Giovanni Felice, presidente di Confimprese Palermo, esprime soddisfazione per l’ approvazione del regolamento sulla movida. “Bene l’approvazione del regolamento sulla movida, un segnale importante per dimostrare la volontà del Consiglio Comunale, dell’amministrazione Comunale e dell’intera città di dire basta al malcostume dilagante ed esprimere la solidarietà alle forze dell’ordine all’intera città. Chiediamo però che i sistemi di videosorveglianza siano collegati con le forze dell’ordine e che siano stanziati contributi per gli esercenti. Davanti a fenomeni devastanti e pericolosi – continua – la storia ci insegna che ci vogliono provvedimenti straordinari ed una grande collaborazione tra istituzioni, associazioni e società civile.
In questo senso, l’approvazione del regolamento contro la malamovida – argomenta Felice – è più importante per il segnale che dà e non per gli effetti reali che può produrre, le leggi ci sono già, ma come vediamo non bastano. Può servire a regolare il rapporto tra pubblici esercizi, consumatori e residenti ma da solo non basta”.
Felice rilancia la sua proposta di un piano di interventi coordinati: “In primo luogo va utilizzata al massimo la tecnologia. Per combattere rapine e racket si realizzarono linee di finanziamento a fondo perduto per incentivare tale strumento da parte degli operatori. Bisogna creare, continuando il parallelismo con quanto si è fatto in materia di lotta al racket, non solo il collegamento di tali strumenti di sorveglianza direttamente con la Questura in maniera che possa coordinare gli interventi delle forze dell’ordine. Allora Comuni, Camere di Commercio e Regioni parteciparono alla realizzazione del fondo per la realizzazione di tali sistemi di sicurezza, misure, peraltro ancora in vigore in altre Regioni. E così si dovrebbe fare contro la malamovida. Il peso della prevenzione e le misure pensate – conclude Giovanni Felice -non possono gravare solo sugli operatori sia in termini di investimenti che di appesantimenti gestionali perché in questo modo le imprese sono trattate come complici della situazione e non come vittime quali in realtà sono”.
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