CENTRO D’ARTE E CULTURA “PIERO MONTANA”
BAGHERIA- VIA B. MATTARELLA N 64
In occasione della pubblicazione del libro di Piero Montana Dall’Inespressionismo all’Arte bionica-Appunti di una visione ateologica dell’arte contemporanea nonché della sua presentazione fatta dal prof. Tommaso Romano, sabato 19 ottobre nei locali del Centro d’Arte e Cultura di Bagheria, è stata in essi allestita una mostra “ad hoc”, ossia a supporto della tesi svolta in tale saggio, e cioè che l’arte ancora oggi vive di buona, ottima salute, ma al di fuori dall’ambito internazionale, in cui si sono affermate esclusivamente le ultime tendenze dell’arte contemporanea, quali l’Inespressionismo e l’Art Post-Human, dalle quali deriva l’attuale Arte bionica e/o Post-Antropocene.
Alla mostra intitolata “Quadro alternativo alla reificazione del contemporaneo” sono presenti opere (dipinti, sculture, installazioni) di otto tra i più significati artisti siciliani: il ceramista Chicco Carrega, il pittore Giovanni Castiglia, l’artista di Fiber Art Filly Cusenza, il pittore Marco Danese, l’artista Cinzia Farina sperimentatrice di nuovi linguaggi, lo scultore Lillo Giuliana, il pittore Mario Liga, il pittore Nuccio Squillaci.
Nella loro diversità, per via dei materiali in esse impiegati e per i loro differenti generi (pittura, scultura, collage, installazione) tali opere hanno tuttavia un denominatore comune la poesia e gli elementi che rendono vivibile l’esistenza umana nel nostro pianeta.
Tra questi elementi, terra, acqua, aria, fuoco, quello in particolare privilegiato nelle opere di Mario Liga, Nuccio Squillaci, Filli Cusenza, Chicco Carrega è la terra.
E’ infatti la terra il soggetto ma anche la materia dei quadri di Mario Liga ora dallo spessore cromatico molto denso, pastoso ora assai rarefatto in una figurazione delle campagne bagheresi, tanto amate dall’artista, ai limiti di una lirica e malinconica astrazione.
E ancora la terra è la materia delle pitture di Nuccio Squillaci, che viene però, grazie alla sua arte, ad alleggerirla dal peso della legge di gravità, col venirla a dotare di una forza sua propria, simile a quella di un potente magnete, che viene pertanto a calamitare la nostra attenzione, irretita nella sua magica malia nonché in tutta la sua fascinazione.
Per Filly Cusenza la terra non è però solo un elemento materiale bensì anche l’archetipo del femminile, giacché è da essa che nasce e si sviluppa la vita.
Ecco allora che l’emblema di tale terra non può che essere l’utero muliebre.
Ed è con delicata mano femminile, che l’artista li ricostruisce, impiegando i materiali più duttili come la cera e le garze, ma non dimenticando di utilizzare anche il rame, che per la scienza più antica, l’alchimia, era il metallo, corrispondente all’archetipo per eccellenza del femminile, la dea Venere, e al suo omonimo pianeta.
Ma la figura della Madre Terra non può essere rappresentata solo dall’utero che accoglie e sviluppa la vita, bensì anche dal suo naturale organo nutrizionale: il seno.
Erich Neumann, un assai importante studioso della psicologia del profondo in una sua celebre disanima della cultura matriarcale scopre allora che in essa il vaso arcaico in ceramica era anche un simbolo muliebre e che ancora in età più avanzate si ricordava come la prima patera, la prima coppa votiva era stata modellata sul seno di Elena, la donna celebre per la sua bellezza, che fu la causa della leggendaria contesa: la guerra di Troia.
Ebbene è a tutti questi elementi arcaici e mitologici, che si rifà l’arte del ceramista Chicco Carrega, nella realizzazione dei suoi Vasi di Pandora, terrecotte assai primitive, magiche ed ancestrali.
Lillo Giuliana invece con la sua scultura, una barca che al suo interno ne contiene una più piccola, che può essere considerata il timone di quella più grande, viene a riferirsi all’elemento acqua.
E’ infatti nell’acqua del mare che può veleggiare una simile imbarcazione, ma questa a sua volta non è che un simbolo della nostra vita costretta a navigare nel mare ora tranquille ora inquiete della nostra esistenza.
Un mare dunque dal vasto ed illimitato orizzonte in cui la fragile barca della nostra vita rischia di perdersi se non naufragare.
Infatti sul destino di tale imbarcazione incombe un cielo nero e tempestoso, squarciato a tratti da lampi di luce, che non possono che illuminare la notte, le tenebre ancora più fitte che avvolgono la nostra esistenza.
Marco Danese nelle sue opere pittoriche, intitolate lacerazioni visive, viene ad illuminare pertanto questo destino dell’uomo immerso in tali tenebre, lacerate solo da lampi, che però rendono più oscuro il cielo che ci sovrasta.
Del tutto differente a questa tetra atmosfera è la rappresentazione dell’aria nei dipinti di Giovanni Castiglia. Infatti per questo nostro pittore l’aria è solo l’elemento indispensabile al respiro dell’uomo.
Ma il vero, autentico respiro che dà vita alla nostra esistenza, è l’arte.
Ecco allora che nei suoi dipinti la materia pittorica viene diluita e, per così dire, rarefatta.
Una tale materia diviene pertanto non più materia, ma una sua quinta ed impalpabile essenza, venendo a costituire l’elemento con cui non più respirano gli uomini bensì gli Dei.
In una tale trasmutazione alchemica c’è dunque tutto il segreto dell’arte pittorica di Castiglia che finisce per sgravare la materia da tutta la sua pesantezza con il portarla invece alla leggerezza di una astrazione del tutto spirituale.
Per finire è il fuoco che ispira la poetica di una sperimentatrice di nuovi linguaggi, quale Cinzia Farina.
L’artista infatti nelle sue opere “giocate” nello spazio di una poesia visiva, è in cerca di una parola incorrotta che solo però riposa nel grembo dell’Essere.
Ora una tale parola non può avere uno spessore semantico. Una tale parola è quella della poesia pura, che si sottrae ad un linguaggio strumentale, (im)piegato alla logica del senso e del suo ordinario, abituale sfruttamento.
Una tale parola non può non essere che libera ossia non servile.
Per questa essa va al di là di un significato in rapporto al suo significante.
Una tale parola implica infatti un salto di qualità, essendo essa non più lettera ma Spirito.
Ma la trasmutazione della lettera in Spirito è un’operazione alchemica che necessita di una materia prima.
Da qui tutta l’importanza accordata dalla nostra artista ai materiali spesso i più usurati o da tempo dismessi come vecchie falde per i neonati, che Farina impiega per la realizzazione delle sue opere che vengono a proporre una nuova pittura, in cui però i colori sono sostituiti da questi materiali e oggetti da tanto tempo non più usati, che vengono a conferire ad esse il sostrato più idoneo all’incarnazione di uno Spirito, il Fuoco, che con la sua luce domestica viene poeticamente ad illuminarli.
Il tema di questa nostra mostra, se di tema a riguardo si può parlare, é dunque la vita.
E’ la vita che sorge nello spazio e nell’orizzonte dell’arte.
E l’epifania di questa vita é l’anima dell’artista che in essa si si riversa, si esprime.
Negare una tale espressione é negare la vita dell’arte e del suo artefice.
Se l’arte oggi muore é perché con essa é morta la sua fonte, la sua origine, l’Io, la soggettività dell’artista, che ne é il supporto, proclamata da quelle, che vengono oggi considerate le correnti più rilevanti e significative dell’arte contemporanea: l’Inespressionismo e l’Art Post-Human, da cui deriva l’attuale Arte bionica e/o Post-Antropocene, ossia l’arte in cui alla sparizione del soggetto subentra quella dell’oggetto industriale, seriale ed anonimo e già ai nostri giorni prettamente tecnologico, comportandone la morte. Contro quest’arte insorge la nostra mostra “Ad hoc”, che, pur in uno spazio assai limitato, vuol rappresentare un quadro alternativo nonché vitale alla reificazione del contemporaneo.
Questa mostra, allestita nei locali del Centro d’Arte e Cultura di Bagheria (PA), siti in via Bernardo Mattarella n 64, si può visitare tutti i giorni (compresi i festivi) fino al 28 ottobre, dalle ore 17 alle 20, ma solo su appuntamento telefonando al 3886416109
L’INGRESSO E’ GRATUITO.
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