Disponibile su OnePodcast e su tutte le piattaforme di streaming audio
L’attrice e showgirl si racconta ripercorrendo la sua carriera e le vicende
che hanno condizionato la sua vita: dall’essere figlia di un amore tossico
alla sua intensa storia d’amore con Massimo Troisi
«Nasco a Roma da una famiglia disastrata. Mio padre per concepire me, durante una litigata, ha usato della violenza, è una cosa che mi ha sempre detto mia madre e che avrei preferito non sapere. Venire al mondo e sapere che comunque nessuno mi aspettava, che ero stata uno sbaglio, che ero venuta fuori da una violenza sessuale, che lui non si è presentato quando sono nata… Vieni fuori un po’ tipo: “Scusate se ci sono…”. Io ho assistito a tante brutte scene di mio padre nei confronti di mia madre, ma anche nei nostri, scene che rimangono per sempre nella testa. Non sai come comportarti… Io ho tutta una mia idea sulla famiglia, è importante da una parte, ma dall’altra rappresenta la prima forma di violenza che una persona deve subire. Perché vieni al mondo e sei condizionato da bombardamenti di frustrazioni, di convinzioni, di scontri…. Mia mamma andava difesa, ma io non potevo comunque aiutarla. Questo senso di impotenza, di dire “ma perché sono qua? Perché mi ci avete messo? Chi ve l’ha chiesto?”» inizia così l’intensa intervista di Luca Casadei a Nathaly Caldonazzo, ospite della nuova puntata del podcast “One More time”, disponibile da oggi 23 febbraio su OnePodcast e su tutte le principali piattaforme di streaming audio.
L’attrice e showgirl ripercorre la sua storia, segnata da un passato che ha condizionato e condiziona ancora oggi la sua vita, e il suo percorso artistico che l’ha portata troppo presto al successo. Ai microfoni di Luca Casadei, Nathaly racconta di essere figlia di un amore tossico, di un padre violento che ha influenzato molto le sue relazioni future: dall’intensa storia con Massimo Troisi, interrotta troppo presto a causa della sua malattia, e l’amore con l’imprenditore Riccardo Sangiuliano da cui è nata sua figlia, fino alla storia con il suo attuale compagno e il progetto artistico che oggi la rende felice.
Sul padre, figura contraddittoria e poco presente: «Era super carismatico, una persona che sapeva reinventarsi facendo cose incredibili. Non potevo abituarmi alla sua figura in quanto lui arrivava e poi spariva, tornava che gli avevano sparato o che era stato arrestato da qualche parte o non tornava per niente». E continua: «Mia mamma nasce già carente di amore e va in pasto prima nel mondo delle Blue Bell (era una ballerina del Lido di Parigi), dove c’è molta solitudine, tanta bellezza e interesse da parte di tutto il mondo; poi da quella condizione viene strappata, presa proprio come un fiore da questo uomo super bello, super potente all’apparenza che vede come il suo salvatore, ma non sa che sta per succedere qualcosa di brutto. Lei ha tutte le vene dei polsi tagliati perché ha provato più volte a togliersi la vita».
Sull’inizio della sua carriera artistica e il mondo televisivo «Inizio subito a 15 anni a fare un po’ di moda, un po’ di sfilate, un po’ di cataloghi perché avevo troppo bisogno di soldi. Accompagno una mia amica a un provino per un film di Neri Parenti insieme a Christian De Sica che si chiama “Fratelli d’Italia”, io avevo appena fatto un incidente bruttissimo e avevo la rotula in 18 pezzi; quindi, tutta ingessata accompagno lei e prendono me. Così inizio filmetti divertenti anni ’80, come “Paparazzi”, “Abbronzatissimi”. Poi entro nella grande famiglia del Bagaglino. Io la reputo un po’ la mia università, avere a che fare subito con grandi comici».
Sulle sue relazioni amorose e l’intesa storia d’amore con Massimo Troisi «Ho avuto tantissime storie d’amore, tutte dai finali bruttissimi. Ho vissuto almeno 7 storie d’amore grandi e importanti» e prosegue «Ho conosciuto Massimo che ero veramente piccolina, 23 anni, in un ristorante romano. Lui era seduto lì con, mi sembra, Massimo Lopez e Giovanni Benincasa. Mi ha guardata tutto il tempo. Ma a me non piaceva, io ero anche fidanzata con un altro ragazzo. Quindi mi è arrivato Massimo Troisi all’improvviso, perché lui da quella sera si è proprio fissato. Mi ha cercato come un matto dappertutto. Finché il suo migliore amico dell’epoca, che era Massimo Bonetti, si era fidanzato con la parrucchiera di mia sorella. Sta di fatto che dopo una settimana mi arriva la sua telefonata e dopo un’ora, con la sua simpatia, mi convince ad andare a prendere un caffè a casa sua. Ci siamo raccontati un pochino e sentivo tic tic tic..una cosa metallica, era il suo cuore. La cosa brutta è che poi dopo l’operazione, quindi passato un anno e mezzo, questo ticchettio non era più regolare, era tic tic, poi si fermava, tic tic tic».
Un amore di cui lei ha sempre parlato pochissimo perché, come ricorda Casadei, le era stato chiesto di non farlo, perché ‘Le foto dei morti si lasciano in cantina’.
Sull’evoluzione della loro relazione «Primo anno abbiamo viaggiato tantissimo. La nostra storia d’amore è nata non subito, perché ci sono state delle corna poco dopo sue, lui era molto ambito e gli piacevano tantissimo le donne. Secondo me, lui non pensava di riuscire a innamorarsi davvero di qualcuno e, invece, è successo perché, dopo questo primo approccio brutto, dove io non lo volevo più vedere, poi l’ho perdonato. E li poi ci siamo innamorati».
I problemi al cuore e il suo essere vicino a Massimo durante i momenti più difficili «Eravamo appena tornati dal Costa Rica, dove aveva cominciato a non sentirsi bene perché non si era portato le medicine. Non ho mai capito perché. Tornati a Roma dopo una settimana mi disse ‘dobbiamo tornare a Los Angeles a parlare con Michael Radford e da lì, tornando, passiamo per Houston e poi torniamo a Roma’. Andiamo a Los Angeles, tutto bene, lui sembra rinato, sport, felicità, voglia di cominciare questo film ecc… Passiamo per Houston e gli fanno questo cateterismo, gli mettono questa sonda per vedere la situazione. C’era questo professore, che l’aveva operato già vent’anni prima, perché a lui il cuore gli si fermò a 18 anni, mentre giocava a pallone per un reumatismo. Gli fece un disegno di un cuore enorme e gli disse “vedi Massimo, tu hai un cuore di un settantenne pieno di cicatrici, la valvola ti si è slabbrata, l’aorta. Dobbiamo aprire di nuovo, chiudere l’aorta e starai bene, lo vuoi fare qui? a Roma? decidi tu”. Eravamo da soli, io ero piccola, avevo 23 anni, 24, non sapevo quello che stavo andando ad affrontare, neanche lui lo sapeva. Ricordo che quella notte dormii con lui, nella stanza dell’ospedale, era tornato piccolo e indifeso. Gli feci compagnia e lo accompagnai fin dentro la sala operatoria, aspettai quattro ore fuori dalla sala. Quando mi chiamarono c’era qualcosa che non andava, l’operazione era andata malissimo perché sotto i ferri ha avuto un infarto e questo io non gliel’ho mai detto perché non volevo impressionarlo. Siamo rimasti un mese e mezzo chiusi in quell’ospedale».
I problemi di anoressia dettati da una forte insicurezza personale «Tornammo a casa da una cena e c’erano delle torte in cucina e lui mi disse senza nessuna malignità in napoletano “nun te la magnà”. Non se l’è mai più ricordata questa cosa, solo che in me è scattato qualcosa nella testa e ho cominciato a dimagrire fino a diventare anoressica, tant’è che non avevo più il ciclo, ero entrata in amenorrea. Noi volevamo questo figlio e ogni volta che a fine mese non mi veniva il ciclo, eravamo convinti che finalmente ero riuscita a rimanere incinta e andavamo a fare le analisi, ma ero semplicemente in amenorrea e non riuscivo più a riprendere chili. Lui mi diceva “se prendi 3kg ti sposo, te lo giuro su Dio”, e io gli dicevo ma è colpa tua, e lui “ma non me lo ricordo”, ma perché era stato in maniera assolutamente ingenua, senza pensare che tutto questo avrebbe creato in me un tunnel dal quale poi ci ho messo un bel po’ ad uscire. Quando mi disse quella frase, dissi “non gli piaccio, non vado bene così” e cominciai veramente a perdere kg, in un anno 15/20kg. Non voglio per nessuna ragione che passi il messaggio che è stato per colpa sua, la colpa è mia e della mia insicurezza».
Sul ricordo del momento in cui Massimo morì «lui stava finendo il film (Il Postino). Mancavano due giorni, si era trasferito a Ostia da una delle sorelle. Io mi ero assentata due giorni per un piccolo intervento. Ritorno con il treno di sabato mattina, verso 12.30, e lo chiamo che ero quasi arrivata a Roma. Mi risponde la sorella dicendo “Guarda Massimo sta dormendo. Però si è raccomandato che, se eri tu, di svegliarlo”, io ho detto no, tanto tra mezz’ora sono lì non lo svegliare. “No no no, perché lui ci teneva proprio di essere svegliato se chiamavi tu” e sento che comincia a chiamarlo, ma non rispondeva e io ho detto “va be Patrizia, dai, lascia stare, sto arrivando, fallo dormire, arrivo” attacco. Che succede? Che in quel momento lei si rende conto dopo poco che è morto. Nessuna mi avvisa. Chiama il 112 e in un attimo rimbomba a livello mediatico. Tutti sapevano che era morto, tranne io che ero ancora sul treno. Arrivo a casa nostra, la segreteria è impazzita, ma io andavo di fretta perché volevo andare da lui e non rispondo a nessuno. Mi ricordo ancora che ero in cucina e ad un certo punto squilla il telefono, in segreteria c’era mia madre che faceva “Nathaly rispondi, rispondi, è urgente, rispondi”. Alzo il telefono dico, “mamma, dimmi, che c’è?” Capisce che io non so nulla e mi fa “amore, adesso devi essere forte perché è morto Massimo”. Ricordo che mi cadde la cornetta a terra, vidi tutta la cucina che mi girava, la casa che si riempiva di gente. Piano piano un turbinio di persone che mi hanno portato via da là per portarmi da Massimo. E sono arrivata lì e l’ho trovato morto, con i pugni chiusi, congelato nel letto. Tutto viola. Sono riuscita a mettergli una lettera che avevo scritto a Ostia, gliel’ho lasciata dentro la mano. Almeno si è portato qualcosa di mio». E prosegue «la cosa incredibile è che il film è finito venerdì sera. Lui il sabato, all’ora di pranzo, è morto nel sonno, quindi ha voluto fare “Il Postino”, l’ha fatto e l’ha finito. Io un po’ do la colpa a questo film, ma più che altro la colpa lo do alla sua testardaggine, perché avrebbe potuto regalare a me ancora tanto amore, ma al mondo intero ancora tanta poesia».
Un’intesa intervista nella quale Nathaly Caldonazzo racconta anche la sua esperienza come mamma all’età di 35 anni, e il rapporto con sua figlia, una ragazza forte dal carattere deciso (oggi 19enne), nata dall’amore travagliato con Riccardo Sangiuliano. Parla di grandi sogni che nel tempo ha provato a realizzare, come quello del fight football non andato in porto, del progetto artistico con il suo attuale compagno che la vede impegnata nella creazione di capi sartoriali particolarmente estrosi, già richiesti per un importante film americano, e di quadri che definisce “molto materici”, fino all’ultimo progetto di opere contro la violenza sulle donne realizzato con l’artista siciliano Vito Bongiorno «soffrendo molto per un rapporto con un narcisista, mi sono chiusa due anni in me stessa subendo queste ferite, io le chiamo “squarcio paralizzante” perché è uno squarcio dell’anima che ti paralizza, perché non hai voglia di fare più nulla, ti senti proprio morto, completamente annientato. Però io non sto lì a piangere o mi suicido, magari mi è capitato di pensarci come tutti credono, ma mi rimbocco le maniche e mi invento l’arte. L’arte è tutto, perché butti tutto quello che hai sulla tela o sul metallo». Tutte attività che oggi la rendono felice e le permettono di dar vita alla sua passione creativa.
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