Sono tante le riflessioni che spontaneamente prendono vita se ci si sofferma ad osservare la vita di Luciano Bianciardi. Scrittore, giornalista, critico televisivo, bibliotecario ma, soprattutto, attivista che, fortemente contribuì al fermento culturale italiano nel dopoguerra contro l’establishment culturale italiano, a cui peraltro apparteneva.
Il “Monoscopio Opaco. Riflessioni su Luciano Bianciardi”, dello scrittore Giorgio Costa, (autore di diversi studi in cui analizza il rapporto tra gli artisti e i sistemi culturali nei quali operano), edito da XY Editore, sembra essere la trasposizione dell’Io di Bianciardi raccontato attraverso la narrazione di un viaggio iperbolico, durante i primi decenni del dopoguerra, tra la provincia grossetana e Milano. Una provincia, solo apparentemente, sonnacchiosa e al contempo carica di simboli culturali tradizionali (dai cieli di Kansas City, agli eroi minatori, le domeniche al cineclub) e una Milano già simbolo di nevrosi e schizofrenia, che ogni giorno si carica di persone, invadendo strade, negozi e uffici. In questa Milano convivono diverse realtà di Case Editrici tutte ricche di intellettuali che si perdono in lunghe riunioni a dissertare sull’opportunità delle “virgolette”. In tutto questo pensare, soffrire e agire c’è uno scrutatore attento e giusto (‘l’occhio giusto’ di Bianciardi), che si affaccia sul Mondo attraverso il monoscopio della neonata televisione.
Difficile, se non impossibile, comprendere la sua disintegrata e opaca personalità senza ricorrere a un ritratto attento e imparziale di quegli anni, popolati da luoghi, episodi, testi, giornali, ritagli, film, trasmissioni e canzoni; tutti evocativi di un periodo in fortissima evoluzione e di grande trasformazione creativa. In quel mondo Bianciardi si forma, si ispira diventando lui stesso un ispiratore, un anticonformista o, meglio, un rivoluzionario. Considerato ancora oggi un precursore tradizionalista, innovatore senza programma, un fotografo senza macchina fotografica, ma con un obiettivo ben puntato su ciò che lo circondava. Insomma, un occhio attento dietro a un immaginario Monoscopio, che punta diritto verso un Mondo, secondo il suo sentire, terribilmente opaco.
GIORGIO COSTA
Giorgio Costa, classe 1980, è autore di studi in cui analizza il rapporto tra gli artisti e i sistemi culturali nei quali operano. Docente universitario, ha pubblicato i saggi: Michelangelo alle corti di Niccolò Ridolfi e Cosimo I (Bulzoni, 2009), Seek & destroy. L’opera dei Metallica (Odoya, 2013) e il romanzo Universum (Mondadori, 2019). Vive e lavora a Milano.
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