23 Novembre 2024

Zarabazà

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Un dato di fatto

La “cultura del dato” deve essere parte del bagaglio di ogni cittadino, come nuova forma di alfabetizzazione, capace di promuove una nuova tensione educativa.  Lo sostengono i professori di UNIBG Matteo Kalchschmidt, Stefano Paleari e Lucio Cassia nella pubblicazione “Un dato di fatto. Uso e abuso del dato. Un viaggio tra realtà, rappresentazione ed emozione”. L’importanza del dato nella società contemporanea sarà approfondita nel dialogo in diretta streaming su www.corriere.it martedì 30 novembre alle 18.

La pandemia che si è impadronita del mondo nel 2020 è stata accompagnata da un flusso continuo di dati, dal numero di positivi ai tamponi, dai nuovi ricoveri ai decessi. Mai come oggi, aldilà della pandemia, sperimentiamo la forza dei numeri e delle loro variazioni nell’indirizzare decisioni. E abbiamo anche visto come, tutte le volte che c’è una forza, c’è la giusta misura e ci può esserne l’abuso.

Su iniziativa della Fondazione Corriere della sera e della Fondazione Pesenti, dell’importanza del “dato” nella società contemporanea, martedì 30 novembre alle 18, in diretta streaming su www.corriere.it rifletteranno i professori dell’Università degli studi di Bergamo Matteo Kalchschmidt e Stefano Paleari in dialogo con Danilo Taino presentando il libro Un dato di fatto. Uso e abuso del dato. Un viaggio tra realtà, rappresentazione ed emozione scritto a più mani anche con il professor Lucio Cassia e pubblicato da Brioschi Editore.

Questo libro – anticipano gli autori – riflette sul dato, che non è solo numero, sulla sua necessità e la sua delicatezza: gli andamenti demografici e migratori, le questioni ambientali, le scelte politiche (da quota 100 alla riforma fiscale) richiedono, per essere lette e vissute senza derive semplicistiche, una buona dimestichezza con il mare di dati disponibili. E una capacità interpretativa. In una realtà sempre più condizionata dagli algoritmi, dai modelli numerici e dall’intelligenza artificiale, la “cultura del dato” non può mancare nella formazione di chi è chiamato a decidere. Ma è soprattutto parte del bagaglio di competenze di ogni cittadino che vuole vivere con consapevolezza e spirito critico il mondo che verrà. La “cultura del dato” come nuova forma di alfabetizzazione, capace di promuove una nuova tensione educativa”.