24 Novembre 2024

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CULTURA. DOMANI A PALAZZO MORANDO APRE LA MOSTRA “DANIELE TAMAGNI. STYLE IS LIFE”

Portrait of a Sapeur wearing hot pink sunglasses and matching tie, holding a pipe in his mouth. Brazzaville, Congo (2008)

Milano– Apre al pubblico domani, venerdì 9 febbraio, a Palazzo Morando | Costume Moda Immagine la mostra “Daniele Tamagni Style Is life”, promossa e organizzata dalla Daniele Tamagni Foundation in collaborazione con il Comune di Milano e curata da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino.

La mostra è la prima grande retrospettiva del fotografo milanese, prematuramente scomparso nel 2017 a 42 anni, vincitore di prestigiosi premi internazionali come il Canon Young Photographer Award (2007), l’ICP Infinity Award (2010) e il World Press Photo Award (2011).
L’esposizione, che presenta un’ampia selezione di reportage realizzati in sette anni di produzione dell’artista, resterà aperta fino al 1° aprile 2024, con ingresso gratuito.

Dixy Ndalla, Congolese man who lives and works in London as a broker as well as for the Congolese embassy. He became a Sapeur once he came to London, as he started making enough money to afford the suits. He is the best client of Favourbrook in Jermyn Street, where he learnt how to become a real Dandy. London, UK (2009)

Daniele Tamagni è stato un fotografo di rilievo internazionale: il suo sguardo innovativo ha riunito in sé fotogiornalismo, fotografia di strada e fotografia di moda, in uno stile unico che è diventato la sua cifra.
Dal percorso di 90 fotografie, immagine dopo immagine, emerge chiaramente come in tutti i suoi lavori Daniele Tamagni abbia utilizzato la sua vasta conoscenza dell’arte e la sua passione per la moda e le sottoculture, celebrando le evoluzioni sociali attraverso l’abbigliamento delle nuove generazioni in Africa e in America Latina e la nascita di nuove identità locali nel contesto di un mondo sempre più globalizzato e interconnesso.

Group of young Sapeurs posing for the camera in Brazzaville, Congo (2008)

“Daniele ha intrapreso una missione per dimostrare quanto ricco sia il continente africano in termini di diversità̀ e storie non ancora narrate. Dal mio punto di vista, l’arte ruota attorno alla trasmissione delle nostre verità̀ personali. Daniele si è deliberatamente concentrato su individui ai margini della società̀, su coloro che sfidano le norme, privilegiando l’affermazione di sé rispetto all’approvazione altrui, su coloro che aprono la strada ai loro viaggi unici. A mio parere, ha scelto narrazioni strettamente allineate al suo cuore e al suo percorso di vita”, sottolinea la co-curatrice Aïda Muluneh.

Le fotografie in mostra, tra cui alcune del tutto inedite, offrono una panoramica dei suoi lavori più importanti.
Innanzitutto, i sapeurs congolesi della SAPE (Società degli Animatori e delle Persone Eleganti), anche conosciuti come i “dandy” di Bacongo, quartiere di Brazzaville nella Repubblica del Congo. Dalle sue fotografie emergono lo stile e i colori degli abiti indossati, i dettagli degli accessori – occhiali da sole, orologi, cappelli – ma anche il gusto e la gioia di vivere. Sin dalle origini del movimento, all’inizio del Novecento, i sapeurs avevano reinterpretato lo stile dei colonizzatori francesi, esibendosi all’interno delle loro comunità in performance in cui ostentazione, lusso e raffinatezza diventavano strumenti di resistenza culturale. «Daniele aveva scoperto come rendersi invisibile e allo stesso tempo determinato nel dirigere la performance dei sapeurs e la loro attenzione verso l’obbiettivo della sua fotocamera, catturando quel momento sublime in cui vita e arte si combinano per creare immagini senza tempo» ricorda Michael Hoppen, la cui galleria a Londra è tra le più qualificate a livello internazionale, e che introdusse l’opera di Tamagni nel mondo del collezionismo. L’affermato stilista inglese Paul Smith, per disegnare la sua collezione primavera-estate del 2010 si ispirò proprio alle fotografie del libro Gentlemen of Bacongo (pubblicato nel 2009 da Trolley Books), ormai divenuto un best seller della fotografia, e che contribuì al riconoscimento dell’International Center of Photography di New York.

Portrait of a member of the Piccadilly Group wearing a bowtie and an eye patch. Brazzaville, Congo (2008)


Il percorso espositivo presenta poi i metallari del Botswana, un progetto del 2012, nel momento in cui il movimento afrometal era al suo culmine. Ospite di un gruppo heavy metal, creato dai nipoti di uno psicologo italiano che aveva realizzato il principale ospedale per malattie mentali del paese, Tamagni immortala anche la vita quotidiana degli artisti. Attraverso il suo sguardo ne risalta lo stile, gli accessori e gli strumenti, con un sapiente gioco di luci e contrasti; ci conduce verso un immaginario “dark africano”, facendoci dimenticare solo per un momento i colori sgargianti dei sapeurs.
Ritroviamo la sinfonia di tessuti variopinti nei costumi tradizionali delle lottatrici boliviane, progetto premiato dal World Press Photo. Le “cholitas” boliviane riconosciute dalla “pollera”, la particolare gonna che indossano, sfidano la prospettiva tradizionale della divisione dei ruoli di genere portando avanti, anche attraverso il wrestling, forme concrete e positive di emancipazione femminile a livello sociale e politico.

E, ancora, fotografia di strada con protagoniste le giovani crew urbane di Johannesburg originate in un contesto politico fortemente repressivo, laddove la moda, ancora una volta, offre una forma di riposizionamento identitario, di appartenenza in una società re-immaginata e libera. Con le sue fotografie di “Joburg Style Battles” del 2012 Tamagni avvia delle conversazioni fotografiche, degli esercizi di arte collaborativa in cui rappresenta una scena variegata e vitale tra stile e performance, popolata da dance crews come i Vintage, e sottoculture come gli Smarteez. Il fotografo è riuscito a documentare questo mosaico di storie, stili e persone in cui la moda è strumento per esprimere e rappresentare una libertà duramente conquistata.

Segue la sezione dedicata alla settimana della moda di Dakar, dove Daniele cattura l’intimità e la spontaneità nei backstage delle sfilate e nei laboratori in Senegal. Nel 2012 erano ancora pochi i fotografi internazionali presenti per documentare quello che oggi è l’evento di punta della moda africana.
Come sottolinea Chiara Bardelli Nonino, co-curatrice della mostra, “Daniele era stato attratto dalla moda fin dagli esordi, ma in una declinazione per cui i brand e le fashion week del tempo non erano pronti. Voleva capire e fotografare lo stile, in particolare quel momento in cui il gusto da radicalmente personale si trasforma in un gesto, e volendo in un messaggio, destinato agli altri. Anche per questo la sua ricerca passava sempre, prima di tutto, dalle persone. Daniele voleva conoscere i suoi soggetti, intrecciare amicizie, scoprire perché si vestissero in un certo modo, cosa volevano comunicare e a chi”.

Completa l’esposizione una sezione in cui sono esposti i lavori dei primi tre vincitori del “Daniele Tamagni Grant” istituto dalla fondazione che, oltre a valorizzare l’eredità artistica di Daniele, si propone di testimoniare il suo legame con l’Africa, sostenendo la formazione di fotografi emergenti, in partnership con il “Market Photo Workshop” di Johannesburg (Sud Africa). Fondata da David Goldblatt nel 1989, prima della fine dell’apartheid, la scuola rappresenta la principale istituzione formativa africana nel campo della fotografia.
Accompagna la mostra la monografia “Daniele Tamagni. Style Is Life” pubblicata da Kehrer Verlag (testi in inglese e italiano, 150 immagini, 24×32 cm, 256 pagine).

Le opere di Tamagni sono presenti nelle collezioni di musei europei e americani, tra cui il LACMA di Los Angeles, il MOCP di Chicago, lo Houston Fine Art Museum, il Brighton Royal Pavilion, lo Schwules Museum di Amburgo.

L’ingresso alla mostra è gratuito, non è necessaria la prenotazione.