Napodano è un cantautore italiano che da diversi anni vive in Belgio. Recentemente è uscito il suo nuovo disco dal titolo “Non ci sono + i cantautori”, un lavoro curato nei minimi dettagli che, seppur alle volte rievochi un cantautorato d’altri tempi, non vuole assomigliare a nulla di già sentito. Ecco cosa ci ha raccontato nella nostra intervista.
Ciao Daniele, cominciamo questa intervista chiedendoti quali sono gli elementi della tua musica che possono incuriosire un tuo potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del tuo nuovo album “Non ci sono + i cantautori”.
Probabilmente il poter scoprire i testi dopo numerosi ascolti, capirne le metafore, facendone proprio il significato. Un ascoltatore attento, che apprezza un testo senza lasciarlo scorrere via in tre minuti sarà un potenziale fan.
C’è differenza tra ciò che ascolti e ciò che in realtà componi e canti?
In questo momento, non molta. Ascolto cantautorato italiano, la corrente indie e tutto ciò che ne è conseguito negli ultimi anni. Comunque scrivevo in questo modo pure quando ascoltavo quasi solamente musiche dei cartoni animati!
Ad avere la possibilità di aprire un concerto in uno stadio di un big della musica del passato o attuale, affrontandone il pubblico con la tua musica, chi sceglieresti? E perché?
De Gregori, perché sono certo che il suo pubblico mi apprezzerebbe.
La più brutta esperienza che hai fatto sul palco?
Durante un’apertura di un concerto importante, alla prima canzone, il cavallo di battaglia, quella che serve per catturare il pubblico che non ti conosce e non è là per te, a meno della metà del brano saltano due canali del mixer e mi ritrovo a cantare senza musica. La canzone era finita è avevo perso completamente l’attenzione del pubblico. In quel momento è stato un bene per il fonico e per la mia fedina penale che io abbia mantenuto un buon autocontrollo!!! ;D
Quanto è importante per te internet nell’ambito musicale? Rimpiangi il passato in cui i social e selfie erano solo utopia o ti proietti verso il futuro abbracciando le nuove, seppur fredde, forme di comunicazione?
Internet è come il nucleare: dipende da cosa ci si fa. Può essere uno schifo assoluto: la morte cerebrale della dignità umana oppure un’interminabile fonte di conoscenza. Prendiamo ad esempio Spotify: io abito all’estero e non mi è fisicamente né logisticamente possibile essere presente ad ogni manifestazione musicale italiana, anche se mi piacerebbe. Dovessi basarmi sui principali canali di diffusione musicale, direi che in Italia si è celebrato già diversi anni fa il funerale della buona musica, mentre grazie agli algoritmi di Spotify, ho scoperto un quantitativo pantagruelico di ottima musica e artisti pregevoli che hanno come unico difetto il fatto di non essere mainstream. Ne ho trovati molti che fanno 70 date l’anno ma che sono sconosciuti al grande pubblico. Spotify e gli altri canali digitali danno la possibilità a tutti di potersi far ascoltare; la sola cosa difficile è cercare di arrivare alle orecchie della gente.
Chi vorresti ringraziare per chiudere questa intervista?
Sicuramente Sara, grazie alla quale è possibile leggere le mie divagazioni e a Davide, grazie al quale è possibile ascoltarle di persona.
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