Mercoledì 27 gennaio – ore 18.30
In diretta dalla Feltrinelli Red di via Tomacelli a Roma, l’incontro sarà trasmesso sulle pagine Facebook di Feltrinelli, Pde social club e Manni.
Con Paolo Berizzi
La storia di due famiglie ebraiche, una salvata dai “giusti” e l’altra condannata dagli “infami”, un racconto sull’ebraismo, sull’identità, sulla memoria.
Lia Tagliacozzo è ebrea, figlia di due sopravvissuti alla Shoah. Quando nel 1938 vennero promulgate le leggi razziali, i suoi genitori erano bambini: durante le persecuzioni il padre si salvò per caso da una retata e restò nascosto in un convento per tutti i mesi dell’occupazione, la madre si rifugiò in un casolare di campagna e poi, dopo la fuga attraverso le Alpi, in un campo di internamento in Svizzera. Ma di tutto questo a casa di Lia si è sempre parlato poco.
E lei, da sempre, ha tentato di ricostruire la storia della sua famiglia cucendo insieme le poche informazioni, riempendo i buchi della memoria, indagando tra le omissioni e le rimozioni. Ha scritto tanto, negli anni, trasformando in romanzo le vicende degli ebrei italiani, e ora ha deciso di raccontare la propria storia.
Perché non è vero che le generazioni nate dopo la persecuzione sono pacificate e serene: è come se attraversassero un deserto. Quel deserto che, nella Bibbia, è una progressiva assunzione di responsabilità, la costruzione di uno spazio che lascia liberi gli interrogativi, perché è la possibilità di domandare ciò che rende libero l’essere umano.
Lia Tagliacozzo è nata nel 1964 a Roma, dove vive. Ha lavorato nel settore culturale delle istituzioni ebraiche, scrive su varie testate, tra cui “il manifesto” e “Confronti”, cura documentari per la televisione, collabora con la redazione di “Sorgente di vita” di Rai 2.
Ha pubblicato vari libri. Gli ultimi, destinati ai bambini sul tema della Shoah, sono Il mistero della buccia d’arancia (Einaudi 2017) e La Shoah e il Giorno della Memoria (Edizioni EL 2017).
La storia di due famiglie ebraiche, una salvata dai “giusti” e l’altra condannata dagli “infami”, un racconto sull’ebraismo, sull’identità, sulla memoria.
“Nella mia famiglia le storie della guerra sono sempre state taciute.
Per tutta la mia infanzia e la prima età adulta la loro ricostruzione ha richiesto anni di scoperte occasionali, di orecchie tese a cogliere indizi e esplorazioni clandestine nelle carte di casa.
Questa dunque è la storia della mia famiglia”.
Lia Tagliacozzo è ebrea, figlia di due sopravvissuti alla Shoah. Quando nel 1938 vennero promulgate le leggi razziali, i suoi genitori erano bambini: durante le persecuzioni il padre si salvò per caso da una retata e restò nascosto in un convento per tutti i mesi dell’occupazione, la madre si rifugiò in un casolare di campagna e poi, dopo la fuga attraverso le Alpi, in un campo di internamento in Svizzera. Ma di tutto questo a casa di Lia si è sempre parlato poco.
E lei, da sempre, ha tentato di ricostruire la storia della sua famiglia cucendo insieme le poche informazioni, riempendo i buchi della memoria, indagando tra le omissioni e le rimozioni. Ha scritto tanto, negli anni, trasformando in romanzo le vicende degli ebrei italiani, e ora ha deciso di raccontare la propria storia.
Perché non è vero che le generazioni nate dopo la persecuzione sono pacificate e serene: è come se attraversassero un deserto. Quel deserto che, nella Bibbia, è una progressiva assunzione di responsabilità, la costruzione di uno spazio che lascia liberi gli interrogativi, perché è la possibilità di domandare ciò che rende libero l’essere umano.
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