Lo studio dei ricercatori della Federico II, del CNR, del
CEINGE-Biotecnologie Avanzate, delle Università Roma Tre e Statale di
Milano è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista PLOS ONE
Un nuovo studio pubblicato da PLOS ONE (*), autorevole rivista
scientifica americana, rivela l?eccezionale scoperta di neuroni umani
da una vittima dell’eruzione che nel 79 d.C. seppellì Ercolano, Pompei
e l’intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano.
Lo studio è stato eseguito dal team di ricerca coordinato
dall’antropologo forense Pier Paolo Petrone – responsabile del
Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la
sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’Università di Napoli
Federico II – di cui fanno parte il professor Massimo Niola (ordinario
e direttore della U.O.C. di Medicina Legale della Federico II di
Napoli), il professor Giuseppe Castaldo (Principal investigator del
CEINGE e ordinario di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio
nell’Università Federico II) e il professor Guido Giordano (ordinario
di Vulcanologia dell’Università Roma Tre), in collaborazione con
Francesco Sirano, Direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Maria
Giuseppina Miano, neurogenetista presso l’Istituto di Genetica e
Biofisica Adriano Buzzati-Traverso del Consiglio Nazionale delle
Ricerche di Napoli e ad altri ricercatori dei suddetti centri di
ricerca nazionali e dell’Università Statale di Milano.
La straordinaria scoperta è quindi tutta italiana, frutto del lavoro
dell’antropologo forense Pier Paolo Petrone, in collaborazione con
geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e
matematici, che hanno raggiunto risultati eccezionali nonostante le
limitazioni imposte dal Covid-19. Il rinvenimento di tessuto
cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito spiega
Petrone, coordinatore del team ma ciò che è estremamente raro è la
preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso
centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza
precedenti.
L’eruzione, che causò la devastazione dell’area vesuviana e la morte
di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la città di
Ercolano, ha permesso la conservazione di resti biologici anche umani.
La straordinaria scoperta ha potuto contare sulle tecniche più
avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di
Scienze dell’Università di Roma Tre, un’eccellenza italiana – spiega
Guido Giordano , dove le strutture neuronali perfettamente preservate
sono state rese possibili grazie alla conversione del tessuto umano in
vetro, che dà chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle
ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano nelle prime fasi
dell’eruzione”.
“I risultati del nostro studio mostrano che il processo di
vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha
congelato le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di
questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi, aggiunge Petrone.
Le indagini sulle vittime dell’eruzione proseguono in sintonia tra i
vari ambiti della ricerca. La fusione delle conoscenze
dell’antropologo forense e del medico-legale stanno dando informazioni
uniche, altrimenti non ottenibili, afferma Massimo Niola.
Lo studio
ha anche analizzato i dati di alcune proteine già identificate dai
ricercatori in un lavoro pubblicato a gennaio scorso dal New England
Journal of Medicine. Un aspetto di rilievo potrebbe riguardare
l’espressione di geni che codificano le proteine isolate dal tessuto
cerebrale umano vetrificato spiega Giuseppe Castaldo.
Tutte le trascrizioni geniche da noi identificate sono presenti nei vari
distretti del cervello quali, ad esempio, la corteccia cerebrale, il
cervelletto o l’ipotalamo, aggiunge Maria Giuseppina Miano.
Le indagini sui resti delle vittime dell’eruzione non si fermano qui.
Questi e altri risultati delle indagini bioantropologiche e
vulcanologiche in corso a Ercolano stanno via via riportando alla luce
particolari mai prima messi in evidenza, che arricchiscono il
complesso quadro di eventi della più nota tra le eruzioni del Vesuvio.
Gli straordinari risultati ottenuti conclude Francesco Sirano
dimostrano l’importanza degli studi multidisciplinari condotti dai
ricercatori della Federico II e l’unicità di questo sito
straordinario, ancora una volta alla ribalta internazionale con il suo
patrimonio inestimabile di tesori e scoperte archeologiche.
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