Il primo libro scritto da un cinese sui segreti delle Chinatown in Italia a cura di
ZHANG CHANGXIAO
in arte SEAN WHITE
scrittore e mediatore culturale fra Italia e Cina
Prefazioni di Mogol e Roberto Vecchioni.
Lo scrittore cinese Zhang Changxiao (nome d’arte Sean White) è autore del libro appena uscito “La Costellazione del Dragone” (edizioni Piemme), arrivato in libreria durante l’emergenza coronavirus. E attende con ansia di poter presentarlo per provare a combattere la psicosi e i pregiudizi contro i cinesi in Italia. Perciò ha deciso di scrivere al Presidente Sergio Mattarella una lettera che vi anticipiamo.
Questo libro rivela la mentalità, l’amore, la famiglia e lo stile di vita dei cinesi, la loro anima.
L’autore Sean White, che ha già pubblicato un best seller in Cina, ci porta a conoscere i cinesi in Italia, il vero cibo cinese, come vivono l’amore e l’amicizia.
Se vi sono mai sorte delle domande sui cinesi, se volete soddisfare qualsiasi vostra curiosità, questo libro vi fornirà le risposte che cercate.
Volete provare il vero cibo cinese in Italia? Volete fare affari con i cinesi? Volete capire la mentalità cinese? Volete fare un viaggio in Cina? Volete conquistare un ragazzo o una ragazza cinese? Tutte le risposte a queste domande sono qui, nel nuovo libro di Sean White “La costellazione del dragone”.
Un libro che con leggerezza e umorismo riesce a rivelare attraverso gli occhi di un cinese che, vivendovi ha imparato a conoscere il nostro Paese, le differenze e i punti in comune che il popolo italiano e quello cinese, a volte inaspettatamente, hanno.
Si tratta di una sorta di “enciclopedia” del popolo cinese in Italia, in grado di offrire innumerevoli spunti di riflessione e una prospettiva originale su questioni che spesso sfuggono alla nostra comprensione. Cosa succede nella Chinatowns, piccole città racchiuse all’interno di città italiane? Che cosa c’è dietro ai centri di massaggio che sempre più spesso ci capita di vedere? I cinesi mangiano davvero il cane? Perché il lavoro è così importante per loro? E la famiglia che ruolo ha nella vita di un cinese? Nella nostra vita quotidiana ci imbattiamo spesso in stereotipi e giudizi affrettati su tali questioni, ma se provassimo invece a conoscerle davvero? Grazie a “La costellazione del dragone”, adesso è possibile. E da questo incontro tra culture, abbiamo tutto da guadagnare.
“Siamo tutti uguali, indistinguibili. Non facciamo altro che lavorare. Mangiamo i cani. Sputiamo a terra. Parliamo a voce troppo alta o troppo bassa. Non paghiamo le tasse. Non moriamo mai. Non ci vedete nei vostri ospedali, nelle vostre scuole, nei vostri cimiteri. Eppure siamo qui, condividiamo il vostro spazio. Siamo cinesi. I nostri prodotti sono sinonimo di scarsa qualità. Venite da noi quando volete comprare qualcosa che costi poco e valga altrettanto; quando non sapete cosa fare con i vostri telefonini. O quando volete mangiare ravioli. E quello che sapete su di noi è per la maggior parte falso.”
“L’infezione coronavirus si è creata in Cina, ma poteva accadere ovunque e quindi non è giusto affrontarla come un problema cinese. E la psicosi che si è venuta a creare mi fa pensare alla canzone di De André Bocca di Rosa. Tutti demonizzano una donna attraverso i pettegolezzi che passano di bocca in bocca, creando timori e paure. Io capisco il sentimento della paura, ma credo che dietro la paura si celi l’incapacità di capire i cinesi. Un malinteso culturale che vorrei colmare con questo libro. “
Nelle città italiane ci sono delle isole. Non sono zone recintate o chiuse da muri, a volte nemmeno periferiche; non sono riconosciute, nominate o segnate sulle mappe. Ma una volta lì, gradualmente le cose cominciano a cambiare: le insegne in italiano spariscono, le fisionomie dei passanti sembrano diverse, si sentono profumi e suoni nuovi. Sono le Chinatown d’Italia. Il mistero che le avvolge è spesso impenetrabile, e i loro abitanti più anonimi e sconosciuti di qualsiasi altra comunità di immigrati nel nostro Paese.
Con La costellazione del dragone Sean White alza il velo che nasconde ai nostri occhi queste cittadelle, e nel farlo distrugge uno per uno i cliché sui cinesi, e sulla Cina tutta, più diffusi in Italia. I cinesi non sono più, o non sono interamente, un popolo di lavoratori indefessi che sopravvivono con un piatto di riso e dormono in otto nella stessa stanza. Non sono più, o forse non sono mai stati, un popolo che pensa soltanto ai soldi, capace unicamente di copiare le idee altrui. Non saranno mai persone tutte uguali, interscambiabili, fatte in serie. Quello che sono, invece, è un gruppo di persone che si trova a vivere in bilico fra due patrie, due modi di pensare, due identità, due interi mondi. E da questo incontro, in cui si mescolano timidezza e rabbia, frustrazione e desiderio di riconoscimento, alfabeti occidentali e carne di cane, medicina tradizionale e radici, nascono i cinesi di oggi, guidati da una costellazione di valori tutta nuova, fatta di stelle di volta in volta più vicine o più lontane ma che ora, grazie a questo libro, paiono più chiare, luminose, leggibili.
Nell’augurio che il popolo cinese smetta di essere un animale esotico da osservare da lontano e cominci a diventare un vicino comprensibile, forse persino un amico.
Sapete perché i cinesi bevono acqua calda? Che non tutti i popoli mangiano (come siamo soliti pensare) carne di cane? E se lo fanno, perché? Vi siete mai chiesti come fanno a vivere in tanti in una sola casa e il perché di queste scelte scomode? Vi siete mai resi conto che il mondo cinese non è poi così differente, soprattutto dal punto di vista del pensiero e delle tradizioni, dal sud Italia? E perché alcuni di loro scelgono proprio l’Italia, come punto di partenza per una nuova vita, soprattutto lavorativa?
Queste sono solo alcune delle svariate domande che compongono questo libro, una piccola parte di dubbi e di interrogativi che ogni giorno dovrebbero sbocciarci in testa, anche solo per spingerci a capire per davvero la Cina e il suo popolo, mettendo da parte i luoghi comuni e quelle false convinzioni che ci portiamo dietro da sempre. La costellazione del dragone è il volume perfetto per compiere un vero e proprio viaggio verso un popolo, da sempre oggetto di false verità, attraverso usanze e tradizioni, che sono forse le due giuste chiavi per comprendere davvero e appieno questa società in continuo sviluppo e (da) sempre orientata verso il futuro.
Lo stile di “narrazione” è fresco sincero e colloquiale, sembra quasi di ritrovarsi a tu per tu con l’autore, magari in un bar a sorseggiare un tè caldo, affascinati e ammaliati dalle sue parole, che riempiono tanto gli occhi (durante la lettura) quanto il cuore e la mente, arricchendola con nozioni per nulla banali, ma bensì a volte addirittura stupefacenti, proprio perché sconosciute a causa dei luoghi comuni di cui sopra.
Credetemi, una volta iniziato il volume vi ritroverete in una spirale, quella del dragone, fatta di informazioni e curiosità capaci di abbattere ogni stilema, ogni pregiudizio. Lasciatevi trascinare da questo dragone e dalla sua scia di verità, lasciatevi andare e aprite gli occhi e il cuore verso una realtà che ancora oggi percepiamo attraverso filtri errati.
Quando sono arrivato per la prima volta in Italia, ho avuto la fortuna di incontrare la musica di Fabrizio De André, che rappresenta un’icona popolare amata dagli italiani e che spesso ha sostenuto valori universali, con una particolare attenzione verso i soggetti più vulnerabili, un concetto di valori universali simile a quello del rappresentante della letteratura cinese Lu Xun. Ricordo che De André ha più volte espresso, nelle sue canzoni, che bisognerebbe eliminare il pregiudizio e l’ipocrisia e far cadere le maschere. Ad esempio, nella canzone Sally vengono citati gli “zingari”. La maggior parte degli italiani spesso considera gli “zingari” una comunità di ladri. Il protagonista della canzone è un bambino cresciuto in una normale famiglia in Italia. All’inizio del testo Faber canta: «Mia madre mi disse “Non devi giocare con gli zingari nel bosco”», ma il protagonista, una volta cresciuto, sente il desiderio di conoscere il mondo, così si allontana da casa e incontra gli “zingari”. Alla fine del testo scrive: «Dite a mia madre che non tornerò». Il messaggio è che se vogliamo uscire dalla nostra comfort zone e imparare a vivere, dobbiamo essere disposti a superare i pregiudizi. Gli “zingari” della canzone, in realtà, si riferiscono a tutti i gruppi in qualche modo svantaggiati, agli immigrati di tutti i Paesi, agli indiani, ai cinesi e anche agli stessi italiani! Allora, dove sono finiti gli insegnamenti di Fabrizio De André? O forse lo spirito di De André è solo nella bocca, ma non nel cuore?
Zhang Changxiao, in arte Sean White, è scrittore, critico musicale, mediatore culturale fra Italia e Cina, promotore e organizzatore di eventi. Il suo primo libro, Creuza de Mao, nasce dall’incontro con l’Italia nel 2012: dedicato ai cantautori italiani, è il primo volume del suo genere in Cina e anche il primo a far conoscere la musica di Fabrizio De André nel paese asiatico, dove è diventato un bestseller da 200mila copie, valendogli il soprannome di “Marco Polo della musica italiana”. Precedentemente professore presso la Shandong University of Arts, oggi Sean White è direttore del Centro interscambio culturale Italia-Cina (ICCX); fondatore della China Week di Milano; organizzatore del Mandorla Music Festival, a cui ha partecipato anche Enrico Ruggeri, Cristiano de Andre”; direttore dell’agenzia di comunicazione Long Morning e fra gli organizzatori del Capodanno cinese in tutta Italia. Il suo sforzo di mediatore culturale è instancabile: ha organizzato più di 200 eventi in Italia e in Cina, portando in Oriente Eugenio Finardi, Giovanni Allevi e numerose star internazionali come Stewart Copeland. L’amore verso la sua patria reale e quella acquisita l’hanno portato a gettare molti ponti fra le due, che gli sono valsi numerosi premi, fra cui il Premio Nazionale G. Falcone e Borsellino nel 2016
Altri articoli
Marina Rossi, “One day, one future”
il COLORE: fotografie anni ’70 / ’80
Museo AmenCutti: il Festival del Natale torna dal 7 dicembre tutti i weekend a Ponzano Romano