a cura di Angela La Ciura
Palermo – Dal 24 ottobre all’11 Novembre 2024, nello spazio della sala “Fedele Pollaci Nuccio” presso l’Archivio Storico Comunale di Palermo in via Maqueda 157, si terrà la mostra personale di Calogero Barba dal titolo ‘Libere Parole Impresse’, a cura dello Storico dell’Arte Angela La Ciura.
L’esposizione sarà inaugurata giovedì 24 ottobre alle ore 17,00 alla presenza delle autorità.
L’artista espone una selezione di opere su carta e libri d’artista oggettuali, realizzati negli ultimi anni.
In mostra il dialogo tra la scrittura sperimentale verbo visiva come recupero della memoria quotidiana dove l’uomo è l’artefice indiscusso.
La mostra si compone di circa 50 opere su carta cotone, selezionate tra quelle realizzate dall’artista tra il 2020 e il 2024, che sulla linea della continuità risentono delle ricerche artistiche e antropologiche effettuate da Barba in oltre 45 anni di carriera e sperimentazioni che lo accostano alla storia, alla pittura, alla scultura, alla poesia visiva sperimentale, ai libri oggettuali e libri d’artista sfogliabili, alla performance, alla video arte, in una continua e costante apertura e permeazione di tecniche e linguaggi differenti, contaminati dal linguaggio poetico.
Il progetto artistico/culturale della mostra, mette in campo l’arte visiva contemporanea espressa attraverso un’elaborazione creativa del presente, divenendo uno dei motivi di fondo che caratterizzano la ricerca dell’artista che a partire dalla fine degli anni Settanta è stato un protagonista dell’arte in Sicilia, anche come operatore culturale organizzatore di eventi d’arte.
Nel recupero antropologico della memoria e della libera scrittura, l’artista, cosciente del valore evocativo della scrittura creativa, dispone il suo suggestivo rapporto con le impressioni visive delle lettere “sottopressione” da cui scaturiscono i ritmi della forma per andare al di là del segno impresso sul bianco della carta. Così la libera scrittura impressa, interagisce con vecchi documenti recuperati come pagelle scolastiche, ricevute di affitti, fotografie e altro entrando in relazione con la dimensione del formato del foglio evidenziandone il rapporto con il documento del passato, e al contempo con lo spazio, il segno, il pigmento, valorizzando la fragile materia della carta.
Scritture lontane dalle strutture grammaticali e dall’ordine del discorso lineare, progettate e disposte sul piano del torchio calcografico, assumono il valore di una sosta visiva dello sguardo che non svela il silenzio della stessa storia, dove tutto è comunicazione.
Le scritture sperimentali di Calogero Barba in mostra nelle eleganti teche nere dell’Archivio Storico comunale di Palermo, giocano con le lettere sparse sul campo geometrico del foglio bianco nei morbidi valori tonali dati dall’incidenza della luce che si posa sui leggeri rilievi quasi impercettibili e sul negativo a secco dell’incavo creato dalle lettere impresse dai rulli calcografici.
La mostra sarà visitabile gratuitamente sino all’11 novembre del 2024, è promossa e condivisa dall’amministrazione comunale e dall’Assessorato alla Cultura.
U.O. Progetti speciali
Archivio Storico Comunale di Palermo, via Maqueda 157.
Tel: 091/7408765
Orario di apertura.
dal .00 , dalle ore 09.00 – 13.00
mercoledì e giovedì, dalle ore 14.00 – 17.00
sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 16.00
Ingresso libero.
CALOGERO BARBA | BIO
Calogero Barba nasce a Mussomeli (CL) nel 1958. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Per diversi anni ha insegnato “Figura Modellata” nei Licei Artistici Statali di Palermo. Attualmente è docente a contratto all’Accademia di Belle Arti di Agrigento, ha al suo attivo un ininterrotto percorso espositivo che si svolge dagli anni Ottanta sino ai nostri giorni.
Decisivo, negli anni giovanili, l’ incontro con Francesco Carbone che ne orienterà la ricerca in senso antropologico. Con il critico siciliano collabora alla formazione del gruppo di Arte Antropologica Contemporanea. Fa parte della Scuola di Caltanissetta. Molte le mostre collettive e personali, fra gli anni ‘ Novanta e il duemila, in Italia e all’estero. Nel 1995, partecipa alla” Biennale Internazionale di Marsiglia”. Vanta due presenze alla Biennale di Venezia, alla cinquantaduesima, nel 2007, con la partecipazione al progetto “Camera 312-Promemoria per Pierre”, curato da Ruggero Maggi, e nel 2011, alla cinquantaquattresima, “Padiglione Italia”, a cura di Vittorio Sgarbi. Tra le committenze pubbliche da lui realizzate, ricordiamo, nel 2008, per conto dell’I.S.A. di San Cataldo “Memorie di Pietre”, parco di sculture in pietra di Sabucina. Calogero Barba è anche un infaticabile organizzatore, nonché promotore di eventi culturali e mostre nel territorio nisseno e non solo. Molti i critici che si sono occupati di lui. Sue opere si trovano in prestigiose collezioni museali in Italia e nel mondo. Per quanto riguarda il Libro d’ Artista, se ne occupa da anni, sia come artista che come operatore culturale e curatore di mostre. Con la mostra itinerante “Vitamine” del 2015, espone al Museo del Novecento di Firenze e al MART di Rovereto. Nel 2017 con “BAU 14” espone alla GAMEC di Viareggio e allo spazio Sehsaal di Vienna. Nel 2019 è presente alla 5ª Biennale del Libro d’Artista di Napoli. Ha realizzato in Sicilia il primo evento di Net Art al Qal’At Artecontemporanea di Caltanissetta. Dirige l’Archivio di Comunicazione visiva e Libri d’Artista, da lui fondato. Nel 2018, partecipa alla mostra “Liber Fare” dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, e, presso la stessa Istituzione, nel 2019, partecipa alla mostra “Artsts’ Book”. Nel 2020 partecipa alla mostra BAU, Contenitore di cultura contemporanea 2004-2020, presso la CAMeC di La Spezia. Nel 2021 è presente all’evento “20X20” al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova. Recentemente viene invitato all’evento “Artisti di Sicilia”, presso il Convitto delle Arti a Noto. 2023 Mostra personale presso la galleria “Linea d’Arte Officina Creativa”, Napoli. Nel 2024 viene invitato alla rassegna “Le 5 Generazioni” , Real Albergo delle Povere/Museo Riso, Palermo; Mostra personale a “Bibliotè”, Roma.
LIBERE PAROLE IMPRESSE | Testo critico di Angela La Ciura
Non c’è corda delle arti che Calogero Barba non sappia far vibrare: con versatilità e perizia ha affrontato, in un percorso ormai quarantennale, tanto la scultura, suo campo elettivo per formazione, quanto la pittura, l’installazione, l’incisione e, in tempi a noi più vicini, il libro d’artista e la scrittura asemica, aprendosi anche alle nuove tecnologie e al digitale. Eppure, in questo mare magnum di creativa professionalità, attestata dalle personali e dalle numerose partecipazioni a mostre collettive, nazionali e internazionali, ad eventi e dibattiti, non è difficile riannodare i fili di una coerente poetica che trova il suo caposaldo nella ricerca antropologica supportata da una fantasmagorica sperimentazione di materiali e tecniche, davvero avvincente sul piano estetico ed emozionale. Favorito dall’appartenenza ad un territorio di interesse archeologico e di tradizione agreste-pastorale, mosso da un’innata curiosità, Calogero Barba colleziona reperti con cui stabilisce un’affettuosa dialettica. Le vestigia di un lontano passato o gli umili resti di una economia povera, sottratti all’oblio, tra le sue abili mani, rivivono come per magia, in virtù della materia sapientemente manipolata e del pigmento, denso di allusi-ve valenze simboliche. Si compie la risemantizzazione dell’oggetto- trovato che, reinventato, si fa vettore di una ricerca di identità che travalica i confini dell’habitat originario in favore di una più ampia e condivisa autenticità. Si assiste ad un processo di nobilitazione da cui promana reverenzialità verso la storia, la natura e la fatica dell’uomo.
Ed è la memoria, storica e soggettiva, a dare avvio ad una sorta di viaggio a ritroso sino ai primordi dell’umanità, che lo porta a vagheggiare di miti e riti ancestrali, di origine matriarcale, evocati da allusive geometrie Natura e Storia, dunque, collocano Barba all’interno di un nuovo Umanesimo, non elitario, né centrico, esegeticamente riconducibile, sotto l’incalzare di un incerto futuro, a più veri umani principi. I materiali, allora, non possono che essere poveri: carta, plastica, ferro, chiodi, cartone, cartoncino, legno, fili, corda, spago e altro, mentre i contenuti si addensano, quali icone concettuali, per accostamenti solo apparentemente incongrui, frutto di erudite contaminazioni. Così, accanto all’ impressionante bucranio compaiono rapporti aritmetici e figure geometriche e, ancora, il labirinto, figura emblematica e duale dell’andare e tornare, del perdersi e ritrovarsi, tutti simboli tratti dall’antica tradizione sapienzale, riconducibili alle leggi universali che regolano il cosmo e il destino dell’uomo. Poiché al labirinto si associano tutte le cavità, ecco comparire presenze zoomorfe, piuttosto insistite, quali la chiocciola e la tartaruga, depositarie di consolidate simbologie: il guscio elicoidale della prima e quello semisferico dell’altra, nell’evocare i misteriosi ricettacoli della continuità della vita, ne custodiscono il segreto. Pertanto, in un cammino di approfondimento non solo estetico, ma anche esistenziale e spirituale, risulta logico l’approdo di Barba al libro d’artista e alla scrittura asemica, nel solco di una conquistata essenzialità e di una rinnovata cultura umanistica.
Il Libro d’Artista, divenuto ormai un genere autonomo, un vero e proprio filone del contemporaneo, come dimostrano collezioni e rassegne e un ricco parterre di presenze e, ancora, il crescendo delle adesioni, ha, alle sue spalle, molteplici fonti di riferimento, dai manoscritti medievali ai frontespizi dei testi a stampa dei secoli successivi, sino alla poesia simbolista e visuale, per non parlare di dadaisti, futuristi, surrealisti, e di personalità del Novecento che ne hanno anticipato il corso, pensiamo a Paul Klee e ai nostri Arturo Martini e Bruno Munari, solo per fare qualche nome autorevole, nel numeroso drappello dei tanti che vi rientrano sul piano teorico e pratico. Unicum irripetibile, il libro d’artista ha tante interpretazioni quanti sono i fruitori, in relazione alle loro conoscenze e al loro vissuto.
Quale oggetto d’arte, opera aperta, per le potenzialità linguistico-formali, materiali e tecniche, esso dispensa all’artista un’infinita libertà, finendo per assumere il valore di dono offerto alle nuove gene-razioni. Come in “Ex-voto”, opera facente parte della collezione permanente del Libro d’Artista dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, realizzata nel 2012. Si tratta di un volume in cera d’api, aperto, che si inscrive nella tradizione del libro-luce, di antonelliana reminiscenza, quindi luce di conoscenza e di civiltà. Accanto a San Gerolamo, non a caso, ci sovviene Sant’Agostino, per il quale l’intelletto è un atto di illuminazione. Tutti concetti che Calogero Barba affida alla materia traslucida e specchiante destinata ad essere consumata in sacrificio alla conoscenza. Con onestà intellettuale e intento morale, Barba porta avanti la sua riflessione sull’arte contemporanea e sulla sua arte, riflessione che postula una riformulazione del rapporto tra pensiero e linguaggio visivo. Gli viene in soccorso la scrittura asemica, desemantizzata e perciò priva di significato, ma di certo non di senso, non lineare ma evocativa, come i caratteri cuneiformi dell’antica scrittura sumerica o i geroglifici egiziani. Allora le lettere alfabetiche che si affastellano in ordine sparso sulla pagina, suggerendo emozioni tattili e sonore, per poi ricomporsi in disciplinate orditure su un raffinato monocromo, bianco su bianco, possono, forse, simulare una conseguita leggerezza del pensiero, libero di ripartire per un nuovo viaggio. E quel filo di refe, appena percettibile tra colature di bleu fondo schiarentesi in ariosi azzurri, sospeso tra cielo e terra, pronto ad essere preso al volo da dita operose, non sarà l’ennesimo simbolo archetipico con cui Calogero Barba, nel ricondurci all’essenzialità, ci consegna e consegna all’arte la speranza?
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