Quando hai iniziato a fare musica?
La mia passione per la musica risale davvero a molto tempo fa, avevo solo 16 anni quando già lavoravo negli studi di registrazione come vocalist o come corista. Tutto si è evoluto in maniera naturale, dalle prime formazioni live, ai primi dischi per poi raggiungere una consapevolezza maggiore rispetto a chi volevo essere e a cosa volevo cantare.
Come descriveresti “Giorni sospesi” in 3 parole?
Attuale, energico, rappresentativo. È la fotografia di ciò che abbiamo vissuto nel 2020.
Come vivi/hai vissuto la musica nel periodo della pandemia?
In verità la pandemia su di me ha avuto effetti devastanti, perché nel frattempo erano usciti due lavori discografici molto diversi fra loro ai quali sarebbero dovuto seguire dei concerti e che la situazione pandemica non mi ha consentito di promuovere. Tuttavia non mi sono dato per vinto e ho continuato a pensare quali sarebbero state le prossime canzoni per il nuovo disco e quale direzione prendere per il nuovo lavoro discografico, la cui uscita è prevista per la primavera 2022. Quindi ho trascorso questo periodo a scegliere canzoni, testi e registrare in sala d’incisione.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
La mia musica rispecchia la molteplicità delle anime che convivono dentro di me: sono uno che , per il solo fatto di essere un interprete e quindi non uno che scrive le proprie canzoni, subisce il fascino della versatilità; non amo le definizioni per eccellenza, mi piace sperimentarmi e non rimanere vincolato ad un genere musicale, a discapito di altre possibilità che la musica, in questi anni, mi ha permesso di affrontare. Quindi grazie a collaboratori, musicisti e produttori ho affrontato più generi musicali senza mai tralasciare forti riferimenti alla musica d’autore, che rimane la mia preferita. Non so dirti se mi sono ispirato a loro, ma ci sono artisti che più di altri mi hanno affascinato per il modo di cantare o per il tipo di scrittura: Alice, Ivano Fossati, Luigi Tenco, Mia Martini.
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