Guardare le cose dal tetto del mondo è una condizione costante dell’esistenza di Osvaldo Moi, artista italiano contemporaneo, che ha svolto la professione dell’elicotterista per oltre trent’anni, ma che proprio grazie a questo è rimasto sempre e naturalmente, immerso nella dimensione contemporanea “globale” da cittadino del mondo.
Il quartiere, il borgo, la città sono difficilmente presenti nel suo immaginario, poiché lui, volando, è sempre più un cosmonauta che privilegia gli archetipi collettivi e i grandi temi dell’umanità: la donna, Ia natura, le vittime, il lavoro, i valori, la famiglia. Grazie al suo sguardo inchiodante, veniamo immersi nella dimensione socio-animale del Pianeta, portandoci a chiamare il nostro spazio di riferimento interiore la Terra intera.
E’ una dimensione con cui possiamo anche provare a giocare, come con una pallina su Google Earth, magari dal nostro smartphone, mentre passeggiamo lungo un fiume dietro casa. La geografia planetaria è così la nostra nuova dimensione, nella quale si trovano ormai a loro agio quelli della generazione Z.
Pochi decenni fa, per affermare che si era sul tetto del Mondo occorreva chiamarsi Messner, mentre oggi provare quella sensazione anche solo visiva, è possibile per molti. E così tanti di noi possono fare quel passo che da lassù è impensabile non essere portati a fare: cambiare punto di vista, ridiscutere tutto, rivedere noi stessi e il mondo in cui viviamo. Oggi infatti ci arrivano foto e video che provengono istantaneamente dall’altra parte del globo, così come possiamo chiamare chi è appena sceso da un aereo in Cina.
Le piazze sono luoghi di protesta sempre di più dedicati non alla fabbrica vicina ma a quanto accade in Amazzonia, alla crisi climatica globale.
E ai luoghi tradizionali si sono aggiunti i non luoghi di Marc Augè, figli del globalismo di oggi, con aeroporti, megacentri del commercio ed altre piattaforme dove i beni esposti poco prima erano su enormi navi solcanti gli oceani.
Riscrivendo nuove mappe e nuovi itinerari dell’esistente, sovente nel tentativo di giungere alla costruzione di aggregati sostanzialmente fantastici (come nel caso delle sue creature ibride quali le escargot e i paguri), all’artista Osvaldo Moi appare urgente l’esigenza di equilibrare il rapporto tra tutti gli esseri viventi, quasi al fine di plasmare nuove visioni dell’esistere.
Mondi che, raccontano per sintesi due concetti, come per l’endiadi. I suoi lavori da una parte incuriosiscono, avvolti come sono da quell’aura di mistero che apparentemente le circonda (una palla con i piedi di un bimbo ? Una lumaca con delle dita al posto delle corna?), dall’altra attraggono inevitabilmente, nell’intento di risvegliare stimoli al pensare/analizzare la realtà, migliorando l’esito del Vivente.
Una condizione destabilizzante, quella della dimensione espressiva, in particolare quella tridimensionale, di questo artista che si pone in una posizione di continuo scacco matto nei confronti di un vivere sempre più ambiguo, infido e sfuggente alla comprensione da parte dell’essere umano. Moi invita l’osservatore a spostare ulteriormente il proprio punto di vista nei confronti del mondo e lo conduce in una dimensione metaforica, fatta di forme e colori fuori dall’osservazione convenzionale, determinando un forte spaesamento.
Ecco perché entrando nei suoi ambienti espositivi a Limone Piemonte e a Torino si comprende immediatamente la sua personale ricerca verso il contraddittorio rapporto tra uomo e società. Di fatto la sua produzione sembra briosa, mentre invece sottende ad una provocazione profonda.
Questo scultore che nella vita ha volato per mestiere su cieli di guerra, ha visto ciò che nella vita ci si augura di non vedere mai: terremoti, roghi, inondazioni. Calamità tutte caratterizzate da distruzione. Proprio perché i fatti di cronaca Moi li ha sovente vissuti in diretta, non può esimersi dallo scavare meandri nel rapporto tra essere umano ed ambiente.
Anche questo é un argomento quanto mai attuale in un periodo storico come quello odierno, caratterizzato da un clima di crescente schizofrenia, acutizzata per di più dai mezzi di comunicazione di massa e dai cambiamenti tecnologici moderni, che fanno intravedere mondi nuovi con cui risulta sempre più faticoso rapportarsi.
Ora, che si tratti di battaglie fisiche o di ansie e nevrosi personali, oppure ancora di imposizione di violenze o potere, egli procede nella sua narrazione plastica – anche nelle opere più pop e surreali – con una certa anomalia. Una inquietudine data dalle nuance sgargianti, innaturali. Una tracciatura di elementi distonici che traslano le avvisaglie di pericolo, auto-dichiarandosi quasi con una battuta sarcastica. Pertanto, come abbiamo già avuto modo di scrivere altrove, nei suoi lavori si rimane costantemente pervasi da un urlo tacito, da una denuncia sottaciuta.
Ciò nonostante, Moi è ancora un ottimista e crede nella salvezza. E lo stile bizzarro, e a volte ironicamente brutale, non deve fare pensare ad alcuna forma di ingenuità. Con la sua tecnica l’artista addolcisce il messaggio, proprio con l’ ironia che lo contorna sempre quando si racconta, e dalla quale sovente emergono teneri ricordi dell’infanzia. “Da bambino – spiega lo scultore – avevo scoperto di avere quella particolare propensione che ho inteso come dono, la possibilità di creare, di estrarre dal legno, dalla pietra, da vari materiali quella forma plastica che da tempo immaginavo e vedevo nella mia mente come in un film o un’immagine ancestrale. Ho sempre avuto quell’intuito, quella spinta interiore, come un clic di una macchina fotografica nel momento in cui potevo vedere nei tronchi o nei materiali la struttura che ne sarebbe scaturita; è come se una forza interna mi spingesse a cercare e dare la giusta forma e di muoverla nello spazio.“
Significativamente quindi, l’imminente mostra digitale FROM THE WORLD’S ROOFTOP (“Dal tetto del mondo”) che si inaugura nell’ambito di ContemporaryArt Torino Piemonte 2021, generata appositamente per la fruizione in rete di tutti, indistintamente, categorizza – per la prima volta attraverso l’analisi di una produzione quasi ventennale condotta dalla curatrice Monica Nucera Mantelli – tre tipologie di messaggi. La prima è “Religioni, Difese e Superstizioni”, la seconda “Denunce, Fughe e Abbandoni”, la terza è “Bellezze ed Elevazioni”.
Nello specifico segnaliamo, alla sezione RELIGIONI, DIFESE E SUPERSTIZIONI opere come: Sindone (Gesù che si eleva), Crocifissi (Gesù piccolo il Castigatore) (2017), Escargot (2006 in poi), Cheope, Riccio (2016), Chevre d’or, Concerto di paguri (2017), Tapiri; alla sezione DENUNCE, FUGHE E ABBANDONI appartengono opere come: Voglia di evadere (2016), Voglia di Fuga (La sofferenza dell’uomo invischiato nel suo mondo) (2016), Bimba curiosa (2016), Bimbo curioso (2016), Bambino soldato libanese (2006/2017), Bimbo Rosso in busta (2017), Bimbo Rosso in boccia (2017), Il Grande Passato(2017), Ballerina nei suoi cambi di scena (2016), Incendio (2016), Profondo blu (Occhio di Giove) ( 2016), Maschere (Sofferenza) (2016), Pugno rabbioso (2017), Caduti a Nassiriya (2006), Zaino Valigia aperto (2016), Zaino Valigia Chiuso (2017). Infine, alla sezione BELLEZZE ED ELEVAZIONI appartengono opere come: Pescatore (2012), Cernia (2017), Pesce Volante (2017), Seppia (2012), Octapus (2017), Ita149 (2017), Donna che entra nel muro, Specchio performativo, Faccette, Nasini, La Famiglia (installazione) (2021), Fiore Ape, Mano destra, Mano piccola, Mano sinistra (2016), La Ginnasta, La Bicicletta, Donna che corre, Dalla Ruota alla Luna, I Calciatori e altre opere ispirate allo sport.
Non resta che segnalarvi l’ appuntamento con lui e le sue opere proprio in occasione della Notte delle Arti Contemporanee di Torino, sabato 6 novembre dalle ore 18 in poi, quando potrete visionare in tutta libertà e con i vostri tempi, una selezione di queste opere scelte dalla sua produzione dal 2003 ad oggi, dal titolo emblematico FROM THE WORLD’S ROOFTOP – DAL TETTO DEL MONDO. Al visitatore basterà semplicemente cliccare sul canale Youtube OSVALDO MOI ARTWORKS.
La mostra sarà fruibile gratuitamente da ovunque e con qualsiasi dispositivo che abbia accesso alla rete (smartphone, tablet, computer). Attenzione però: fino a tale data e ora la mostra non sarà visibile. Il link è https://www.youtube.com/channel/UCqm2y9KFIXkXGilGfn4V9PQ
Osvaldo Moi (Silius, 1961) sin dalla sua infanzia ha manifestato una propensione alla performing art e alla scultura. Affida al fluire delle forme e alla forza espressiva della materia il senso della sua ricerca. È autore del gruppo in bronzo per i Caduti di Nassirya, collocato in piazza d’Armi a Torino; altre due copie sono a Novara e a Pianezza (TO). È stato invitato da Vittorio Sgarbi alla 54esima Biennale di Venezia, interpretando il ritratto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di un suo busto. Espone a Parigi, Saint-Paul-de-Vence, Milano, Torino. Vive e lavora tra Torino e Limone Piemonte, dove ha i suoi studi. www.osvaldomoi.it
Altri articoli
Firenze frammenti d’anima
La mostra “Il Mondo dei Traci”
Progetto “Grandi Restauri”