21 Settembre 2024

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Didone abbandonata – Dido and Æneas Stagione Lirica 2021 al Teatro Filarmonico da domenica 28 marzo alle 15 · webTV

https://arenatv.uscreen.io/ arena.it/tv e YouTube sabato 3 aprile alle 15.00 · Facebook venerdì 9 e sabato 10 aprile alle 15.00 · Telenuovo (canale 11)

Domenica 28 marzo alle ore 15.00 va in scena il terzo appuntamento della Stagione Lirica 2021, incentrato sul mito di Didone

che accosta la cantata
per soprano di Nicolò Jommelli Giusti Numi che il ciel reggete, detta Didone
abbandonata, alla celebre opera barocca di Henry Purcell Dido and Æneas,
proposta con la regia, le scene e i costumi di Stefano Monti e le luci di
Paolo Mazzon.

Il Coro preparato da Vito Lombardi, l’Orchestra e i Solisti saranno diretti
da Giulio Prandi, al suo debutto veronese.

Grazie alla collaborazione con ANFOLS per il progetto Aperti nonostante
tutto, lo spettacolo sarà trasmesso sui canali social del Filarmonico
Facebook, YouTube e sulla webTV <https://arenatv.uscreen.io/> arena.it/tv e
andrà in onda anche su Telenuovo mediante l’iniziativa Filarmonico aperto…a
casa tua, per far entrare la musica in quante più realtà possibili.

Si tratta di una prima esecuzione al Filarmonico per la cantata Giusti Numi
che il ciel reggete detta Didone abbandonata di Niccolò Jommelli
(1714-1774), tra i massimi rappresentanti della scuola musicale napoletana.

Didone, fondatrice e prima regina di Cartagine, è divenuta mitologica
grazie alla narrazione virgiliana dell’Eneide, ma il personaggio e la
vicenda hanno continuato ad avere grande rilievo nel corso della storia sia
per quanto riguarda la produzione musicale, che letteraria.

Nella cantata qui proposta spicca la grande abilità melodica di Jommelli e
la sua capacità di rendere profondamente idiomatica la scrittura
orchestrale. Molto evidente a riguardo la figurazione ricorrente nell’ultima
aria, in cui l’orchestra evoca in modo pittorico e vivido il crollo di
Cartagine.

Nelle arie – come nell’arioso inserito nel recitativo centrale – la voce è
quella di Didone, in prima persona, mentre nel recitativo parla una voce
narrante. Ecco, quindi, che la cantata assume i toni di un prologo alla
narrazione dell’opera di Purcell, guidando l’ascoltatore all’azione. Didone
sceglie di morire insieme alla sua Cartagine, divorata da un incendio
catartico, rifiutando la proposta di un Re per restare fedele a Enea.

Il Maestro Giulio Prandi, musicista poliedrico e raffinato studioso di
opere rare, fa il suo debutto al Filarmonico per dirigere anche Dido and
Æneas, mentre il ruolo solista è affidato al soprano Maria Grazia Schiavo.

Suddivisa in tre atti su libretto di Nahum Tate, Dido and Æneas è la prima
opera di Henry Purcell. La vicenda si rifà all’episodio del Quarto libro
dell’Eneide di Virgilio in cui il guerriero Enea in fuga da Troia sbarca a
Cartagine, dove incontra la regina fenicia Didone che l’accoglie nel suo
palazzo e nel suo cuore. Quando l’eroe riprenderà la via del mare su
consiglio degli dèi, a Didone non resterà che il suicidio.

Originariamente basata su Brutus of Alba, or The Enchanted Lovers del 1678
di Nahum Tate, il Dido and Æneas di Purcell trae spunto anche dall’opera di
John Blow Venus and Adonis del 1683 e da un poema del 1686 sempre di Tate,
da cui ricava i personaggi della Maga e delle Streghe quali allegorie
politiche del Cattolicesimo romano, che convincono Enea-Giacomo II ad
abbandonare Didone che rappresenta l’Inghilterra e il popolo britannico. La
prima rappresentazione dell’opera risale con data incerta al 1689 presso il
collegio femminile “Josias Priest’s Boarding-School” del quartiere londinese
di Chelsea, sebbene pare sia avvenuta anche una prima performance alla corte
di Giacomo II Stuart.

L’allestimento proposto al Filarmonico, nell’edizione critica di Clifford
Bartlett, proviene dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena ed è firmato
da Stefano Monti per regia, scene e costumi, mentre il disegno delle luci è
affidato a Paolo Mazzon.

Questa messa in scena è stata pensata dal regista prima dello scoppio della
pandemia ed è stata ovviamente ripensata per le necessità di distanziamento
e in funzione della messa in onda in streaming, evidenziando in tali
cambiamenti la volontà e la capacità di adattamento fondamentali per tenere
viva l’attività teatrale.

La situazione attuale ha reso indispensabile una revisione degli spazi e la
platea è divenuta un prolungamento del palcoscenico, un luogo di interazione
tra il Coro e i Solisti.

«L’abbattimento della quarta parete, il muro immaginario delimitato dal
sipario, e il conseguente dilagare dell’azione teatrale oltre il limite
convenzionale, pongono lo spettatore non più solo in una condizione di
fruitore esterno all’evento teatrale, ma lo rendono esso stesso parte
attiva, anche soltanto con la sua presenza. L’orizzontalità dell’azione
scenica in platea sostituisce, e in questo caso affianca, la verticalità
dell’impianto scenico alle spalle del direttore d’orchestra, per uno
sviluppo a 360° dell’azione teatrale».

Per il regista un ruolo quanto mai fondamentale è rivestito dalla luce, che
«non si fa più solo portatrice di valori emozionali e pittorici ma anche
espressivi e funzionali. Le “mille” luci del lampadario della platea, la
mezza luce che accompagna l’inizio dello spettacolo o le luci di gala dei
palchi, si faranno portatrici di un messaggio di teatro che avvolge e
coinvolge in un patto solidale verso la forma teatrale più colpita
dall’emergenza sanitaria».

Si tratta di un’opera estremamente attuale poiché porta con sé numerosi
temi della contemporaneità tra cui: l’elemento femminile, il tema
dell’esilio, ed infine il concetto di unità. L’antico mito fondativo del
continente narra il rapimento da parte di Zeus della giovane libanese Europa
che vagò a lungo nel Mediterraneo, anche qui anticipando i fenomeni recenti
di migrazione. Il tema dell’esule, in senso più esteso, è quanto mai attuale
poiché rimanda al concetto di separazione che è stato proprio di questi
tempi, segnati dalla pandemia. Come indicato dal regista: «il gioco teatrale
si fa portatore di significato». L’inizio dell’opera, con le parole del
Coro, anticipa il sogno di un’Europa unita nel segno della fratellanza tra
le nazioni. Dominante tra tutti il tema femminile, in cui si delinea un
personaggio completamente differente rispetto alla Didone di Jommelli: qui è
una donna sola e tormentata, attorniata dai cortigiani, che trova conforto
solo in Belinda. Non vi è alcuna morte eroica, ma solo un profondo senso di
solitudine.

E questa dimensione sfaccettata del personaggio femminile affascina molto
il Direttore d’orchestra Giulio Prandi, che si interroga: «Dietro quante
eroine leggendarie si nasconde una vittima? Una donna sola? Quanto costa
alle donne essere regine? O anche solo essere donne, ieri come oggi? Quanto
è pericolosa la solitudine, questa condizione che oggi ci si presenta
davanti carica di nuove ambiguità?». E ancor più, in questo tempo difficile,
la musica diviene ancora una volta portatrice di un forte messaggio: «Il
tempo che viviamo ci impone di riflettere, di dare il massimo significato a
ciò che abbiamo il privilegio di fare. L’arte è chiamata a un compito alto,
mai come oggi».

Il cast vede protagonisti grandi interpreti del repertorio barocco: la
protagonista Dido è Josè Maria Lo Monaco, accanto a Æneas di Renato Dolcini.
Belinda è Maria Grazia Schiavo, come Second Woman è impegnata Eleonora
Bellocci, mentre Lucia Cirillo interpreta Sorceress. La doppia parte First
Witch/Spirit è affidata a Federico Fiorio, come Second Witch si esibisce
Marta Redaelli e, per finire, Raffaele Giordani interpreta un Sailor.

L’opera sarà online sulla webTV di Fondazione Arena
<https://arenatv.uscreen.io/> arena.it/tv e sul canale YouTube a partire da
domenica 28 marzo alle 15, mentre sarà su Facebook sabato 3 aprile alle 15.
E grazie alla volontà di aprire a tutti le porte del Teatro, lo spettacolo
sarà trasmesso su Telenuovo (al canale 11) venerdì 9 e sabato 10 aprile,
sempre alle ore 15.