Chiude giovedì 20 giugno al Centro Culturale di Milano di Largo Corsia dei Servi 4 la mostra “Formato medio” dell’artista milanese classe 1934 Giancarlo Cerri.
Curata da Luigi Codemo, direttore della raccolta museale GASC-Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Milano, la mostra è stata pensata per festeggiare il 90esimo compleanno dell’artista e presenta 26 opere realizzate dal 1954 al 2005, anno in cui Cerri smise di dipingere per una grave forma di maculopatia.
Ma perché proporre una mostra antologica che tenga conto del formato delle tele?
Convinto da sempre che la pittura e la personalità di un pittore si esprimano “in parete”, Cerri ritiene che “i formati delle tele non rimangono neutri rispetto al soggetto, ma sono scelti con coscienza per influenzare il modo in cui l’osservatore percepisce ciò che viene rappresentato”.
Proprio la consapevolezza che la dimensione media della tela incida in maniera profonda sulla espressività del soggetto e si offra a una visione più diretta, l’artista ha scelto di esporre solamente opere le cui misure oscillano fra 40×50 e 80×100, ma capaci ugualmente di delineare il proprio percorso pittorico.
L’esposizione sottolinea come, sin dagli esordi, la ricerca artistica di Giancarlo Cerri si sia contraddistinta per rigore, essenzialità e lucidità espressiva.
Inizialmente influenzato dai grandi maestri come Carrà e Morandi, ma anche dagli espressionisti tedeschi, Cerri sviluppa un suo segno pittorico, con il colore come elemento dominante.
Negli anni Settanta la figurazione si evolve, il colore diventa il protagonista e l’autonomia dell’opera si afferma, mentre negli anni ’80 la pittura si libera dalla fedeltà al soggetto per concentrarsi sulla concretezza della materia pittorica.
Con il passaggio all’astrazione, come scrive Luigi Codemo nel suo testo in catalogo, “Il quadro diventa sempre più un campo di forze”.
L’astrazione non è semplice rimozione, ma una ricerca dell’essenziale, come dimostrato negli “Omaggi al paesaggio” e nelle “Sequenze” degli anni Novanta, dove il colore, la luce e la linea diventano centrali, e dove il nero onnipresente e onnipotente, sempre elaborato e mai uguale a se stesso, diventa elemento-simbolo di mistero e rigore, incarnando le leggi del quadro stesso.
La mostra si conclude con una riflessione in quattro tempi sulla Croce, dove Cerri ne esplora la simbologia in un contesto di meditazione laica, filosofica e spirituale attraverso quattro opere.
Le prime tre opere, dal medesimo titolo “Nel segno della croce”, raccontano di una meditazione antropologica e non teologica sulla sofferenza umana attraverso due gesti, uno orizzontale e l’altro verticale, che rendono visibile e tangibile il calvario della croce.
La quarta e ultima tela, “Aldilà” del 2005, presenta invece una visione frammentata e ravvicinata della croce, e la sofferenza diventa emotiva e fisica attraverso la stessa pittura, ma non senza un senso di pace nella tragedia.
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