«Quanto è difficile stare dalla parte della legalità quando si vive immersi nel sistema
mafioso? >>
Lo racconta “Con Sorte” scritto e diretto da Giacomo Guarneri, prodotto
dall’associazione culturale Pentola Nera di Palermo, presentato al Torino Fringe Festival; ultimo spettacolo in ordine di tempo di Palco Off, rassegna curata da Francesca Romana Vitale e Renato Lombardo.
Ciò di cui si parla poco non è detto sia argomento trapassato come le malattie debellate dai vaccini: il ricatto alle anime semplici è più facile da tentare poiché esse non avendo davvero nulla di nascosto temono per paradosso psicologico di essere in difficoltà. La carezza fatta con pressione sui volti esterrefatti di coloro che sgobbano, che alla propria vita applicano un’equazione semplice: il lavoro sta alla fatica come l’impegno sta all’onestà. Quella lusinga di protezione pagata con costi sempre crescenti, sebbene sia chiamata “assicurazione”, alla fine si traduce con un termine ancora più raccapricciante: estorsione, ovvero, secondo il vocabolario, “delitto contro il patrimonio che consiste nel procurarsi un ingiusto profitto usando mezzi intimidatori, minacce e violenza“. Che poi di sinonimi ne incontra una moltitudine: grassazione, taglieggiamento, ricatto, …pizzo. La nostra è una terra che conosce bene l’argomento, le modalità di espressione attraverso subdole insinuazioni; quante vittime! quante vittime? tutte le attività cedute, chiuse per fallimento anche quando floridi erano i guadagni; le vite spezzate, famiglie scomposte. Reato ripugnante compiuto da parassiti.
Giacomo Guarneri (nel 2017, sempre ospite del Centro Zo con “Seră biserică”, pièce incentrata sulle condizioni delle braccianti rumene impiegate nelle serre agricole della costa ragusana), giovane autore palermitano che non era interessato né alla recitazione e né al teatro. Vent’anni fa, frequentava un centro sociale in cui per un periodo si trovarono a provare Davide Enia ed Emma Dante ed osservandoli cominciò ad avvertire la curiosità di accostarsi a un mondo nuovo del quale percepiva la fascinazione. Nel 2001, scrive un lavoro proprio per Davide Enia e debutta al Bassano Opera Festival, facendosi notare. Da allora, studi e laboratori, si avvicina a capisaldi del tenore di Mimmo Cuticchio, Dario Fo, Ascanio Celestini, Laura Curino, Vincenzo Pirrotta ed Emma Dante traendo da essi particelle di ispirazione e di dottrina che si riproporranno nei suoi lavori a venire.
L’ultimo fra questi, “Con Sorte”, ispirato ancora una volta a temi sociali; gioca con le parole di latina etimologia “che alla medesima sorte partecipano”, scrivendo di una moglie felicemente sposata ad uno straniero amante di ogni rarità che girando per il mondo trova e porta alla sua bottega di Palermo, “Il mondo del balocco”. Non manca nulla a Rita e a Rocco, sono appagati. Lui parte e da lei ritorna con un nuovo gingillo e lei lo aspetta lieta di poter condividere con questo suo marito alto e biondo la gioia di novità scoperte. Ma scivolano ombre lungo i muri degli edifici del quartiere, si insinuano fra le loro cose impossessandosene poco per volta. Rocco non ammette ricatti, Rita accetta il compromesso: i motivi? forse distante estrazione culturale e modalità opposte di concepire la giustizia sociale. Rita sa come funzionano certe cose, non perché vi fosse abituata, ma perché è consuetudine di una terra in cui si sviluppano il bene ed il male, camminando su strade intrecciate.
Rita è interpretata da Oriana Martucci: palermitana, diplomata alla Scuola Teatès diretta da Michele Perriera, laureata in filosofia, anche lei interessata alla scrittura e alla regia nelle quali si cimenta non senza farsi apprezzare: nel 2015 ottiene un riconoscimento quale migliore regia per lo spettacolo “Supplici” presso il “Tindari Teatro Giovani” e nel 2018 ottiene la menzione speciale quale migliore attrice presso il Minimo Teatro Festival con lo spettacolo “Dove sei Matt” di Giacomo Guarneri.
Oriana Martucci riempie da sola, con uno sgabello ed una vestaglia indosso, sin dal primo momento l’essenziale e magico palcoscenico del Centro Zo. La storia comincia dalla fine e lo spettatore risalendo piano piano è certo di trovarsi in mezzo a qualcosa di ipnotico. Lei lo è: i suoi piedi scalzi percorrono e percuotono lo spazio immediatamente intorno allo sgabello; il suo volto sbigottito, la sua bocca col rossetto rosso, ultimo ricordo di una bellezza un tempo curata, racconta al medico che è il pubblico come è arrivata sino a lì. E nel farlo traccia linee davanti ai suoi occhi, strade, edifici, persone: e chi guarda vede tutto ciò racconti. Con una carica emotiva che rapisce, condiziona e convince. E soprattutto fa ricordare che nulla è sopito, smorzato, annientato. Un racconto ad immagini fatte di mille dettagli su un nero sfondo con al centro solo uno sgabello ed una donna sopita, smorzata, annientata. Lei.
Testo scritto fuori dalle righe ed interpretazione che ne ha reso l’energia. Bravissimi.
Foto di Roberto Madonia, Sofia Bellina e Gianfranco Piazza.
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