Nuovi dispositivi smart e compatti, in grado di ‘rivelare’ gli effetti delle radiazioni ionizzanti su cellule e tessuti tumorali e sani, migliorando l’efficacia di terapie oncologiche innovative, come la protonterapia. È quanto è stato messo a punto nell’ambito del progetto BIOTRACK[1] coordinato da ENEA e finanziato dalla Regione Lazio, che è risultato il più alto in graduatoria tra quelli dell’Agenzia che hanno vinto il bando regionale nel settore Scienze della vita[2].
Nello specifico, questi rivelatori innovativi di tracce nucleari fluorescenti (FNTD) abbinano il fluoruro di litio – un materiale trasparente molto sensibile alle radiazioni ed equivalente al tessuto umano – con film di microgel biocompatibili per culture cellulari, utilizzati per studiare gli effetti radiobiologici[3] della protonterapia, un trattamento oncologico che, rispetto alle cure più tradizionali a raggi X, ha il vantaggio di colpire e distruggere in modo mirato la massa tumorale, preservando i tessuti e gli organi sani adiacenti.
Paragonato ai più comuni sensori di radiazione a stato solido, il fluoruro di litio offre una maggiore risoluzione spaziale, permettendo una stima puntuale della dose fornita localmente, elemento cruciale per valutare l’entità del danno indotto dalle radiazioni utilizzate in protonterapia.
Oltre alla salute, gli altri campi di applicazione di questo tipo di rivelatori sono l’energia, la sicurezza nucleare e lo spazio.
“Questo risultato è stato possibile grazie alla combinazione delle tecnologie innovative della fotonica e dei nanomateriali con quelle degli acceleratori di particelle e della dosimetria, consentendo di facilitare e gettare una nuova luce sulle terapie innovative per vincere la sfida contro il cancro”, ha sottolineato la coordinatrice del progetto Rosa Maria Montereali, responsabile del Laboratorio ENEA di Micro e nanostrutture per la fotonica. “I risultati sono stati ottenuti grazie alla disponibilità della dotazione strumentale e infrastrutturale dell’ENEA e alla forte caratteristica di interdisciplinarietà del progetto, cui hanno partecipato come partner anche esperti di prestigiose istituzioni italiane, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Istituto dei Sistemi Complessi di Roma del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-ISC)”.
Misurando il numero di ioni incidenti, la loro direzione e l’energia depositata all’interno delle singole cellule, questi nuovi rivelatori consentono di conoscere la dose di radiazione fornita e la posizione degli attraversamenti delle particelle all’interno delle cellule stesse, migliorando l’efficacia radiobiologica della protonterapia (Fig.1).
“La rivelazione delle tracce nucleari fluorescenti si basa su tecniche di microscopia ottica”, evidenzia Massimo Piccinini del Laboratorio ENEA di Micro e nanostrutture per la fotonica. “Quando i protoni di bassa energia attraversano un cristallo trasparente di fluoruro di litio, formano dei difetti puntiformi che, illuminati da una luce blu, emettono una debole fotoluminescenza, mettendo in evidenza i singoli protoni sotto forma di puntini luminosi impressi nel fluoruro di litio, che è tra i pochissimi materiali adatti” (Fig.2).
“Questi risultati sono stati ottenuti anche grazie a simulazioni e modelli matematici sviluppati ad hoc per ricostruire la cosiddetta curva di Bragg, cioè la curva di deposizione dell’energia, che è stata registrata per intero come immagine luminescente anche in film sottili di fluoruro di litio”, evidenzia Enrico Nichelatti del Laboratorio ENEA di Micro e nanostrutture per la fotonica.
“I film sottili di fluoruro di litio vengono prodotti presso i nostri laboratori di Frascati per evaporazione termica”, aggiunge Maria Aurora Vincenti del Laboratorio ENEA di Micro e nanostrutture per la fotonica. “Grazie al controllo delle condizioni di deposizione, risultano trasparenti anche quando depositati su substrati riflettenti, quali il silicio, consentendo la misura relativa di dose e la sua accurata mappatura bidimensionale”.
Gli irraggiamenti dei rivelatori sono stati eseguiti presso la linea di bassa energia dell’innovativo acceleratore ENEA TOP-IMPLART[4] che produce protoni ad alta energia (71 MeV) per il trattamento di alcuni tumori superficiali, come il melanoma oculare, ed è provvisto di una linea verticale per ‘estrarre’ fasci di protoni di energia da 3 a 7 MeV (Fig.3).
“La linea verticale dell’acceleratore TOP-IMPLART, progettata per irraggiamenti di campioni cellulari finalizzati allo studio della risposta di sistemi biologici alle radiazioni, è stata anche largamente impiegata per valutare quantitativamente la risposta dei nuovi tipi di rivelatori di radiazione”, sottolinea Concetta Ronsivalle, responsabile del Laboratorio ENEA Acceleratori di Particelle e applicazioni medicali. “Le campagne sperimentali hanno evidenziato le potenzialità di questa linea verticale che per versatilità e geometria di irraggiamento risulta unica in Europa”.
Nell’ambito del progetto i ricercatori dell’ISS sono stati impegnati nella messa a punto di dispositivi e relativi algoritmi di processamento per la caratterizzazione spazio-temporale del fascio di protoni e il confronto con rivelatori di tracce nucleari convenzionali per validare così la risposta del fluoruro di litio, che ha anche il vantaggio di non necessitare di utilizzare agenti chimici per lo sviluppo. Gli scienziati del Cnr-ISC hanno invece sintetizzato e caratterizzato le sospensioni di microgel di PNIPAM, un polimero biocompatibile costituito da particelle nano e micrometriche soffici e deformabili.
I ricercatori hanno sviluppato substrati termosensibili e trasparenti per colture cellulari[5] modificando ad hoc le proprietà chimico-fisiche di film ultra-sottili di microgel, ‘cresciuti’ all’ENEA di Frascati per svolgere la funzione di interfaccia tra i tessuti biologici e il sensore di tracce nucleari fluorescenti, costituito da fluoruro di litio.
“Su questi film di microgel, abbiamo infine studiato l’adesione delle cellule, il cui distacco può essere controllato portando il sistema a temperatura ambiente, senza l’utilizzo di agenti chimici, e valutato la possibilità di utilizzarli come interfaccia per le colture cellulari in esperimenti di radiobiologia”, dichiara Valentina Nigro del Laboratorio ENEA di Micro e nanostrutture per la fotonica. “In questo modo abbiamo ottenuto rivelatori biocompatibili dall’elevata risoluzione spaziale e versatilità in grado di rispondere alle esigenze della radiobiologia, a costi contenuti, con soluzioni ecosostenibili che possono essere di interesse per le imprese del settore”.
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