!
Sull’impegno del Papa verso la pace e sulle reali possibilità di arrivare alla fine dei conflitti, al di là della speranza:
La speranza è come la forza che ci porta avanti. La speranza non delude, mai. C’era la Turandot che diceva che deludeva.. ma adesso la speranza non delude, mai delude. Dobbiamo aggrapparci alla speranza. L’immagine della speranza è l’ancora, che tu la butti e vai avanti, aggrappato alla corda per arrivare alla spiaggia. E quest’ancora mai delude. Ma siamo noi a fabbricare delle delusioni, tante, criminali. Tutti i giorni sento telefonicamente la parrocchia di Gaza, mi raccontano le cose terribili che succedono, quanti arabi morti e quanti israeliani morti, due popoli chiamati a essere fratelli, che si distruggono l’un l’altro. Questa è la guerra: distruggere!
Sull’idea che la parola pace sia un pensiero che abita le menti ingenue e che la guerra sia parte della natura umana:
La guerra è cominciata all’inizio della Creazione, con Caino e Abele, sono iniziate le inimicizie, i crimini di guerra. Poi nella storia sempre ci sono state le guerre. La guerra è un’opzione egoistica, che ha questo gesto: prendere per me. Mentre la pace ha il gesto contrario: dare, e dare la mano. È vero che è rischioso fare la pace, ma è più rischiosa la guerra. Vediamo le due guerre che sono vicine adesso, ma pensa che da quando è finita la Seconda Guerra Mondiale ad adesso – ho detto – non sono mai finite le guerre. Adesso vediamo quella Ucraina-Russia e Palestina-Israele… Come mai non si può fare la pace? Dietro le guerre, diciamolo, con un po’ di vergogna, c’è il commercio delle armi. Diceva un economista che in questo momento gli investimenti che danno, interessi, più soldi sono le fabbriche delle armi. Investire per uccidere. Questa è una realtà, io non suono il violino, questa è realtà.
Alla domanda: “Cosa passa nelle menti di chi progetta la guerra? Sono uomini come noi, ma cosa li porta a tali decisioni?”:
È difficile esprimere una motivazione generale. In alcuni il senso di patriottismo, in altri l’interesse economico, in altri l’idea di fare un impero e mandare avanti il potere del dominio. Ognuno ha le motivazioni proprie, ma le guerre sono sempre per distruggere. Guarda le immagini delle guerre adesso, guarda le immagini della striscia di Gaza, guarda quelle della Crimea o dell’Ucraina. Distruggere. Un’esperienza che ho avuto un paio di anni fa, sono andato in visita in un paese europeo, dovevo fare da una città a un’altra in elicottero ma quel giorno c’era la nebbia e abbiamo fatto un paio di ore di macchina. La gente nei villaggi sapeva del mio passaggio tramite la radio e mi aspettava. C’erano bambine e bambini, coppie giovani, coppie di mezza età, c’erano nonne e signore anziane ma raramente qualche anziano. Cosa significa questo? La guerra… Questi uomini non sono arrivati alla vecchiaia. La guerra è così, distrugge, uccide.
Sui bambini e su cosa significa la guerra sulla loro pelle:
Mercoledì scorso è venuta una delegazione di bambini dell’Ucraina, hanno visto qualcosa della guerra e, dico una cosa Fabio, nessuno di loro sorrideva. I bambini spontaneamente sorridono, io gli davo delle cioccolate e loro non sorridevano. Avevano dimenticato il sorriso e che un bambino dimentichi il sorriso è criminale. Questo fa la guerra: impedisce di sognare.
Sui bambini sfruttati, abusati, affamati, usati per la guerra:
I bambini sono i grandi sfruttati, i grandi scartati. E dimentichiamo che loro sono il futuro, ma noi togliamo il futuro ai bambini. Poi quando arrivano a vent’anni e finiscono in carcere noi diciamo: ‘ah questa generazione sporca guarda le cose che fa…’. Ma siamo stati noi, è stata la società, ad educarli così. Non perché gli è stato detto di uccidere o di rubare, ma perché sono stati messi ai margini, come scarti. È terribile, questa è una condanna a morte per i bambini. Nel mese di giugno si farà il primo incontro mondiale dei bambini qui a Roma. Quando abbiamo fatto l’incontro con i bambini c’erano 7500 bambini di tutto il mondo, da Paesi di pace e di guerra, ma adesso ne faremo un altro, per cercare di attirare l’attenzione sul fatto che i bambini sono il futuro. Ma sono il futuro con le cose che noi gli daremo: o li faremo crescere bene o li faremo crescere male.
Alla domanda: ‘Se siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, perché siamo capaci di provocare tanto dolore? Da dove arriva il male?’
Il male arriva dal proprio cuore, sempre. Noi abbiamo la possibilità di scegliere sempre: o il bene o il male. Il cuore ha la capacità di fare il male da sempre, fin dall’inizio. Pensa alla lite dei fratelli Caino e Abele. E poi pensa a tutte le guerre che si sono susseguite. Il cuore ha la capacità di fare il bene o il male, qui si radica la propria libertà, l’uomo è libero. Tante volte è condizionato da questioni politiche e sociali, abbiamo parlato dei bambini, di come sono condizionati, ma il cuore dell’uomo è libero. E quando un capo di stato decide di fare una guerra – una guerra offensiva, non difensiva – lo fa con libertà. E poi non dimentichiamo che il commercio che oggi dà di più è il commercio delle armi. E tante volte le guerre si continuano, si fanno più ampie, per vendere le armi o per provare armi nuove. La gente che muore è il prezzo che si paga.
Sulla frase del Papa nell’ultima ospitata a Che tempo che fa “Il perdono è un diritto” e sul fatto che valga per tutti:
Il perdono è per tutti. Una volta una persona molto saggia, semplice mi ha detto: “Dio non si stanca di perdonare, mai. Dio perdona sempre perché è da Lui il perdono, ma siamo noi a stancarci di chiedere perdono. E questo è il problema. Il cuore aperto al perdono viene subito preso dal cuore di Gesù che perdona tutto, ma il cuore indurito nostro diviene incapace di chiedere perdono e questa è una cosa molto brutta, la incapacità di chiedere perdono. E da lì viene una certa incapacità ad essere perdonato. Ma non perché il Signore non perdona, no, perdona tutto. In questo è “pazzo di amore”, diciamo così. Ma noi, siamo noi a stancarci di chiedere perdono delle volte. Il Signore aspetta, bussa alla porta di tanti cuori perché abbiano questa capacità di riconoscere il male che stanno facendo. Pensa a questi fabbricanti di armi, che sono fabbricanti di morte. Il Signore è vicino a loro, tocca il cuore per portarli a un cambio di vita e il Signore non si stanca di perdonare. Ricordiamo questo. Dio mai si stanca di perdonare. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Questo non dimenticarlo mai.
Su Dio e su come la sua vicinanza, compassione e tenerezza possa aiutarci nel dolore:
Dirò due direzioni: di avvicinarsi noi al Signore oppure lasciare che il Signore si avvicini a noi. Delle volte in alcune circostanze, la guerra per esempio, noi abbiamo rabbia nel cuore e ce la prendiamo con il Signore: ‘Ma perché permetti che accadano queste cose? Perché lasci che ci distruggiamo così?’. Ma il Signore è vicino e la vera strada è lasciare che si avvicini. Delle volte il Signore viene presentato come il giudice implacabile. È vero è giudice, ma è vicino, compassionevole e misericordioso.
Alla domanda su come possano stare insieme misericordia divina e punizione divina:
È la punizione di papà e mamma con il bambino, quando gli danno qualche castigo o qualche penitenza per correggerlo. Il Signore, diciamo così, castiga per correggere, castiga con amore. È come una mamma o un papà quando dà (mima uno sculaccione al bambino ndr) – se è una brava mamma o un bravo papà – ha più dolore nella mano il genitore, che non il bambino nel sedere. Guai al papà e alla mamma che non sentono dolore quando bacchettano un po’ il bambino, qualcosa non va lì.
Sul significato della frase dell’Atto di dolore: “…perché peccando ho meritato i tuoi castighi”:
Non so se questa frase sia fuorviante, ma è un’espressione letteraria. Il peccato merita il castigo. Se una persona fa una cosa brutta il giudice lo mette in carcere. Ma è un’espressione troppo dura dell’amore di Dio… A me piace di più dire: ‘Perché peccando ho rattristato il tuo cuore’. Perché il cuore di Dio è anche un cuore umano, Lui si è fatto uomo. E Lui si rattrista quando vede la nostra durezza di cuore, il nostro andare avanti con i nostri egoismi. Ma una cosa bella che mi piace pensare è che Lui ci castiga accarezzandoci. Perché Lui ci mette in difficoltà perché noi riflettiamo sulle cose brutte che abbiamo fatto e cambiamo vita. Lui è il grande perdonatore, non si stanca di perdonare….Sempre.
Alla domanda se si può chiedere tutto a Dio, anche le cose più banali:
Sì, si può chiedere tutto a Dio, anzi penso che a volte siamo proprio timidi, non abbiamo il coraggio di chiedere tutto al Signore. Ma il Signore dice nel Vangelo: ‘Chiedete e avrete’. Chiedete. Chiedete. Quella saggezza cristiana di imparare a bussare alla porta del cuore di Dio.
Sulla frase pronunciata dal Papa alla Giornata mondiale della Gioventù in Portogallo ‘Todos, todos, todos, la chiesa accoglie tutti, non esclude nessuno’ e sul fatto che questo concetto possa non piacere a coloro che sul giudicare e sulla punizione hanno costruito il loro potere:
La Chiesa ha questa dimensione cordiale, che viene dal cuore. Tutti, tutti a casa, tutti dentro. Lo dice il Signore in quella parabola che mi piace tanto, quando gli invitati alle nozze del figlio non sono venuti perché ognuno aveva i propri interessi, cosa dice il Signore ai suoi aiutanti? ‘Andate agli incroci delle strade e portate tutti, buoni e cattivi, sani e ammalati, giovani e vecchi, tutti’, tutti, tutti. Tutti dentro. Questo è l’invito del Signore. Ognuno con il proprio fardello, perché ognuno ha il suo, e il Signore dice: tutti. Lo dice il Signore, non lo dico io. Il problema è quando noi facciamo delle selezioni.
Alla domanda: ‘Lei si sente solo? Soprattutto quando fa delle scelte che provocano reazioni di dissenso di una parte della Curia romana o nell’episcopato o in alcuni fedeli? Penso per esempio alla recente nota del Dicastero per la Dottrina della Fede sulle benedizioni che lei ha approvato che prevede di benedire anche coppie irregolari e anche coppie dello stesso sesso…”
Sì, dici vero, quando prendi una decisione, c’è un prezzo di solitudine che tu devi pagare e delle volte le decisioni non sono accettate, ma la maggior parte delle volte, quando non si accettano le decisioni, è perché non si conosce. Io dico, quando a te non piace una decisione, vai a parlare e dì i tuoi dubbi e porta avanti una discussione fraterna. Il pericolo è che una cosa non mi piace e me lo metto nel cuore e così divengo una resistenza e faccio delle conclusioni brutte. Questo è successo con queste ultime decisioni sulla benedizione a tutti. Il Signore benedice tutti, tutti, tutti. Il Signore benedice tutti coloro che sono capaci di essere battezzati, cioè ogni persona. Ma poi le persone devono entrare in colloquio con la benedizione del Signore e vedere cosa è la strada che il Signore gli propone. Ma noi dobbiamo prendere per mano e aiutarli ad andare in quella strada, non condannarli dall’inizio. E questo è il lavoro pastorale della Chiesa. Questo è un lavoro molto importante per i confessori. Io sempre dico ai confessori: voi perdonate tutto e trattate la gente con molta bontà come il Signore ci tratta a noi. E poi se tu vuoi aiutare la gente, poi puoi parlare e aiutarli ad andare avanti, ma perdonare tutti. In 54 anni di prete che io ho – questa è una confessione – 54 anni che sono prete, io sono vecchio! In questi 54 anni ho negato soltanto una sola volta il perdono, per la ipocrisia della persona. Una volta. Sempre ho perdonato tutto, ma anche dirò con la consapevolezza che quella persona forse ricadrà, ma il Signore ci perdona. Aiutare a non ricadere o a ricadere meno, ma perdonare sempre. Un grande confessore, che ho fatto cardinale nell’ultimo concistoro, è un uomo di 94 anni, un frate cappuccino dell’Argentina. E lui è un grande perdonatore, come diciamo noi, “manica larga”, perdona tutto. E una volta è venuto all’episcopio quando io ero arcivescovo lì e mi ha detto: “Senti Giorgio, io ho questo problema, io perdono troppo e delle volte mi viene la sensazione che non sta bene” – E cosa fai Luigi? – Vado in cappella e chiedo perdono al Signore: “Signore scusami, ho perdonato troppo – Ma senti sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”. Questo è vero, noi dobbiamo perdonare tutto perché Lui ci ha perdonato. Lui ci ha dato questo cattivo esempio.
Sulla riforma secondo lui più urgente della Chiesa.
La riforma dei cuori, per tutti i cristiani. Le strutture vanno conservate, cambiate, riformate secondo la finalità. E questo io – oso dire – che può anche essere una cosa meccanica – nel buon senso della parola – ma le strutture vanno sempre aggiornate, usiamo questa parola positiva: cambiare per aggiornare. Ma il cuore va riformato tutti i giorni, cambiare il cuore. Questo è un lavoro di tutti i giorni. Quando noi sentiamo nel cuore qualche cattiveria, l’invidia per esempio, quel vizio giallo, così mi piace chiamarlo, che rovina tutti i rapporti. Dobbiamo pentirci e cambiare il cuore continuamente e stare attenti a cosa succede nel mio cuore per cambiare. Cambiare e poi cambiare le strutture, le strutture vanno cambiate perché la storia va avanti. Le cose che andavano bene il secolo scorso adesso non vanno bene. Ma la vera libertà è cambiarle, perché non sono cose assolute in sé stesse ma relative al momento storico.
Su cosa invece non cambia mai.
Incominciamo dal Signore. Lui è l’Eterno, ma siccome il Signore ha cuore, cambia pure qualcosa, va cambiando, si dice che cambia l’atteggiamento, è un modo di dire, perché è tanto buono che è capace di avvicinarsi alle nostre debolezze e cambiare forse una condanna in un perdono, questo è il Signore. Ma la lealtà, la rettitudine di intenzione, queste cose non cambiano, o sei onesto o non sei onesto, gli atteggiamenti morali in astratto non cambiano, nel concreto cambiano a seconda delle situazioni.
Sul tema dei migranti e l’incontro con Pato, il padre della piccola Marie e marito di Matyla, morte di fame e sete mentre attraversavano il deserto fra Tunisia e Libia.
Col problema dei migranti c’è tanta crudeltà, nel trattare questi migranti, nel momento in cui escono da casa loro fino all’arrivo in Europa. C’è un libro molto bello, piccolino, si legge in poche ore, “Fratellino” “Hermanito” in spagnolo, lo scrisse un migrante, che ha speso 3 anni per venire dalla Guinea in Spagna, ha scritto questi 3 anni di schiavitù, le sofferenze, le torture, questo fa la gente presa da questa mafia, che li sfrutta. È venuto a vedermi l’altro giorno, perché adesso lavora in Spagna, per ringraziarmi di aver parlato del suo libro. Ma tutta una vita, come quella di Pato, che ha perso la moglie, la figlia, e tanti altri… L’altro giorno c’era un altro caso di una persona torturata, i delinquenti avevano chiesto una bella somma per lasciarlo libero; così succede nelle coste libiche. Grazie a Dio abbiamo trovato il benefattore che ha pagato e lui è arrivato. I migranti sono trattati tante volte come cose, penso alla tragedia di Cruto, lì davanti, annegati. Ognuno ha il diritto di rimanere a casa o di migrare; è vero che in questo momento in Europa sono 5 i Paesi che ricevono i migranti, Cipro, Grecia, Malta, Italia, Spagna. Non chiudete le porte, per favore! Alcuni di questi Paesi non fanno figli, hanno bisogno di manodopera, in alcuni di questi Paesi ci sono villaggi vuoti. Una bella politica della migrazione aiuta anche i Paesi sviluppati, dobbiamo prendere il problema dei migranti nelle mani, togliere tutte queste mafie che sfruttano i migranti e andare avanti, risolvere il problema sia della necessità delle persone e dei Paesi e dell’immigrazione; migrare è un diritto, rimanere in patria un altro diritto. Bisogna rispettare ambedue. Una politica, a capo di un governo molto importante in Europa, una volta ha detto che il problema dell’immigrazione africana si risolve in Africa, aiutare a sviluppare l’Africa perché non abbiano la necessità di venire. Il problema dei migranti è molto importante, se voi avete un po’ di tempo leggete questo libro, ‘Fratellino’, è la storia dura dell’immigrazione.
Sul perché chiede spesso di pregare per lui.
Perché io sono peccatore e ho bisogno dell’aiuto di Dio per rimanere fedele alla vocazione che Lui mi ha dato. Ognuno ha la propria vocazione e deve portarla avanti, tu hai la tua e fai tanto bene la tua professione, che nasce dalla vocazione del cuore. Il Signore mi ha chiamato a fare il prete, il Vescovo. Come Vescovo ho una responsabilità molto grande nei confronti della Chiesa, riconosco le mie debolezze, per questo devo chiedere le preghiere, che tutti preghino per me affinché sia rimasto fedele nel servizio del Signore, che non finisca in un atteggiamento di pastore mediocre che non si prende cura dell’ovile. Il pastore è in mezzo al gregge per sentire l’odore del gregge, il Papa deve conoscere com’è il gregge. Il pastore è dietro il gregge, per aiutare, andare avanti, a volte per lasciare che il gregge col fiuto cerchi nuovi pascoli. Il pastore invece è davanti per guidare. Per questo ho bisogno di preghiere, perché io non manchi di essere pastore, il Signore ci ha chiamati per essere pastori di popolo e, mi piace dire, non chierico di Stato. Non un Monsieur l’Abbé de l’Ecole Française.
Su come immagina il volto di Dio quando prega.
Uso immagini del Vangelo, mi piace immaginarlo come un papà generoso che riceve il figlio che se n’è andato, ha speso una fortuna e torna ferito. Lo riceve. Dice il Vangelo che il figlio aveva preparato un discorso, ‘Papà, ho peccato contro il Cielo, contro di te’, ma il papà con un abbraccio quasi non l’ha lasciato parlare. A me piace pensare il Signore con questo abbraccio, Quando io vado a dire: “Ma, ho fallito in questo…” mi piace pensarlo, con la mano che mi fa così, e mi dice: “Ma vai avanti, vai avanti, continua ad andare avanti”. Il Signore che ci spinge ad andare avanti, che non si scandalizza dei nostri peccati, perché Lui è padre, e ci accompagna. Lui dà per scontato che siamo peccatori. Il problema è suo, se accompagnare i peccatori o mandarli all’inferno subito. Lui sceglie di accompagnarci. Per questo ha inviato suo Figlio, per accompagnarci, il Signore ha inviato suo Figlio nel mondo non per condannarlo ma per salvarlo. Così dice la liturgia.
Su quanto sia difficile immaginare allora l’inferno.
Sì, è difficile immaginarlo. Quello che dirò non è un dogma di fede ma una cosa mia personale: a me piace pensare l’inferno vuoto, spero sia realtà!
Se ha in previsione un viaggio in Argentina e se è preoccupato per il suo Paese.
Sì, mi preoccupa perché la gente sta soffrendo tanto. È un momento difficile per il Paese. È in piano la possibilità di fare un viaggio nella seconda parte dell’anno, adesso c’è un cambio di Governo, ci sono cose nuove e anch’io ho degli impegni. Ad agosto devo fare un viaggio in Polinesia, dopo si farebbe in Argentina, se si può fare, ma io vorrei andarci… 10 anni sta bene, va bene, posso andarci.
Il primo ricordo materiale pensando a casa sua in Argentina.
La prima cosa sono i nonni. Siamo in cinque, mamma ha avuto il secondo figlio quando avevo 13 mesi. Ancora ero un bambino da accudire. I nonni abitavano a 40 metri, la nonna veniva al mattino, mi portava a casa sua, passavo tutto il mattino, pranzavo con loro e poi mi riportava a casa. Questo è un bel ricordo e questo è il motivo per cui la mia prima lingua non è stato lo spagnolo ma il piemontese, perché loro parlavano piemontese.
Su cosa gli fa paura.
Qualcosa sì, mi fa paura. Alcune cose mi fanno paura. Ad esempio questa escalation bellica mi fa paura, questo portare avanti passi bellici nel mondo, uno si domanda come finirà, con le armi atomiche adesso che distruggono tutto, come finiremo, come l’arca di Noè? Questo mi fa paura, la capacità di autodistruzione che oggi ha l’umanità.
Su cosa lo fa ridere o sorridere.
La tenerezza dei bambini mi fa sorridere. E poi i nonni, sono i miei coetanei, mi piace parlare con i nonni, hanno saggezza. Non dimenticare queste due capacità che dobbiamo avere, parlare coi bambini, ascoltarli, farli ridere, e coi nonni, ascoltare le loro storie. Qualcuno dice: “Ma sono noiosi, sempre raccontano lo stesso…” Ma sono storie di vita, questo aiuta pure”.
Se è d’accordo con chi dice che senso della vita sia imparare ad amare.
È un modo di dire e una grande verità, si può riassumere che il cammino della vita è imparare ad amare, amare di più. C’è tanta gente che ha dato esempio di amore eroico, che li ha portati alla morte, dare la vita per gli altri. Mi piace questa formulazione”.
Un messaggio finale:
Grazie per averci guardato in questo dialogo, per essere vicini; vi chiedo di pregare per me, perché io vada sempre avanti, perché io non fallisca nel mio dovere. Ma per favore, pregate a favore, non contro, grazie!
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