“CI SONO ANCORA TROPPI STEREOTIPI E PREGIUDIZI DI CUI SI NUTRE LA VIOLENZA MASCHILE”, “L’AMORE TOSSICO COMPRIME, SPEGNE, PORTA ALL’INFELICITA’”; “NELLE SCUOLE L’EDUCAZIONE AFFETTIVA VA BENE, MA PER PARLARE AI RAGAZZI CI DEVE ESSERE DIETRO QUALCUNO CON UN PENSIERO CULTURALMENTE EVOLUTO”
“Con i ragazzi, nelle scuole, io comincio sempre da quello che mi è successo, dalla mia storia, però, a distanza di 11 anni, mi soffermo di più su quello che provo oggi, su quello che ho imparato dalla mia esperienza, sulle cose belle che mi sono successe. Parlo di me principalmente, non di qualcun altro, di chi ha deciso tanti anni fa di mandarmi questa sofferenza, ma parlo di me stessa e provo a condividere i miei pensieri, la mia lezione. Cerco di dare degli strumenti e di invitare i ragazzi a scegliere un modo di stare nelle cose che può essere il mio, se si riconoscono. Però parlo di me, perché mi piace raccontare di me”. Così Lucia Annibali a Che tempo che fa di Fabio Fazio sul NOVE.
Sulla rinascita: “Quello dell’ospedale è stato un passaggio difficilissimo, un’esperienza tremenda, ho fatto 26 o più operazioni, non le ho più contate a un certo punto. Un’esperienza in parte definitiva, però io – altrimenti non sarei qui, non ne avrei nemmeno la forza di continuare a raccontarmi – ho scelto di riprendermi in mano la vita, mi sono messa al centro, mi sono rimboccata le maniche e ho scelto me stessa, quindi la mia forza di volontà è sempre stata molto granitica e questo mi aiuta ogni giorno”.
Sull’esperienza in ospedale: “Mi avevano detto che non potevo nemmeno piangere, ma me lo dicevano per il mio bene. L’esperienza del Centro Grandi Ustionati è stata da un lato molto forte, molto impegnativa, a ripensarci oggi mi chiedo come ho fatto ed è una cosa che si fa una volta sola nella vita, non è possibile percorrerla due volte, però è anche un luogo per me bellissimo, di contatto con me stessa, il luogo in cui ho capito chi sono, cosa posso fare, quali sono le mie risorse, le mie capacità, come se io lì dentro fossi sbocciata, e quell’essere sbocciata me lo sono portata dietro tutti questi anni”.
Su com’è cambiata lei in questi anni e sulla violenza sulle donne in Italia: “Sono cambiata un po’ esteriormente, ma di me è cambiata la mia vita, ho fatto tante esperienze, anche professionali, ho cambiato il mio modo di ripensare quello che mi è successo, di vivermi ogni giorno. Sono cresciuta, sono diventata ancora più donna, è come se ogni giorno per me fosse un viaggio profondo dentro me stessa, la mia vita e le mie giornate. Mi sono riempita di tanti sentimenti ed esperienze. Sulla violenza maschile contro le donne credo ci sia ancora veramente tanto da fare, soprattutto nel pensiero, che non è soltanto maschile ma anche femminile, che tende a giudicare ancora le donne che vivono un’esperienza di violenza, perché forse non sono troppo forti per uscirne in tempo, perché non dicono subito di no, perché la donna tende ad essere crocerossina. Ci sono quindi tutti questi stereotipi e pregiudizi, che poi è proprio ciò di cui la violenza maschile sulle donne si nutre. Bisognerebbe molto bene chiarire il concetto per cui una donna subisce violenza perché incontra un uomo violento, non perché sceglie di subire la violenza. È molto importante stabilire le responsabilità, se vogliamo aiutare le donne a non sentirsi responsabili”.
Su come si riconosce un amore tossico: “L’amore tossico è esattamente il contrario di tutto ciò che è e che deve essere l’amore: l’amore è cura, pazienza, accoglienza, l’amore tossico è ciò che toglie libertà, che spegne, che ti comprime, che non sa valorizzarti, è tutto ciò che ti rende profondamente infelice. È un qualcosa che non può che portarti verso l’infelicità e il pericolo. Si riconosce da una serie di comportamenti: dalle parole, un tono aggressivo, il comprimere la libertà con dei gesti concreti, anche la libertà di pensiero o quella di esprimere dei sentimenti; questo modo opprimente, questo senso di possesso, è tipico di un amore tossico. Tutto ciò che non ti permette di vivere, di godere delle persone e di te stessa”.
Sull’educazione affettiva nelle scuole proposta da Gino Cecchettin: “Sono molto d’accordo su questo, la violenza è radicata non solo nella nostra struttura culturale ma anche economica e sociale, perché gli stereotipi partono anche da come è organizzata la nostra società e il nostro Paese. Credo che sia un tema che possa interessare i giovani, la mia riflessione è, però, chi parlerà di questo? perché il pensiero è importante, cioè che cosa si pensa di questi rapporti, del rapporto tra uomo e donna nei ragazzi, e allora è importante che ci sia un pensiero maturo anche lì, che abbia elaborato questi stereotipi, che sia un pensiero culturalmente evoluto”.
Sul reddito di libertà: “Introduce un tema e un aspetto diversi sulla violenza, quindi non soltanto la violenza psicologica o comunque non soltanto la violenza come l’occhio nero o le scarpette rosse, un po’ troppo per simboli, ma introduce anche l’aspetto economico che è molto importante: creare uno strumento nuovo, un sostegno economico per le donne e per i loro figli, se ci sono, che scelgono di intraprendere un percorso di uscita dalla violenza e quindi una possibilità in più. Certo, bisognerebbe investire molto di più nel nostro Paese su questo tema in generale”.
Sul ruolo di difensora civica della regione Toscana: “Il mio compito è quello di occuparmi dei casi di cattiva amministrazione, naturalmente sempre a livello regionale, quando sono i cittadini che li segnalano e quindi mettere in contatto il cittadino con la pubblica amministrazione per far funzionare meglio questo rapporto”.
Sull’essere liberi dall’odio: “Io ho sempre desiderato essere me stessa, cioè la mia prima responsabilità credo sia appunto verso me stessa e vivere la mia vita nel modo migliore possibile sempre restando fedele a me stessa; quindi, l’odio lo lasciamo a chi ha fatto delle scelte anni fa o che continua a farle… Non mi appartiene e non è neanche giusto che io permetta a qualcun altro di condizionare la mia vita, ma è giusto che sia io a scegliere finalmente che tipo di vita voglio condurre”.
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