Maggio è giunto e come ogni anno porta con sé una serie di gite fuori porta che l’ormai consolidato team del Siculishh brama voracemente.
Questa volta restiamo nel vicinato, consapevoli del poco tempo a disposizione, e ci dirigiamo verso quella che è ormai la zona VIP del vulcano, il versante Nord, esattamente in quel di Passopisciaro.
Il paesello immerso tra i vigneti è piccolo ma decisamente ospitale e la splendida giornata di sole non fa altro che amplificare queste sensazioni.
A darci il benvenuto è la “Culonna”, storico simbolo del paese situato dove, per decenni, i venditori di vino si facevano concorrenza l’un l’altro.
È proprio lì che ci attendono i primi produttori della giornata, Giuseppe e Valeria di “Scirto”, coppia di giovani vignaioli che si impegna tutto l’anno per realizzare splendidi vini “naturali” con il minimo intervento possibile e, soprattutto, con le loro forze e poco più.
Ci accompagnano in vigna, piccola e sezionata, divisa tra più parcelle ad altitudini diverse ma tutte caratterizzate dall’evidente e totale rispetto della biodiversità del luogo: finocchietto selvatico, limoni e menta crescono assieme ad una ricchissima selezione di fiori ed erbe selvatiche e alle vecchie viti.
Dopo una breve chiacchierata tra la rigogliosa vegetazione etnea, ci dirigiamo verso la dimora dei padroni di casa per la parte più importante della giornata, l’assaggio.
Seduti attorno al solenne tavolone di legno Giuseppe e Valeria ci presentano due delle loro poche etichette, Il “Don Pippinu Rosso” e l’ “A’ Culonna”, stilisticamente ben diversi ma caratterizzati dalla stessa vulcanica intensità.
“Don Pippinu” è più fresco, spigoloso, ha dei tannini marcati ed acerbi e, non invecchiando in legno, è ricchissimo dei sapori varietali tipici del Nerello Mascalese: lamponi e fragole con un tocco di erbaceo che richiama proprio la varietà di piante selvatiche che crescono tra le viti.
“A’ Culonna” invece ha più pancia, un rosso di maggiore struttura e un po’ più cresciutello nonostante nemmeno lui soggiorni in botti di legno.
Il frutto è più concentrato e i tannini tentano di ammorbidirsi, dimostra tutto il suo potenziale di invecchiamento già dai primi sorsi e si presenta subito più composto ed ingentilito rispetto al “fratello “.
Nonostante abbiano note aromatiche e gustative simili, la gestione della struttura è ben differente ma, in entrambi i casi, rispetta a pieno la personalità dei produttori che lo hanno realizzato.
In tempi di grosso fermento sul nostro vulcano, emergere restando fedeli al proprio stile e seguendo la filosofia in cui si crede è una cosa di cui andare estremamente fieri.
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