21 Novembre 2024

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Confimprese Sicilia: “Gli ampliamenti di superficie degli esercizi commerciali inseriti nella finanziaria non sono applicabili”

Giovanni Felice coordinatore regionale di Confimprese Sicilia

All’indomani della pubblicazione in Gazzetta, Confimprese Sicilia esprime i suoi dubbi

Sabato 4 febbraio è stata pubblicata la legge regionale n.3 che contiene i provvedimenti inclusi nella finanziaria e tra questi l’ampliamento delle superfici commerciali.

Il coordinatore regionale di Confimprese Sicilia Giovanni Felice ha inviato una nota al Presidente della Regione Sicilia onorevole senatore Renato Schifani per invitarlo a chiedere un parere all’ufficio legale poiché ritiene che tale legge sia nei fatti inapplicabile.

“La modifica delle dimensioni delle superfici degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita – ha dichiarato il coordinatore regionale di Confimprese Giovanni Felice – rappresenta una palese contraddittorietà dell’intera legge rendendola inapplicabile”

Perché? “La legge Regionale 28/99 che disciplina la riforma del commercio ha stabilito le regole e gli obiettivi che intende raggiungere fissando i principi generali, come il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese, attraverso una programmazione che deve essere disciplinata da un decreto del Presidente della Regione che, ad oggi, non è stato modificato”.

Secondo Giovanni Felice, quindi, “le modifiche introdotte provocano degli stravolgimenti che vanificano e mettono in discussione l’intera programmazione commerciale fatta dai comuni siciliani. La programmazione, infatti, è stata effettuata tenendo conto delle tipologie di vendita nei termini di dimensioni previste originariamente e quindi la loro modifica annulla gli obiettivi che la programmazione aveva raggiunto. Obiettivi come i limiti di presenza delle medie e grandi strutture di vendita, ovvero il numero che ne possono aprire  o anche il preservare i centri storici, attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientali”.

Ma c’è di più. “Nel decreto che disciplina la programmazione commerciale, i comuni nella loro pianificazione-  continua Felice – hanno individuato le aree in cui possono essere consentiti gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio, ed i limiti cui sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali, ambientali e dell’arredo urbano, nonché i limiti ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale. È evidente che  mutato il dimensionamento degli esercizi di vicinato, conferendogli le dimensioni di medie strutture, si sia falsificata l’intera programmazione commerciale.  E questo consentirà di aggirare  i vincoli fissati dai comuni per impedire in alcuni parti del loro territorio l’apertura di medie strutture ed inoltre sarà possibile eludere le regole fissate dai comuni in materia di tutela dei beni artistici, culturali, ambientali e dell’arredo urbano, nonché i limiti ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale”.

“Ricordo – insiste il coordinatore di Confimprese –  che questi limiti sono stati individuati dai comuni e che quest’intervento legislativo, nella sostanza sta limitando l’autonomia dei comuni facendo saltare quelle misure di salvaguardia della tutela delle piccole imprese e delle condizioni morfologiche dei centri storici, che i comuni avevano previsto”

Ma le motivazioni non si fermano qui. “A rendere ancora più evidente quanto siano fuori dal contesto della norma le modifiche apportate sono i contenuti del decreto presidenziale 11 luglio 2000, che ha per oggetto: Direttive ed indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale.

La modifica legislativa di cui stiamo parlando –  continua Felice – modifica le dimensioni delle medie strutture trasformandole in esercizi di vicinato e quindi  apporta agli strumenti urbanistici delle varianti di fatto, sottraendo ai Consigli Comunali un compito istituzionale a loro demandato”. Si crea un conflitto legislativo con il decreto del Presidente della Regione Sicilia  che il presidente Schifani, in un modo o nell’altro deve risolvere.

Ecco le richieste al numero uno del governo regionale.

“Al Presidente Schifani  – dice Giovanni Felice – oltre alle questioni tecnico legali abbiamo chiesto di aprire una ulteriore riflessione politica poiché le modifiche introdotte possono minare alla base il concetto di equilibrio commerciale, perché da questo provvedimento avrà giovamento la grande distribuzione organizzata con agevolazioni come la riduzione dei parcheggi e nella fase di valutazione delle domande presentate ai fini del rilascio delle autorizzazioni.         

Ed ancora. “Infine, ma non per ultimo, in questi ultimi anni il commercio nei centri storici attraversa un periodo di grande crisi che sta comportando la loro progressiva desertificazione ed una, forse irreparabile, mutazione morfologica che rischia di fare venire meno l’identità di comuni e quartieri – insiste Felice –  mentre  il Governo nazionale, nell’ambito della cosiddetta Legge sulle liberalizzazioni (Legge 30 dicembre 2023, n. 214) all’articolo 12, stabilisce questi paletti:  le città metropolitane ed i comuni “possono prevedere,  d’intesa con le associazioni degli operatori e senza  discriminazioni tra  essi, limitazioni  di  determinate  attività commerciali in   talune  aree  o  l’adozione  di  misure  di  tutela  e valorizzazione  di talune   tipologie  di  esercizi  di  vicinato  e  di botteghe artigiane, tipizzati sotto il  profilo  storico-culturale  o commerciale, anche tramite costituzione di  specifici  albi  volti  a valorizzarli.  I comuni   possono   altresì   promuovere   percorsi conciliativi tra esercenti e proprietari dei locali, volti a evitare fenomeni di espulsione di operatori  commerciali  qualificati  dai centri storici”.