Le sue fotografie rapiscono anche lo sguardo più distratto. Il fotografo Raimondo Rossi in arte Ray Morrison ha iniziato ad appassionarsi alla fotografia da bambino. E’ stata la madre a contagiarlo di questa passione. Ci racconta infatti dei viaggi in camper per l’Europa e della sua evoluzione fotografica. Ray Morrison ha iniziato come autodidatta ma poi si è iscritto ad un corso affinando sempre più la sua tecnica. Definisce la fotografia come il punto d’incontro tra ciò che esprime e ciò che sente. Mesi fa è uscito il suo volume “The Vogue Collection” e ora Ray Morrison si sta preparando all’uscita del suo secondo volume in cui i tempi principali sono l’inclusività e la diversità.
Ray, quando ti sei avvicinato alla fotografia per la prima volta?
L’incontro con la fotografia risale a quando ero bambino, poiché mia madre scattava sempre quando andavamo in giro per l’Europa con i camper. Un bel ricordo vedere i rituali per trovare le esposizioni giuste nelle mattine e nei tramonti.
Come descriveresti la tua fotografia a qualcuno che non l’ha mai vista?
Direi che le caratteristiche essenziali della mia fotografia sono una certa durezza, un certo minimalismo, e una certa verità che traspare dai volti delle persone ritratte o da particolari situazioni.
Come si è evoluto il tuo ideale estetico nel tempo?
Il mio ideale in adolescenza era molto influenzato da quello suggerito dai media: Barbie e Ken erano i modelli che nella mia mente erano considerati i migliori. Poi, crescendo, per fortuna queste cose vengono lasciate indietro e ci si evolve ad apprezzare ogni forma di bellezza, ogni volto ed ogni pelle, indipendentemente dai modelli che stagionalmente ci vengono proposti.
Cosa distingue la fotografia commerciale da quella artistica, dal punto di vista stilistico? E qual è il tuo processo creativo?
La fotografia commerciale sicuramente deve mettere al centro del messaggio il prodotto. Che sia un vestito o un trucco, non c’è molto da cambiare. Adesso ci sono messaggi commerciali travestiti da messaggi emozionali, ma sono chiaramente fake e a me non piacciono per nulla. La fotografia artistica invece è un’urgenza dell’autore, un’urgenza interiore dell’autore che va a trasformarsi ed esprimersi nella sua arte e quindi nei suoi scatti. Personalmente non seguo nessun processo creativo particolare o ripetuto; a seconda della persona o della situazione in cui mi trovo creo al momento un punto di incontro fra quello che vorrei esprimere e quello che sento.
Si utilizza anche il linguaggio del web e dei social. Come ha cambiato o influenzato la fotografia?
Credo che il linguaggio dei social e la fotografia siano molto collegati. È un bene che i social possono influenzare anche la fotografia, che viene quindi tolta dalle mani di pochi eletti che provavano a custodirne gelosamente i segreti, e che si sia aperta, iniziando con i telefonini, a tutti. Come in tutti i campi ci sono tanti talenti nascosti lungo le strade o nelle case, ed un accesso più semplice può farceli conoscere.
Quali fotografi ti hanno maggiormente ispirato?
Diane Arbus e Luc Bresson prima di tutti, anche se quando scatto non penso alle loro fotografie ma ascolto me stesso.
Intanto, è uscito mesi fa “The Vogue Collection” in cui hai selezionato e raccolto alcune tue fotografie. Com’è nato questo progetto? C’è uno scatto a cui sei più legato?
Il progetto è nato per il piacere di raccogliere ed organizzare tanto materiale che negli anni ho messo via. Il libro è un percorso interessante sia per studenti che per professionisti, dove condivido molte “Tips” per chi voglia avvicinarsi al mondo della fotografia o per chi voglia migliorare la propria visione. È una sorta di percorso per sentirsi più sicuri di sé quando si ha una fotocamera in mano. Vi dico in anteprima che in questa settimana uscirà il mio secondo libro, dedicato a inclusività e diversità. È già stato messo in lista nella catena più importante di librerie americane. Anch’esso contiene una guida alla lettura delle fotografie.
Il consiglio a un giovane fotografo che si avvicina alla moda?
Credo che il modo migliore per avvicinarsi alla moda sia ora fare qualcosa di completamente nuovo e personale, perché se vai a ricalcare i lavori fatti dagli altri non troverai mai spazio, poiché tutti, da riviste a stilisti, prediligono dare spazio a team consolidati e che conoscono.
Il tuo lavoro è stato a lungo riservato agli uomini. Oggi secondo te qualcosa sta cambiando?
Beh spero vivamente di sì, non vedo perché la fotografia debba avere uno spazio maggiore nell’universo maschile invece che in quello femminile. Sarebbe una cosa strana, per non dire assurda, e mi auguro proprio che tutto il mondo femminile possa divertirsi ad amare il mondo della fotografia e dell’immagine, e che ci entri con gioia.
La pandemia ha stravolto in maniera sostanziale le nostre vite e il concetto stesso di libertà. Come evolverà la fotografia dopo questa esperienza?
Beh la fotografia è la vita stessa che scorre, è il modo di ritrarre la vita in ogni condizione. Anche se immagino scene apocalittiche, vedo moltissimi fotografi intenti a poter fermare in uno scatto tanti scene o tanti accadimenti. Non credo che un decennio più brutto o un decennio più bello possano cambiare qualcosa della forza della fotografia.
Ci sono nuovi progetti a cui stai lavorando?
Come dicevo ho appena terminato il secondo libro di cui sono molto soddisfatto, ed ora ho un evento molto importante negli Stati Uniti. Se riesco ad ottenere la terza dose e a partire con tranquillità e sarò senz’altro là. Ci sono incontri in programma da cui nasceranno dei progetti interessanti.
Grazie a Ray Morrison!
Sito internet: https://www.thestyleresearcher.com/about/
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