Marco Sciarretta cantautore milanese, ad un mese esatto dall’uscita di 50 anni domani, mantiene la promessa regalandoci un altro tassello del suo progetto tanto ambizioso quanto “semplice e diretto”, perché lui della musica ha fatto la sua arma, l’unica che abbia mai imbracciato.
La Guerra alle Spalle colpisce come un pugno nello stomaco, costringendoci a guardare la guerra attraverso gli occhi e le parole di una madre che tiene per mano il proprio figlio lasciandosi alle spalle la guerra, ingiusta, spaventosa che la separerà dai propri affetti, dalla propria casa.
Un cammino disperato verso l’ignoto che si colora ed addolcisce nelle parole rassicuranti di una donna che combatte, sul serio, per la salvezza del proprio bambino.
Marco, da artigiano di musica e parole, conferma la sua attitudine al racconto, con pagine di vita, momenti di attualità, che sulle note delle sue inseparabili chitarre, diventano orecchiabili arrivando a tutti, con la semplicità che lo contraddistingue.
Le tue canzoni hanno come caratteristica, testi importanti che accompagnati da una bella musica suonata, non perdono l’efficacia, la capacità di arrivare a tutti. Una sorta di “semplicità”, come nella migliore scuola cantautorale italiana. Come nascono le tue canzoni?
Credo che la musica debba essere la cornice e il testo il dipinto. Parto sempre dal testo, che, per me, è fondamentale. Scrivo liberamente avendo un’idea in testa a guidare e dare il via alla nuova canzone.
La Guerra alle Spalle è nata così. Leggere gli aggiornamenti continui, mi ha spinto a riflettere. A colpirmi non sono state le grandi notizie ma le testimonianze degli inviati che raccontavano le cose viste da vicino, i civili che difendevano confini, le fughe disperate di madri che cercavano la salvezza per i figli.
Ho immaginato le parole di quelle madri per rassicurare i bambini, per continuare a “cullarne” i sogni che non dovrebbero spegnersi mai per loro. Ho cantato una guerra vista non dall’alto, ma da vicino, dove non ci sono vittorie, ma solo perdite, dolore, segni meno per tutti.
Una drammaticità che mi ha colpito profondamente e la musica sottolinea, girando sempre su sé stessa, senza picchi, accompagnando le parole, che sono le vere protagoniste.
Un’apparente semplicità anche della musica come sempre, elegante e raffinata che sottolinea le parole…
Ho voluto anche per questo brano strumenti essenziali, quelli di una band su un palco in un live.
Questo è il modo di fare musica e non cerco di inventare produzioni strane, ma rimango fedele all’idea della band tradizionale, della musica suonata, quella che mi appartiene e che è il mio mestiere.
È’ il mio gusto e chi mi sente suonare dal vivo, ascolta questo genere di musica. Non mi piace, in fase di registrazione “vestire” i miei brani in un modo diverso e che non mi appartiene.
Fare musica non è facile, dopo anni di gavetta e compiuti cinquant’anni, come dichiarato dal tuo 50 anni domani (singolo uscito il mese scorso), qual è la tua opinione a riguardo?
Non è facile, anche perché è evidente che a dominare la scena siano le famigerate “major”, per cui c’è davvero poco spazio di manovra per gli emergenti che non siano sostenuti da queste.
Non voglio demonizzare le case discografiche, ma è un peccato che ci siano giovani talenti che potrebbero rimanere nell’ombra.
È vero che il talento da solo dovrebbe bastare, ma non è così facile se non si hanno aiuti o gli incontri giusti. La vita vera è fatta di lavoro, spesso più di uno per mantenere viva la passione. Sicuramente è necessaria determinazione e voglia di fare.
Questo è un mestiere che se da una parte è molto gratificante quando si è sul palco, con il pubblico che ci applaude, è anche vero che è impegnativo e richiede tanto lavoro. Personalmente, nonostante tutto, sono felice delle scelte fatte.
Oggi scrivo con serenità e la certezza d’aver fatto del mio meglio e, ne vado fiero.
Dopo aver gestito diversi locali dove si faceva musica in Italia, hai collaborato con moltissimi musicisti, scritto per te e per altri, sognando la “tua Atlantide” hai preso il largo, trovando casa e amore a Tenerife. Cosa ti ha dato quest’isola?
Mi ha dato la possibilità di vivere con e per la musica. Il clima favorevole allunga di fatto la stagione turistica e di conseguenza per me che suono dal vivo, significa lavorare quasi tutto l’anno.
Qui ho gettato l’ancora, ho davvero messo radici e fatto la mia casa con Simona, mia moglie che collabora con me.
Questo non significa che ho dimenticato l’Italia, che rimane nel mio cuore e dove continuo a promuovere il mio progetto, le mie canzoni e dove spero di tornare a suonare.
Hai pubblicato una serie di singoli, che sono tasselli importanti del tuo progetto musicale. A cosa stai lavorando?
Sto lavorando ad un nuovo album, Il Primo Tratto, che arriverà in primavera e che si inserisce nel mio progetto musicale e di vita, che prende il nome dal mio primo album Tra Nisida ed Atlantide (dove ed sta a sottolineare il passaggio, la navigazione verso la realizzazione dei propri sogni). Un progetto al quale sono molto legato, che fa parte di me.
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